7 anni: l’età in cui avrebbero iniziato a pesare i
peccati mortali.
Fu quanto mi rivelò la nonna mentre sfogliavo il
fascicolo dei “Maestri del colore” dedicato al Bramantino.
C’erano l'Ecce Homo allucinato e la Crocifissione di Brera, con la luna che piange e
l’angelo del demonio sopra il ladrone cattivo.
Io resto senza parole. Ho appena il coraggio di
spostare lo sguardo sopra un cadavere scomposto e una rana mostruosa ai piedi
della Madonna col bambino che sta all’Ambrosiana.
Poi vado dalla mamma e le dico che ho davvero paura
del fuoco eterno. Lei cerca di confortarmi e all’inferno ci manda la
numerologia sacra di sua madre.
Già irrequieto di mio, per anni non riesco ad essere
davvero tranquillo. “E il peccato mi sta sempre davanti” (Salmo L, 5-7).
A 17 anni scopro che il teologo Origene aveva
teorizzato l’”apocatastasi”, ovvero, la non-eternità dell’inferno. Finalmente
un giorno tutti - ma proprio tutti - ci saremmo riuniti al creatore, al padre
(e io di padre vero non ne avevo mai avuto uno).
La chiesa condanna la posizione di Origene.
Per 5 anni persevero. Poi, a 22, abbandono
cristianesimo e cattolicesimo come oggetto di fede. L’inferno, il paradiso:
sono qui. E anche il purgatorio (l’invenzione più bella).
Di Bramantino oggi apprezzo la forza visionaria e i
fantasmi di architettura classica.
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