DEATH OF THE POSTMODERNISM: NEW LIFE FOR THE VIDEO GAME
Il postmodernismo è morto,
finalmente, e il gioco si è fatto grande: è diventato videogioco.
Ci sta osservando e pretende
da noi interazione, nuove domande, nuove risposte: non accetta il game over
della storia predicato negli ultimi decenni.
C’è tutta una Realtà
Aumentata, non solo in termine tecnico, che lo ha investito, ci ha investito e
pretende un approccio diverso dal mero consumo, che non basta più.
C’è fame di nuovi livelli
interpretativi a fronte di una formidabile emersione di forme e contenuti in un
così breve spazio di tempo, perché bisogni e aspettative in numero enorme si
sono accumulati al di qua e al di là dei novanta gradi dello schermo.
Immagini e prospettive sono
arrivate ad evocare visioni originali a 360° di quanto ci sta intorno
rimettendo in discussione concetti come “realtà”, “essere umano”, “natura”. E
questo è quanto chiamiamo “arte”.
E’ tornato il tempo e la
voglia di togliersi i paraocchi e guardare a testa alta indietro e avanti:
oltre l’effimero.
Costruire connessioni,
rivelare la ricchezza di forme e contenuti e riconnettere la trama del presente
al cammino della storia per avere prospettive fondate e originali per il
futuro, senza pretese di verità immediate, ma coscienti che quanto definiamo
“finzione” è parte sostanziale dell’ homo cosmeticus, cioè del Sapiens,
che dà vita a nuovi mondi e reinterpreta continuamente il concetto di “natura”.
L’assemblaggio di elementi
effimero e atomizzato della vulgata postmoderna sta crollando sotto il peso
della sua inconsistenza e, ironia della storia, proprio da un oggetto di largo
consumo consapevole della sua finzione come il videogioco – Alice è uscita
dallo specchio – scaturiscono nuove proposte di indagine a tutto campo sulla
realtà. Si tratta infatti di un medium che, diversamente dai precedenti, non
nasce da una pretesa di verità o di oggettività e, proprio per questo, è già
maturo per farsi troppe illusioni. Il suo meccanismo di base è l’interazione, è
dinamico, è già un passo in avanti per diventare, qualitativamente, interpretazione.
Il giocatore nei confronti
del videogame è quasi come un artista davanti a un’opera: non si accontenta di
un godimento passivo, ma cerca continuamente di intervenire nella mutazione di
quanto ha di fronte.
Ogni interazione,
un’interpretazione, una messa in gioco: questa è la scommessa per il futuro.
Abbiamo davanti ancora un quadro e dobbiamo porci alla giusta distanza di una
prospettiva brunelleschiana e di una kinect per scardinare l’autoreferenzialità
dell’arte contemporanea e dei compartimenti stagnanti della società.
Distruggere la gabbia in cui
sono stati confinati i capolavori del passato – nella mentalità dominante e
rassegnata l’antico non è mai stato vecchio quanto oggi – non potrà che avere
ricadute positive ridando energia vitale al dialogo serrato e da vero simposio
tra diverse epoche e culture, fra arte e tecnologia, simbiosi inscindibile:
abbiamo trovato un nuovo punto d’incontro.
La densità storico-critica
di NEOLUDICA intende per questo porsi all’avanguardia per un lungo lavoro di
scavo e di festa (è tremendo non trovare in italiano un termine gioioso che non
implichi imbecillità o peccato ma ci proviamo), un lavoro che vada oltre il
diffuso senso di confusione alla ricerca di originalità e autenticità anche per
ciò che ancora infelicemente definiamo “virtuale”.
Nulla è più serio di questa
messa in gioco.
Delete©, Extreme Pong (Nothing vs Perfection), 2012
Commento musicale: Heinrich Ignaz Franz von Biber, Battalia a 10 in D major
Commento musicale: Heinrich Ignaz Franz von Biber, Battalia a 10 in D major
Luca Traini (2012)
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