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Quadro primo
Et in Arcadia ego (All the Aunts of the Marquis)
Luce. Il marchese
de Sade, che d’ora in poi verrà chiamato semplicemente Sade, è l’unico attore
in scena. Al centro della stessa, un presepe con tanto di mangiatoia,
bambinello (vivo o di ceramica), le statue del bue e dell’asinello e due
manichini al posto della madonna e di san Giuseppe.Questi ultimi rappresentano
i genitori di Sade: due manichini nudi, anonimi, tagliati con fredda geometria.
Di fronte a questa “sacra famiglia” altri sei manichini sommariamente e
simbolicamente agghindati: rappresentano lo zio del marchese (ovvero l’abate di
Ebreuil) e le quattro zie monache più quella sposata. Sade vagherà in questo
paesaggio surreale narrando gli eventi della propria infanzia cercando di
mantenere (ma non sempre gli riuscirà) un freddo, elegante distacco.
Immagini di Jean-Jacques Lequeu (1757-1826).
Immagini di Jean-Jacques Lequeu (1757-1826).
Notte di Natale. Stretto da fasce dorate, deposto in
una culla d’argento, il minuscolo Sade è Gesù bambino.
Il giorno successivo invece, è fra i piccoli martiri
di Erode.
Passa un anno, gli arti si allungano, la terra si
allontana.
Una mela cade sul prato. Il nostro piccolo eroe
marcia a quattro zampe verso di lei. Cerca di afferrarla.
Ancora un anno ed è Cupido in tutte le processioni
mascherate: ali di seta bianca, un filo d’oro che pende dal soffitto istoriato,
dal cielo.
Grande successo a corte quando, ghermito al tallone
dal boia, piange come un usignolo ne “Il giudizio di Salomone”, di ignoto.
I genitori, i cortigiani... ossia la stessa cosa...
applaudono.
Alamanna.
Corrente.
Sarabanda.
Allo scandire
di ognuna di queste ultime tre parole si sentirà un frammento corrispondente
dalla “Suite francese n°1” di J. S. Bach. La stessa cosa accadrà quando
verranno pronunciate le parole “Minuetto numero uno”, “Minuetto secondo” e
“Ultimo passo di giga”.
Il giorno dopo è sorpreso a picchiare di santa
ragione il principino Louis Joseph de Bourbon per motivi di gioco non meglio
specificati.
Il 1745 lo vede abbandonato nel palazzo di famiglia
di Avignone, - o adorata Provenza! - oggetto di contesa fra cinque zie: quattro
zitelle e una sposata senza figli maschi.
Minuetto numero uno.
“Pomo delle Esperidi” e “Mela di Paride”, ebbri di
carriera diplomatica, volteggiano con sovrano distacco in qualche corte
europea.
Zia Henriette-Victoire, coniugata
Villeneuve-Martignan, invece, scruta con dolce invidia i piccoli genitali del
nipotino.
Gabrielle-Eleonore, badessa di Saint Laurent
d’Avignon, gioca con i suoi boccoli d’oro.
Gabrielle-Laure, collega del monastero di
Saint-Benoit de Cavaillon, bacia i piedini gonfi per il troppo correre.
Sorella Anne-Marie-Lucrece, dal suo convento in
città, divide in buoni e cattivi la folla che passeggia dietro le sbarre.
Sorella Marguerite-Felicité, come dice il nome
stesso, è felice e basta.
Anche il piccolo Sade è, naturalmente,
felice.
Minuetto secondo.
Brusco cambio
di tono nella voce di Sade. I genitori strappano alle zie il loro angioletto.
Cinque donne piangono su Avignone orfana del suo
piccolo Eros.
Breve pausa.
Il figlio viene iniziato ai sacri misteri della
parola scritta dallo zio Jean-François-Paul-Aldonze, erudito e libertino:
abate.
Venere, le Muse e, un po’ in disparte, Dio vegliano
sul giovane discepolo.
Pausa di
silenzio in cui Sade estrae da una tasca una lettera. Legge.
“Ah! Per prete che siate,
Signore, oh, signore, voi continuerete ad amare.
Se anche diventaste vescovo o papa,
Non smettereste di amare e piacere.
E’ questo il vostro autentico ministero:
Amerete e piacerete,
E sempre avrete successo,
Sia nella chiesa sia a Citera”. Chiude la lettera.
Così il divino Voltaire a mio zio, suo amico:
poesiola targata anno domini 1733.
Un ultimo passo di giga.
Terminata la
musica di cui sopra, Sade ha un breve sospiro quindi termina la narrazione.
Correva l’anno 1750.
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