Pixels è un film da non perdere. Non fidatevi di chi dice che non vale Ghostbusters:
è meglio, è degno del primo Ritorno al futuro. Infilate con gioia gli
occhiali 3D e preparatevi a una splendida, agghiacciante colata di pixel cubici
extraterrestri (versione incubo della nostra civiltà, che è un sogno ad angolo
retto http://lucatraini.blogspot.it/2013/06/la-nostra-civilta-e-un-sogno-ad-angolo.html).
Il mondo salvato dai nerd, quelli primigeni, che sfidavano i boss
nell’incenso delle Marlboro delle prime sale giochi (http://lucatraini.blogspot.it/2015/07/sex-art-and-video-games.html). Mix riuscito
a meraviglia fra nostalgia mai mummificata (capace di far balzare ancora dai
sedili noi quarantenni) e dosaggio perfetto di effetti speciali mai fine a se
stessi (una lezione per i più giovani): merito di un regista come Chris
Columbus che è riuscito là dove aveva
deluso Tim Burton con Mars Attacks!. Adam Sandler più Tohru Iwatani per
festeggiare nel modo più fantasmagorico i 35 anni di Pac-Man.
Con
l’ossessione di una gara definitiva al livello più estremo di Donkey Kong:
eroico furore perseguito anche da chi scrive nel racconto che segue.
Non ho finito il compito di Educazione Tecnica... ma sono passato subito ai videogiochi
1 “TECNOLOGIA” DA “TEK” (“LEGNO”): CHIODI E
MARTELLO
Sono passati più di 30 anni e non ho ancora finito il compito di Tecnica.
Sono passati più di 30 anni e non ho ancora finito il compito di Tecnica.
E’ il marzo
del ’79 e devo piantare non so quanti chiodi su una lastra di compensato.
Risultato:
una grande “X”.
Il prof.
Pagani somigliava a Sebastian Cabot, quello di “Tre nipoti e un maggiordomo”,
gli mancava solo il frac. Era un burbero bonaccione e amava raccontarci le
marachelle che faceva da piccolo ( difficile immaginarlo piccolo, in tutti i
sensi).
Una delle
sue bravate mi è rimasta conficcata nella memoria. Erano i primi tempi del
codice stradale e - a suo dire - avevano appena inventato e dipinto le prime
strisce pedonali. Lui e i suoi amichetti si divertivano a sbucarci sopra
all’improvviso. Immaginiamo il poverocristo in “Topolino” che tira giù una
frenata della madonna e li manda all’inferno.
E il prof.,
con noncuranza e ghigni malefici sotto il barbone, borbottava di feriti,
morti...morti?!
“I
sopravvissuti avrebbero narrato ai posteri - che non è il plurale di poster -
le audaci imprese”.
Bella roba!
E poi magari ce la pigliamo con un povero dodicenne se non riesce a intrecciare
un filo rosso in mezzo a una selva di chiodi.
Cos’è che
vuoi che disegni? Una stella? Un diamante? Un fiore? Una croce?
Il chiodo
di ferro si piega. Il chiodo d’acciaio si spezza.
Doppia insufficienza: primo e secondo quadrimestre.
2 LA CONSOLAZIONE DI SUPER MARIO
L’anno dopo le cose non vanno
tanto meglio, ma per superare lo sconforto posso andare nella Sala Giochi che
ha appena aperto e dare il mio contributo per difendere la terra dagli alieni.
Tecnologia d’avanguardia - me lo conferma l'amico Paolo, campione di VII Legio ed esperto di fantascienza - altro che chiodi e martello! Tutta a colori, mica solo
quella maledetta vernice nera che avevo sbrodolato sul banco .
Space Invaders: Defender!
Soprattutto dalla fitta nebbia di fumo che separa l’ingresso dalla strada,
dagli scarichi trasparenti delle auto, perché entrare in una di quelle sale era
come andare in chiesa per le grandi festività, fra nuvole d’incenso.
Officiavano i grandi tamarri del quartiere appena scesi dal cocchio (il
Vespino) o dalla biga a tre marce (Benelli, Garelli). Seguivano torme di
chierici monomarcia dal Ciao e chierichetti a piedi sognando le due ruote e
facendo la fila per 8 bit.
Salvata la terra e le Medie,
approdo al livello superiore, il ginnasio, noioso come un vecchio gioco a
carte. Con la testa sono già avanti (e infatti i tre anni di Liceo saranno ben
altro), ma nel frattempo mi consolo con Super Mario. Che, all’epoca, non aveva
ancora questo nome, anzi, era senza nome, come Ulisse davanti al Ciclope o al
Gorilla di Donkey Kong. Io ero sempre
stato dalla parte di King Kong. E la tipa con le trecce (bionda? Rossa? Io
preferivo le more) che non faceva altro che aprire la bocca in un grido senza
voce: non era mica Jessica Lange. Però quel traccagnotto vestito da carpentiere
con i baffi di Magnum P.I. mi piaceva. Era uno di noi, costretto a salire dal
basso per salvare la sua bella, mica Perseo da Andromeda, e io dovevo salire
quel cantiere in costruzione di un nuovo mondo, trasformare le chiodi in viti
da avvitare col martello trasformato in chiave inglese, perché l’eroe era un
carpentiere come i parenti di mio nonno.
Finalmente al Liceo scopro che il carpentiere è in realtà un idraulico e, durante
l’interrogazione di Storia dell’Arte, paragono come salta le botti alla rappresentazione
del volo al rallenty della Gorgone sull’anfora del Pittore di Nesso. E prendo
8! Visto che andare in Sala Giochi è stato un bell’investimento! Mi sembra di
essere Medoro che frega Angelica a Orlando.
Poi scopro che Super Mario è
giapponese, come Atlas Ufo Robot, Megaloman e Genji il principe splendente. Ormai sono grande e scelgo quest’ultimo. Nella biblioteca di
scuola figurati se c’è! Tento allora di rubarlo in libreria, ma riesco solo a
portarmi via in grembo le Memorie di Murasaki Shikibu.
Il mio Super Mario sarebbe stato
assunto nel cielo dell’ultimo livello in una Sala Giochi di La Spezia nel 1983,
durante la mia prima vacanza da solo, se, prima dell’ultimo gradino, non mi
avesse piacevolmente distratto la mora a cui stavo dietro (merito delle
Memorie).
E’ la vita: che ci vuoi fare?
Dopotutto anche Super Mario sarebbe diventato Galaxy solo molti anni dopo.
E io mi godo la sua testa-pianeta
verde tornando con la mente al primo Arcade:
Potrei scordarmi
Di scriverti,
Inviando novelle
Con la luna che volge al tramonto
E il passaggio delle nuvole?
Murasaki Shikibu, Memorie poetiche, 7
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