Dreaming Thule: Pytheas of Massalia
Marinai: “Dove ci stai trascinando, Pitèa?
Cosa si nasconde oltre questa nebbia?
Cosa cerchi in questo freddo, nel gelo?
E oltre, cosa troveremo? Una notte
di sei mesi? Dodici? O forse eterna?”
Pitèa: Montagne di ghiaccio a perdita d’occhio...
alla deriva, come noi... Tu scrivi:
Io vedo e penso che quanto ci appare
come una gelida assenza di vita
altro non sia che un ... “polmone di mare”,
polmoni dell’Oceano, da cui pesci
onde, correnti traggono respiro:
la zona vitale da cui ci esclude.
Marinai: Lo stagno... Dov’è lo stagno promesso?
Pitèa: Anche noi come insetti nell’ambra.
Pitea, navigatore della colonia ellenica di Marsiglia, verso il 325 a.C. fu
il primo greco a risalire l’Atlantico fino al Mare del Nord, alla Gran
Bretagna, che circumnavigò. Era stato preceduto quasi certamente dai
Cartaginesi, che, peraltro, non è chiaro perché gli abbiano permesso di
attraversare il Mediterraneo occidentale, loro zona d’influenza. Pitea - e
ancor più chi gli aveva pagato il viaggio - cercava di saltare gli intermediari
nel commercio dell’ambra e dello stagno, prodotti nel misterioso Nord Europa.
Ma non c’era solo questo. Fame di gloria e, soprattutto, di conoscenza lo
spinsero ad avventurarsi oltre la Scozia, le Shetland, verso le Faer Oer, forse
l’Islanda. Io faccio mia l’ipotesi di Claudio Finzi e del suo “Ai confini del
mondo”, libro che non finirà mai di appassionarmi. Forse l’Islanda allora, che
chiamò Thule, da non confondere con l’omonima base americana nella Groenlandia
occidentale, anche se di recente un importante scienziato e storico come Lucio Russo ha sostenuto con prove interessanti che il navigatore potrebbe aver avvistato proprio le coste orientali groenlandesi. In ogni caso Pitea non poté spingersi oltre perché bloccato dal “polmone di mare”. Questa definizione-rompicapo è probabile
alludesse a quella presenza di iceberg e nebbia che obbligarono alla resa il
nostro eroe.
Nessun commento:
Posta un commento