JAVIER ZANETTI: “L’UOMO ALL’INCROCIO” DI RIVERA (DIEGO) Testo e Trittico
CARAVAGGIO-JUVENTUS 1-0 Testo e Trittico
PELÉ PICASSO Testo e Trittico
CRUIJFF: REMBRANDT O RUBENS? Testo e Trittico
ZOFF: IN VOLO DA EL GRECO A GUTTUSO Testo e Trittico
FRANCESCO GRAZIANI E GIULIO ROMANO CONTRO I GIGANTI Testo e Trittico
SOCRATES: QUANDO LA MEDICINA PER LA DEMOCRAZIA E' IL CALCIO T. e T.
GERD
MÜLLER E CASPAR DAVID FRIEDRICH: GENIO ROMANTICO Testo e Trittico
ROGER MILLA: SINFONIA CONCERTANTE PER LEONI INDOMABILI Testo e Trittico
PLATINI: ELEGANZA IMPRESSIONISTA Testo e Trittico
DÜRER PER BECKENBAUER DUE VOLTE IMPERATORE Testo e Trittico
GEORGE BEST FRA BACON
E HOCKNEY Testo e Trittico
ANDRÉS INIESTA E DIEGO VELÁZQUEZ: BALÓN Y SIGLO DE ORO Testo e Trittico
MESSI
E CATTELAN: FANCIULLINI, ORI E PALLONI Testo e Totem
TRIPTYCH GAY FOOTBALL: BASQUIAT, FASHANU, MAPPLETHORPE T. e T.
RIGORE ALLA CASARSA PoesiaCALCIO E STORIA Un eroe nel nome di un campione: Lautaro e Lautaro Martínez
Epica in dieci partite (Germania Ovest-Olanda 2-1, 1974_Cecoslovacchia-Germania Ovest 2-2, 1976_ Juventus-Palermo 2-1, 1979_Barcellona-Fortuna Dusseldorf 4-3, 1979_Italia-Brasile 3-2, 1982_Argentina-Inghilterra 2-1, 1986_Inghilterra-Camerun 3-2, 1990_Argentina-Grecia 4-0, 1994_Liverpool-Milan 3-3, 2005_Internazionale-Bayern Monaco 2-0, 2010) Video e Testo
EUROPEO/MONDIALE (2000) Testo
Lo Sport in dieci eventi (Bob Beamon, Città del Messico 1968_Muhammad Alì-George Foreman, Kinshasa 1974_Borg-McEnroe, Wimbledon 1980_Pietro Mennea, Mosca 1980_Julius Ewing anni '70/'80_Michael Chang-Ivan Lendl, Parigi 1989_Mike Powel e Carl Lewis, Tokyo 1991_Cathy Freeman, Sidney 2000_Valentino Rossi_Usain Bolt, Berlino 2009) Video e Testo
LA GRANDE SPERANZA DI KAREEM ABDUL-JABBAR (2020)
BLACK MOZART Il Cavaliere di Saint-George Musica, scherma e rivoluzione
STRAordinariCICLI Mondiali di ciclismo e altre imprese Testo e Video
(c) Luca Traini
(c) Luca Traini
PELÉ PICASSO
Pelé
deve stare in compagnia di Picasso per forza, perché rappresentano il genio che
diventa naturalmente icona del Novecento.
Due
stelle diversamente in volo dal bianco e nero al colore. Due teste pensanti che
hanno indicato ai rispettivi arti qual è il vero punto di fuga. La rete, la
tela, il muro da superare: facce diverse di un unico affresco.
La
Colomba della Pace come obiettivo dell’Arte e dei Mondiali di Calcio: volare
alto, sempre.
Se
poi vogliamo parlare di persone, fuori dall’arte, fuori dal calcio, nessuno dei
due è esente da critiche, ma io scrivo di quello che resta.
E’ così. E io
che sto con Dioniso-Maradona non posso
fare a meno di Apollo-Pelé.
(c) Luca Traini
(c) Luca Traini
ZOFF: IN VOLO DA EL GRECO A GUTTUSO
Guttuso disegnava le mani che alzano al cielo la Coppa del Mondo.
Il volto in apparenza impassibile ma ricco di passione lo conosciamo e lo amiamo tutti (o quasi: qualcuno criticò ingiustamente la sua splendida nazionale dell’Europeo 2000)
.
E i soliti critici da bar furono costretti a dimenticare gli umanissimi errori del ’78. Perché l’umanità di Dino Zoff è stata sempre grande, come il campione. I suoi racconti stringati ma degni di un poeta ermetico, dall’esperienza napoletana a quella di allenatore di Gascoigne, hanno sempre appassionato anche un interista indefesso come me (Era Bersellini).
FRANCESCO GRAZIANI E GIULIO ROMANO CONTRO I GIGANTI
SOCRATES: QUANDO LA MEDICINA PER LA DEMOCRAZIA E' IL CALCIO
GERD MÜLLER E CASPAR DAVID FRIEDRICH: GENIO ROMANTICO
Graziani
e il Toro, quando nel derby apre due varchi nel muro della Juventus. Il crollo
data 26 ottobre 1980 (90° Minuto
docet). Considerando che quattro anni prima aveva tenuto in piedi la squadra
sostituendo in porta Castellini nello stadio di Mönchengladbach. Rompersi il naso contro un altro
portiere per far segnare il “gemello” Pulici a Genova e lì tornare dopo una
sola settimana per realizzare una tripletta (alla Sampdoria). E infine quel
doppio volo contro il Camerun che permette all’Italia di diventare grande ai
Mondiali di Spagna.
Bisogna andare oltre misura, salire in alto e saper
planare per conoscere la prospettiva con cui i grandi pittori e i grandi cannonieri possono abbattere i
giganti.
(c) Luca Traini
Socrates: un medico in campo
contro la dittatura. La sua arte in simbiosi col coraggio di due grandi pittori
brasiliani. Candido Portinari per la forza del suo tiro preciso, possente. La stessa cura di Anita Malfatti per la grazia,
che è forza in pari grado.
Il padre, autodidatta e mai sazio
di classici, aveva scelto per lui il nome del filosofo del dialogo. E il
medico, il calciatore scelse di costruire la democrazia in una squadra dal nome
neoclassico: Corinthians. Non era scontato: classicità e popolo sono entrati in
gioco insieme solo nel Secolo Breve.
Bisognava
essere Romantici. Ecco perché Socrates non fu compreso a Firenze. Ma io avrei
messo barba e baffi al David di
Michelangelo - e anche qualche capello riccio in più – nonostante la
voce persa a tifare Italia in quel pazzesco trionfo del Mundial ’82.
(c) Luca Traini
GERD MÜLLER E CASPAR DAVID FRIEDRICH: GENIO ROMANTICO
In cosa consiste il romanticismo
di Gerd Müller? Nel fatto che si confrontasse piccolo e tedesco con l’enormità
dei portieri e l’immensità della rete.
La sfida dell’uomo alla natura è
quasi impercettibile, come la sua presenza in area di rigore.
Ma è
l’artista che dipinge, l’attaccante che segna.
(c) Luca Traini
ROGER MILLA: SINFONIA CONCERTANTE PER LEONI INDOMABILI
Commento musicale Cavaliere di Saint-George, Sinfonia Concertante in Sol Maggiore, Allegro
Roger
Milla: 3 Mondiali, 6 gol e una danza per un grande attaccante di 38 anni che
tornò a segnare a 42. Matematica e musica andarono di pari passo fino a USA
1994, ballando il Makossa intorno
alla bandierina ed evocando la Sinfonia Concertante in Sol Maggiore di un altro eroe africano protagonista della
Rivoluzione Francese, il Cavaliere di Saint-George. Pensando soprattutto a
quel quarto di finale di Italia ’90 contro l’Inghilterra che il Camerun non
meritava di perdere. Quando il Leone vendette cara la pelle come Toussaint Louverture contro Napoleone.
(c) Luca Traini
(c) Luca Traini
DÜRER PER BECKENBAUER DUE VOLTE IMPERATORE
Beckenbauer
è stato ritratto anche da Wharol, un Wharol niente di che.
Il mio invece è Kaiser Franz fra due
Dürer imperiali (Carlo Magno e Massimiliano I). Due volte campione del mondo,
sia da giocatore che da allenatore .
Quello che alza la Coppa Fifa a colori
nel ’74 (era il mio idolo), ma anche il
‘70 in bianco e nero, che non vidi perché troppo piccolo: l’eroe col braccio
steccato sconfitto dalla mia Italia nel mitico 4-3.
(c) Luca Traini
Best non è morto ma vive in un
quadro di David Hockney, protagonista come lui della scena pop inglese anni
’60. La sua gioia ha fatto Bigger Splash in quella Piscina del 1967 per
riemergere nei Boschi o nelle ultime opere del pittore per iPhone.
Ma dietro il Pallone d’Oro del
’68, dentro quel caschetto di capelli da quinto Beatles si celava il dramma che
lo ha portato all’alcolismo e alla morte.
Dentro Best c’erano anche Bacon e
il suo strazio ellittico, come una splendida serie di dribbling mai finita in
rete.
(c) Luca Traini
ANDRÉS INIESTA E DIEGO VELÁZQUEZ: BALÓN Y SIGLO DE ORO
Commento
musicale: Antonio Soler, Fandango in d minor
Mi
fa ancora male scrivere di Iniesta dopo il tremendo 4-0 agli Europei, ma dovevo
farlo. Il genio del calcio sembra uscito dalla fucina di Vulcano di Velazquez
(anche se è dura vedere Del Bosque nei panni di Apollo). Il sommo pittore
spagnolo, che prefigurò il futurismo dipingendo la ruota di un telaio in
movimento, sembra il compagno di squadra perfetto per il volano delle Furie
Rosse.
E
visto che l’uomo Iniesta è anche imprenditore vitivinicolo, completo il tris
con il brindisi più bello del Siglo de Oro.
(c) Luca Traini
MESSI E CATTELAN: FANCIULLINI, ORI E PALLONI
(Totem)
Messi e Cattelan sono due
fenomeni del nuovo millennio e anche la diversa età è figlia dei tempi: oggi
nell’arte si riesce quasi sempre avanti con gli anni, in altri tempi sarebbero
stati coetanei (anche in futuro, chissà).
Messi,
la Pulce, covato e sbocciato dal vivaio del Barcellona come l’artista che
sfonda il pavimento e si guarda intorno, a far piazza pulita delle vecchie
tele. Bambino sempre, meglio dire fanciullino – cavallina storna mai, mai di
quelli impiccati (forse perché non ha giocato nel campionato italiano):
tamburino di una corazzata, il Barcellona, che cerca di guardare ogni altra
squadra dall’alto.
(c) Luca Traini
a Giuseppe Marocco, a Massimo Lazzaroni
Se prendi la rincorsa
Lo dice già la parola
Ti ripeti
Ce l'hai col portiere
Devi scappare in
braccio a qualcuno, il pubblico, i compagni di squadra.
Hai bisogno di
questo?
No.
Si tratta di un
calcio di rigore
Dovrai fare perno
solo su te stesso
Mirare calciare
restare
Come un ultimo passo
di danza.
Rigore
alla Casarsa.
pubblicato da abrigliasciolta in "carovana dei versi" (2010)
CALCIO E STORIA Un eroe nel nome di un campione: Lautaro e
Lautaro Martínez
Due gol di Lautaro Martínez (più sigillo reale di Lukaku) consolidano la mia Inter in vetta alla Serie A e
io, tifoso dall’era geocalcistica berselliniana (prima ancora dello scudetto del 1980), faccio un salto di più quattro
secoli per giungere ad altre vette, nella Regione Araucania del Cile, nella città che porta il nome di Lautaro, eroe indio che sconfisse ripetutamente gli spagnoli (e non fu l'unico, è bene ricordarlo), e naturalmente rimanda al suo popolo, i Mapuche, vinto all'epoca più dal vaiolo che sul campo (ma sempre a testa alta nella coraggiosa difesa dei diritti dei nativi americani). “Affrontarono gli
spagnoli in formazioni di squadroni divisi, dice don Alonso de Ercilla nel
primo canto della sua Araucana e sono 49 anni che proseguono la guerra”. Così
il mio vecchio caro Inca Garcilaso nel VII libro dei Commentari Reali degli
Incas (e i Mapuche avevano già bloccato l’avanzata degli Inca). Il poema di
Ercilla (ammiratore di Ariosto come dell’eroica resistenza indigena), lo scoprii
nella mitica Letteratura Ispano-Americana Sansoni curata da Giuseppe
Bellini (il testo spagnolo potete trovarlo anche su Wikisource). Lautaro è stato inoltre cantato da Pablo Neruda nel Canto general ed è fra i
protagonisti di Inés dell’anima mia di Isabel Allende. Il suo nome da due
secoli simboleggia riscatto e volontà di indipendenza del Sudamerica: dal
Venezuela di Francisco de Miranda alla città argentina di Bahía Blanca,dov’è nato il giovane campione
dell’Inter.
Epica in dieci partite
Finale Mondiali 1974: Germania Ovest-Olanda 2-1
La Germania Ovest, primo grande amore calcistico insieme alla mia Inter. Più tardi avrei amato anche il "calcio totale" dei Tulipani ma questa, ancora oggi, resta per me la finale mondiale per eccellenza, la più aperta. Disperazione e entusiasmo alternati fra salotto-cucina e camera in uno sgangherato appartamento di Porto Sant'Elpidio.
Finale Europei 1976: Cecoslovacchia-Germania Ovest 2-2
La finale fra nazionali più al cardiopalma (non ho fatto in tempo a vedere la diretta di Italia-Germania Ovest 4-3). La prima volta che posso restare sveglio oltre le dieci, devastando il divano (così la mamma s'incazzò comunque). Prima sconfitta memorabile (ma che rigore il cucchiaio di Panenka!).
Finale Coppa Italia 1978/79: Juventus-Palermo 2-1
Altra sconfitta epica. Quanto ho tifato quel Palermo che fu lì lì! Almeno la Juve dovette sudare sette camicie.
Finale Coppa delle Coppe 1978/79: Barcellona-Fortuna Dusseldorf 4-3
E tre. All'epoca non potevo che tifare Fortuna e il Barça non mi era simpatico come oggi. Il gioco, anche quello di parole, non riuscì per un pelo.
Quando la nazionale italiana mi ha davvero convinto (lo aveva già fatto nel '78 ma poi quelle rachitiche qualificazioni dell''82...). Gli ultimi minuti li ho vissuti con relativa serenità certo che fossimo sul 4-2. Quando poi ho saputo che il gol di Antognoni era stato annullato, quasi svengo. Si festeggia come mai prima né dopo con quello che capita a tiro. Tre costumi da bagno (eravamo al mare) - verde, bianco e rosso - impilati sul manico della scopa e giù a far casino sul balcone.
Cosa vuoi aggiungere di più al "gol del secolo"? Probabilmente c'è solo il Pelé della finale svedese del '58, ma quella non l'ho vista in diretta soffrendo e godendo per il mio campione per eccellenza, Diego. Quella mano poi ha più a che fare con la storia dell'arte che col calcio. Come il gol su punizione alla Juve in area satura: lo stesso volo dell'angelo nelle "Sette opere di misericordia" di Caravaggio.
Mondiali 1990: Inghilterra-Camerun 3-2
Altra sconfitta epica. Protagonista un leone: Roger Milla.
Mondiali 1994: Argentina-Grecia 4-0
Non potevo non mettere anche il ruggito di Diego alla telecamera: quell'Argentina meritava di più e fu sacrificata sull'altare dei soliti farisei.
UEFA champions League 2004/05: Liverpool-Milan 3-3
La partita più pazzesca. E il bello è che c'ho azzeccato, ho voluto credere fino in fondo alla rimonta del Liverpool (sono un fan di Benitez) anche quando tutti davano per scontata la disfatta: ne sono fiero! Vista in condizioni altrettanto pazzesche tra casa (o case?) di amici e bar. Delirio.
UEFA Champions League 2009/10: Internazionale-Bayern Monaco 2-0
FINALMENTE! Dopo decenni di sofferenza una SODDISFAZIONE ENORME. Un pensiero particolare al capitanomiocapitano Javier Zanetti.
EUROPEO/MONDIALE
A parte la vittoria con l’Inghilterra e la finale, gli Europei dell’’80 non furono affatto di mio gradimento.
Forse li avevo attesi, mi ero aspettato troppo: fine delle medie, inizio di un nuovo decennio.
Peggio sarebbero stati i Mondiali del ’90.
Nemo propheta in patria.
E ora, soltanto ora - 20 luglio 2000 - ti sei lasciato alle spalle una carriera di portiere e mangiatore di cioccolato al latte. Bianco.
Bob Beamon: 8 metri e 90 nel lungo (Olimpiadi Città del Messico 1968)
Anche se non ho avuto il privilegio di vederlo in diretta come non inserire il più grande exploit in atletica prima di Usain Bolt (di più: a Città del Messico non se lo aspettava nessuno). Nata da un'orrenda tragedia, l'Olimpiade del '68 volò alta grazie a lui e agli atleti di colore della squadra USA. E non parlo solo di record. Bisogna volare alto anche nel salto in lungo.
Muhammad Alì-George Foreman (Mondiale Pesi Massimi, Kinshasa 1974)
E visto che bisogna volare alto poteva mancare Muhammad Alì? Quando la boxe significava riscatto. Ricordo l'attesa del giorno per sapere di quella notte a Kinshasa. Mia madre mi aveva contagiato - e positivamente - col suo amore per Cassius Clay. Il film di Leon Gast, "Quando eravamo re", sempre ottimo rimedio per superare i momenti difficili.
Borg-McEnroe (Finale, Wimbledon 1980)
Tifavo McEnroe, ma quella interminabile sconfitta che costò cara al mio divano portosantelpidiense già scassato vale più di tutte le sue vittorie successive.
Pietro Mennea vince la finale dei 200 metri (Olinpiadi di Mosca 1980)
Venuto a conoscenza per strada. Non volevo vederla dopo la sconfitta nei 100? Avevo dimenticato la data? Meglio così: ogni volta che la rivedo in tv stento ancora a crederci in quella progressione di Pietro. Una vittoria olimpica dopo il suo fantastico '79 se la meritava proprio.
Julius Erving: Doctor J
Sempre a proposito del volare alto. Danzando. Il Jimi Hendrix del basket. Il volto umile e buono del genio.
Michael Chang-Ivan Lendl (Ottavi di finale, Roland Garros 1989)
Come Alì mandò in crisi Foreman con un colpo semplice e inatteso, così Chang con Lendl. Mi sembra ancora ieri la mia sorpresa. Una, due lezioni.
Mike Powell-Carl Lewis: la gara dei record (Mondiali Tokyo 1991)
Una gara stellare. Mike Powell. Battere il "Figlio del vento" e col vento poi volare a un centimetro dai nove metri. Quando gli dei si sono vendicati non facendogli vincere neppure un'olimpiade, ormai era leggenda.
Cathy Freeman oro nei 400 m alle Olimpiadi di Sidney 2000
Il "Tempo del Sogno" è anche 49''11 nei 400. La prima aborigena australiana a vincere un'Olimpiade. Passato ancestrale e tuta spaziale convivono.
Valentino Rossi: altro Doctor
Marchigiano come il sottoscritto (che però alla prima impennata andò a sbattere contro un muro). Prima o poi gli voglio dedicare un'ode pindarica. Il primo Mondiale su tutti, quello del 2001, di cui conservo ancora religiosamente la VHS della Gazzetta.
Usain Bolt: 19''19 nei 200 m ai Mondiali di Berlino 2009
Questo formidabile ragazzo diverte, si diverte ma fa tremendamente sul serio, con leggerezza. Grande. Spero si riprenda dopo le ultime stagioni. Naturalmente continuando a divertirsi.
LA GRANDE SPERANZA DI KAREEM ABDUL-JABBAR
Il significato dell'esistenza si acquista soltanto quando si lotta
per strappare un significato al dolore senza senso.
La bellissima intervista su Repubblica a Kareem Abdul-Jabbar, mito dello sport ma soprattutto persona di grande umanità da sempre impegnata nel sociale, ci offre una lucida analisi politica ricca di speranza e ne abbiamo bisogno ("Difficile dire, ma io ho speranza. Siamo presi fra Storia e Speranza."). Non solo quando commenta con esemplare equilibrio, contenendo un giustissimo sdegno, l’assassinio di George Floyd, ma anche quando individua quello che è ormai un problema cruciale per ogni soluzione democratica: il sistema elettorale americano. "Bisogna cambiare il collegio elettorale che è un anacronismo. La maggior parte degli americani vivono in città e il nostro corpo legislativo non lo riflette. Riuscire ad avere i risultati elettorali che riflettono quello che la gente in America veramente vuole è una cosa che va fatta. E' un sistema che va cambiato". Il problema dei “borghi putridi” (collegi rurali favoriti rispetto a quelli cittadini) che distorse la rappresentanza parlamentare in Inghilterra fino alla riforma del 1832 (e a quella del 1872) si ripropone oggi negli USA. Nelle presidenziali americane il contrasto fra voti complessivi e grandi elettori, escludendo l’episodio dell’elezione di Harrison nel 1888, non si era fatto sentire fino alla contestata vittoria di Bush junior nel 2000 (Al Gore sconfitto nonostante 500.000 voti più dell’avversario). Con l’ultima tornata elettorale il distacco è diventato di quasi 3.000.000 di elettori: è pericoloso - e ridicolo - che si continuino ad eleggere presidenti non espressione dalla maggioranza complessiva degli elettori o quanto meno con collegi meno sperequati. Specie se, come Trump, non si fa nulla per ricucire questo strappo, anzi.
All’opposto di tale profondità la solita solfa ormai superficiale di James Ellroy col suo lucroso pessimismo di comodo e il suo conservatorismo esibizionista e retrivo, utile a fargli vendere qualche copia in più oltre al pubblico affezionatissimo di radical chic masochisti. Stare dalla parte della polizia non significa essere complici di chi abusa e infanga una divisa per commettere crimini senza pagarne le conseguenze. Certo, non siamo al delirio dell’ex nunzio Viganò (a volte mi viene la tentazione di dar ragione al Lavater), ma, d’altro canto, per gente frustrata come questa, che brama vedere criminali dappertutto, i delinquenti senza speranza sono merce preziosa. Dopo il Covid e con quello che succede negli USA, in Brasile o a Hong Kong, solo per fare qualche esempio, spero che almeno ci si cominci a stancare di tutto questo packaging distopico.
P.S. Per quanto riguarda statue abbattute o imbrattate, tutte comunque di scarso valore artistico, tre lo meritavano da tempo: il mercante di schiavi Edward Colston, il genocida Leopoldo II e anche il razzista Jefferson Davis.
Con l’avvertenza di non inquinare i fiumi o lasciare simulacri in giro come spazzatura, ma semplicemente chiuderli e custodirli in un museo. Con altre opportune avvertenze.
BLACK MOZART Il Cavaliere di Saint-George Musica, scherma e rivoluzione
Il successo di un film come 12 anni schiavo mi ha ispirato il ricordo di un grande amore musicale: Joseph Bologne Chevalier de Saint-George. Nato schiavo dalla senegalese Nanon e, probabilmente, da George (o Guillaume-Pierre) de Bologne, proprietario della piantagione di Baillif, avviato agli studi dal padre prima nella natia Guadalupa e quindi a Parigi, quest’uomo eccezionale avrebbe raggiunto l’eccellenza tanto nel violino che nella scherma (elegante e concreto modo per farsi rispettare, in tutti i campi). Di lui avrebbe scritto il futuro presidente degli Stati Uniti John Adams: “Quell’Americano è l’uomo più istruito in Europa in equitazione, corsa, tiro, scherma, danza e musica”.
Brevetto d'ami del Chevalier de Saint-George
("l'homme le plus prodigieux qu'on ait vu dans les armes", parola del maestro d'armi Antoine Texier La Boëssière)
Il “Mozart nero” (ma il nostro Joseph precede il compositore austriaco di almeno 11 anni e ha certamente influenzato la sua produzione per violino) sarebbe stato inoltre proposto come direttore dell’Opéra Royal nel 1776, incontrando però l’invidia, il razzismo e la decisiva opposizione dei suoi colleghi.
Appassionato non solo nel ritmo sempre coinvolgente delle sue musiche, ma anche nella difesa della libertà, avrebbe guidato la “Légion franche des Américains” durante la Rivoluzione Francese sostenendo anche la lotta dell’eroico Toussaint Louverture ad Haiti.
Il trailer del film di Claude Ribbe
Il documentario di Raymond St-Jean su https://www.youtube.com/watch?v=vILAgsHUlt8
"La musica ripiega su se stessa, scemando
Come fumo da galee blu,
Per dissolversi vicino alle montagne.
La musica si dispiega con
Le morbide vocali delle insenature,
Il battesimo dei vascelli,
I documenti di viaggio"
Derek Walcott, poeta caraibico premio Nobel 1992
Foto di Luca Traini
Per l'inaugurazione della mostra di biciclette d'epoca a Villa Baragiola
Domenica 5 aprile 1818, raggiunti i fatidici 33 anni, Karl von Drais, nobile ex ufficiale prussiano, mise il manubrio a 2 cerchi perfetti e, ora in linea retta, ora riuscendo perfino a curvare , pascolò per le Jardin du Luxembourg, nella “Città dei Lumi”.
Giovedì
1° ottobre, su invito di un barone, il filosofo Hegel entrava in servizio
all’università di Berlino.
Giovanni
Pascoli, da “La bicicletta”:
“Mia
terra, mia labile strada,
sei
tu che trascorri o son io?
…
Ma
bello quest’impeto d’ala,
ma
grata è l’ebbrezza del giorno”.
Giorgio
Caproni
Anima
mia, fa’ in fretta.
Ti
presto la bicicletta,
ma
corri. E con la gente
(ti
prego, sii prudente)
non
ti fermare a parlare
smettendo
di pedalare”.
C’è
quindi un giardino ai primordi della bicicletta, un po’ come il paradiso per
gli esseri umani.
E
la “Città giardino”, Varese, 190 anni dopo.
E
un suo poeta, Piero Chiara, che ha scritto in prosa proprio la storia di questo
“ordigno a 2 ruote”, forse sognato da Platone, di certo sfuggito a Leonardo,
perché per niente bellicoso: “L’idea di un mezzo di spostamento veloce per
lavoratori… non allettò il suo cervello”.
Ma
allettò quello del conte von Drais, democratico fino alla pianta dei piedi, che
rinunciò al suo titolo nel 1849 (e fu preso per pazzo, e morì povero, ma a una
media di 15 km
all’ora, come un treno dell’epoca).
“Me
brüsa tanto ‘l cü!” avrebbe sentenziato meglio di Plutarco Luigi Ganna da
Induno, un maggio di 91 anni dopo, appena vinto il primo Giro d’Italia.
I
grandi campioni e il ciclismo sono fatti così: la nobiltà è la fatica. Tu vedi
certe foto di trionfi che sembrano la fine di una tortura. Ma dietro ci senti
quei versi di Gozzano:
“La
macchina il fruscio ebbe d’un piede scalzo,
d’un
batter d’ali ignote, come seguita a lato
da
non so che d’alato volgente con le rote”.
Così
Ganna, come Drais, divenne costruttore e su una “Ganna” nel ’51 Fiorenzo Magni
avrebbe conquistato il Giro e l’argento ai primi Mondiali di Varese, vinti
dallo svizzero Ferdi Kübler, vicino di casa di un milione e mezzo di
appassionati: record di presenze.
Dino
Campana, “Il più lungo giorno”
“O
corridore, tu voli in ritmo
Infaticabile.
Bronzeo il tuo corpo dal turbine
Tu
vieni nocchiero del cuore insaziato”.
Ecco
allora perché oggi, proprio a Varese, in questa Villa, si spiega questa onda
lunga in lamiera cruda.
Perché
ci dobbiamo sentire e vedere la tempra di atleti inventori, l’Italia del ’51
che entra nella Comunità del Carbone e dell’Acciaio, le note di Alfredo Binda
“trombettiere di Cittiglio” 3 volte mondiale piuttosto che Nilla Pizzi.
Piuttosto Annie Londonderry o Alfonsina Strada, che corse a testa alta il Giro
dei maschi nel 1924.
Il
rotolo steso che gioca, fa sport col cerchio, la curva, la linea retta è
l’anamorfosi di un percorso a tappe. Rubando le immagini all’Italo Calvino de
“Il viandante nella mappa” ecco la Tabula Peutingeriana
del ciclismo, come il rotolo giapponese del Settecento lungo più di 19 metri che rappresenta
l’itinerario da Tokyo a Kyoto… “superare alture, attraversare boschetti,
fiancheggiare villaggi, scavalcare fiumi su ponticelli arcuati… identificarsi
col viandante invisibile”.
Qui
i metri sono più di 70. E biciclette e ciclisti, visibili.
La
“mappa delle passioni”, più che quella di M.lle de Scudéry, quella di Dino
Buzzati, quando scrisse l’ultimo articolo per il Giro del ’49, “Non tramonterà
mai la fiaba della bicicletta”:
“Vola, tu, con le tue piccole energie, per monti e valli, suda, fatica e
soffri. Dalla sperduta baita scenderà ancora il taglialegna a gridarti evviva,
i pescatori saliranno dalla spiaggia, i contabili abbandoneranno i libri
mastri, il fabbro lascerà spegnere il fuoco per venire a farti festa, i poeti,
i sognatori, le creature umili e buone ancora si assieperanno ai bordi delle
strade dimenticando per merito tuo miserie e stenti. E le ragazze ti copriran
di fiori”.
Storia del Giro d'Italia (1909-1959)
Mondiali di Ciclismo, Varese 2008
Vincenzo Nibali trionfa al Tour de France 2014
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