martedì 11 febbraio 2020

STREET ART IN MOSTRA


STREET ART Segno dei tempi (Milano, Lisbona, New York)
Fotografie di Antonio Cereda al patrimonio della Street Art, dei Graffiti e della Urban Art

Esposizione e catalogo a cura di Debora Ferrari e Luca Traini
Con una presentazione di Anna Canuto, antropologa.

Brindisi e momento di ispirazione con le parole da colorare di Marta Della Bella
Ore 18 del 12.2.2020.

Sala Nicolini-Musei Civici di Varese, via Nicolini 2, Biumo Inferiore, Varese

Dal 12 al 28 febbraio 2020

ORARI: dal giovedì al sabato ore 14.30-18.30. Ingresso libero.

Visite speciali o in gruppo in settimana su appuntamento scrivendo a culturalbrokers@gmail.com o a antonio@alchimiatoni42.com
Sarà possibile incontrare in mostra l’autore Antonio Cereda nelle seguenti date: 12, 15, 16, 21, 22, 28 febbraio.



"Con la sensibilità e la maestria che contraddistingue tutta la sua opera fotografica, Antonio Cereda, partendo dal suo quartiere, l’Ortica (oggi vero e proprio museo a cielo aperto), illustra le opere  di autori riconosciuti come Blu, Pao, Kilo e Zed, Krio, Nais o Iena Cruz ad altri murali di artisti meno noti ma sempre caratterizzati dalla stessa vitalità prorompente e irrefrenabile del colore, che tende a lasciare il segno dove altri hanno scelto o dovuto chiudere gli occhi. Che dovranno riaprire. E continuare a meravigliarsi.
[...]
Antonio Cereda è fotografo e uomo di grande eleganza che ama stare in disparte, per naturale umiltà e per il fatto che è spesso in giro per il mondo nei luoghi meno turistici. Restituiti con un’evidenza e una familiarità che sembra di essere proprio lì, accanto a lui, a dialogare col vicino di casa. E’ un dono, un lavoro che data più di trent’anni e ha portato a quattro libri stupendi dove ogni fotografia è un incontro: SFULINGO l’ India dei colori (1988), Polepole dell’ Africa adagio,adagio (2003), Papua Nuova Guinea :le maschere danzanti (2007), Gujarat, frammenti (2018). E’ ora anche un sito, ALCHIMIA – IMMAGINI DAL MONDO PER IL MONDO (l’artista ama le metamorfosi,con lo scatto sa evocare come pochi i paesaggi nei volti e nei corpi delle persone che li vivono così come la pelle di ogni paesaggio come fosse un corpo umano più grande)".

Debora Ferrari, Luca Traini


lunedì 10 febbraio 2020

LA MEMORIA SALVATA DA TRE DONNE: LILIANA SEGRE, FAUSTA CIALENTE, ANNIE ERNAUX



Per salvare questa esigenza fondamentale dell’essere umano, cui il pensiero greco aveva messo a guardia ben due divinità (Mnemosyne e Mneme), occorre in primo luogo sconfiggere quello che la nostra preziosissima Liliana Segre ha definito “Il mare nero dell’indifferenza”, l’inquinamento della dimensione vitale della Storia.
Quindi è necessario rielaborare le proprie storie famigliari alla luce di eventi più grandi, mettere in crisi abitudini consolidate, anche eleganti, forse comprensibili, mai giustificate nel loro egoismo, messe in discussione con coraggio, nonostante e per l’affetto verso chi ci è caro. E’ il senso del Premio Strega ’76 appena ristampato: Le quattro ragazze Wieselberger di una nostra grande scrittrice–e partigiana–da riscoprire, Fausta Cialente.
Infine, indagarsi a fondo con stile senza scusanti ma sempre con partecipazione assoluta al destino degli altri, che è sempre anche il nostro. Come ha fatto Annie Ernaux. Gli anni, uno dei libri più belli che abbia mai letto. Lo scandaglio abissale del passato di Proust più la vertigine dietro ogni attimo presente della Woolf. Il respiro è concesso alla fine.
Perché la memoria non è un esercizio facile. Come la vita, che fa del passato futuro.
Memoria, Vita, Storia: tre dimensioni al femminile.

venerdì 7 febbraio 2020

TEATRI DI GUERRA 2 Ambivio Turpione: commedie?

Bisogna saper recitare alla perfezione per essere insieme attori e impresari e questo Ambivio lo sapeva bene. Si deve combattere e convincere di essere costretti a farlo così come faceva la repubblica di Roma ormai impero. Occorrevano regie e strategie nuove sulla scena come sul campo di battaglia. Ci voleva una maschera greca che non si vergognasse più di essere tale perché senza testa e senza quella maschera che riproduce il pensiero come si organizza un nuovo spettacolo , un nuovo stato?

Si presentò sul palco in qualità di avvocato - sopra dodici tavole forse, come quelle delle leggi - difensore di commedie dal titolo greco scritte in latino da un vecchio gallo insubre forse un tempo schiavo, Cecilio Stazio, e da un giovane berbero di nome Terenzio. Ma quanto fu fischiato! Che fatica a far capire che anche gli stranieri possono essere inquadrati! E i benpensanti giù a dire: “Quanti soldi sperperati in commedie! Mica fa ridere come Plauto! E poi cos’è tutta sta storia dell’humanitas?”.

Lieto fine: successo. Coralità d’intenti per due ore di rappresentazione. Quattro secoli per trasformarsi in rappresentanza politica. Meglio tardi che mai. La maschera nasconderà il sudore, la rabbia, il pianto.

Luca Traini

da Teatri di Guerra (Ideazione 1999, Frammenti scelti)

EPISODIO I Agatarco di Samo ad Atene: questione di prospettive

https://lucatraini.blogspot.com/2019/12/teatri-di-guerra-1-agatarco-di-samo-ad.html

EPISODIO III Rosvita di Gandersheim: avanguardia in clausura

https://lucatraini.blogspot.com/2020/04/teatri-di-guerra-3-rosvita-di.html

EPISODIO IV Albertino Mussato e Dante Alighieri: teatro horror per virtù civiche

https://lucatraini.blogspot.com/2020/06/teatri-di-guerra-4-albertino-mussato-e.html

EPISODIO V Poliziano e Botticelli: componimento di Orfeo, crepuscolo dell’Umanesimo (1494)

https://lucatraini.blogspot.com/2020/08/teatri-di-guerra-5-poliziano-e.html

EPISODIO VI Pietro Metastasio: Arcadia al potere

https://lucatraini.blogspot.com/2020/10/teatri-di-guerra-6-pietro-metastasio.html

EPISODIO VII Georg Bücher: teatro di scienza della rivoluzione

https://lucatraini.blogspot.com/2020/12/teatri-di-guerra-7-georg-buchner-teatro.html

martedì 4 febbraio 2020

LA VIRTUAL PHOTOGRAPHY D’AUTORE AL MUSEO: UNA PRIMA MONDIALE ITALIANA


Screenshot

Fotografie virtuali di Emanuele Bresciani e Immagini alla deriva di giovani artisti dell’Accademia G. Carrara di Bergamo e dell’Accademia di Belle Arti di Verona

Luzzana, Museo d’Arte Contemporanea – Donazione Meli – Ex chiesa di San Bernardino da Siena
Inaugurazione: sabato 8 febbraio 2020 ore 18.00
Apertura: 9-29 febbraio 2020
mercoledì ore 14.30-18.00; sabato 9.30-12.00; domenica 15.30-17.30



Emanuele Bresciani è un reporter da nuovi mondi, quelli virtuali, le cui mappe si propagano ogni giorno di più nelle cartografie terrestri, nella vita, nel lavoro, nell’arte. I suoi sono reportage nelle sterminate lande retroilluminate dei videogame dove andare attraverso lo schermo, lo specchio contemporaneo di Alice, e fare ritorno con la giusta provvista per la fame di immagini è obiettivo di un’operazione complessa ed esperta che non ha nulla da invidiare alla Fotografia con la “F” maiuscola cui siamo abituati da quasi due secoli. Emanuele è uno dei pionieri a livello mondiale di una nuova arte: la Virtual Photography, conosciuta anche come In-Game Photography.
La sua personale al Museo d’Arte Contemporanea-Donazione Meli di Luzzana, nella suggestiva sede distaccata dell’ex Chiesa di San Bernardino, è una prima mondiale che parla italiano. Come The Art of Games ad Aosta nel 2009 (con tanto di benedizione del CNR) da parte di Neoludica Game Art Gallery, progetto ideato e seguito da Debora Ferrari e Luca Traini (curatori del catalogo di questa mostra e alle cui esposizioni le foto di Bresciani sono sempre presenti), o la partecipazione della stessa alla Biennale d’Arte di Venezia del 2011. I lavori di Emanuele (in copertina uno splendido scatto da Uncharted 4sono le prime opere di Virtual Photography d’autore a essere esposte al di fuori dell’abituale circuito di fiere ed eventi strettamente legati al mondo dei videogiochi.


La Virtual Photography nasce come esperimento di riproduzione della fotografia classica all’interno dei mondi virtuali dei videogame tramite un software interno ai giochi stessi: il Photo Mode. In un’intervista rilasciata a Rolling Stone lo scorso anno l’artista ha descritto in modo efficace i suoi esordi e l’approccio a questa nuova tecnologia e alla sua estetica: “Nel 2004, su una Playstation2 all’avanguardia come non mai, un ispirato Kazunori Yamauchi decide di inserire per la prima volta in un videogioco un software capace di catturare immagini di gioco ricreando una macchina fotografica virtuale all’interno del suo capolavoro Gran Turismo 4. E’ stata una iniziativa pioneristica ed epocale, le cui ripercussioni sono tuttora presenti nell’hardware delle console Sony. Io c’ero, le mie foto piacquero agli amici e spopolarono nei forum di quel tempo, e quella è stata la mia prima esperienza con la Virtual Photography. Nel 2009, un giornalista della rivista Edge di nome Duncan Harris mise online un sito chiamato deadendthrills.com che mi appassionò e motivò a tal punto da mettere online un mio sito di in-game photography chiamato electricblueskies.com (2010-2016)”.
Un fenomeno diventato di massa negli ultimissimi anni, specie fra i giovani. Con l’avvertenza che, come per la fotografia in generale non basta avere in mano una macchina per diventare veri fotografi, per essere dei virtual in-game fotografi non è sufficiente congelare in uno scatto uno screenshot qualsiasi. Anche in questa dimensione virtuale bisogna saper cogliere l’attimo di una scena cruciale, l’istante e i chiaroscuri che rivelano la psicologia di un protagonista, il momento particolare di un’atmosfera che emana da una relazione fra personaggi o da un paesaggio che può anche esulare dal percorso abituale del gioco.


E Bresciani, acuto visitatore di questi mondi, è padrone assoluto di queste pennellature, dando vita a contenuti assolutamente unici e originali, spesso trascendendo il videogioco stesso e restituendo immagini a metà tra la fotografia, il dipinto a olio e l’artwork classico a matita o carboncino: “Uno scatto nasce da un insieme di fattori, il più importante dei quali è l’avere vissuto il gioco a tal punto da averne carpito l’anima e lo spirito più profondi. Diversamente dalla fotografia classica, che si basa sul cogliere un attimo irripetibile in un mondo in perenne movimento e mai uguale a se stesso, la Virtual Photography tende invece a condensare in uno scatto irripetibile un’esperienza lunga anche 50 ore. Perché solo dopo svariate ore in un gioco puoi cogliere le espressioni più singolari di un personaggio, animazioni uniche, piccoli tocchi di classe, dettagli di arredamento o elementi che risaltano particolarmente ad una specifica ora del giorno”.


La mostra è curata da Bruno Ghislandi, che ha inoltre seguito l’esposizione che accompagna le opere di In-Game Photography:  Immagini alla deriva di giovani artisti, progetto coordinato da Agustín Sànchez che vede protagonisti 62 studenti dell’Accademia di Belle Arti G. Carrara di Bergamo e dell’Accademia di Belle Arti di Verona, che espongono ciascuno uno scatto del viaggio che hanno intrapreso su Google Street View.


La creatività dei Virtual Photographer è arte, una ulteriore nuova arte all’interno delle Game Art che si stanno affermando nel XXI secolo. La sempre più stretta connessione fra nuove tecnologie e arte è un marchio decisamente Made in Italy pronto a sviluppare nuovi obiettivi e a superare nuove frontiere dentro e fuori lo schermo.

sabato 28 dicembre 2019

Antonio Cereda,“STREET ART Segno dei tempi”: un nuovo libro di fotografia d’arte TraRari TIPI



A cura di Debora Ferrari e Luca Traini, con un’introduzione dell’antropologa Anna Canuto


STREET ART Segno dei tempi, il nostro, troppo a lungo così facile all’abbandono di quanto è stato vissuto, pieno di strutture e manufatti dimenticati, divenuti semplici cose buttate via, oggetti a cui questa nuova arte e l’arte di Antonio Cereda restituiscono dignità e vita, trasformandoli in soggetti di nuove sensibilità.
Questo libro racconta sogni e realtà per strade e immagini nuove soprattutto a Milano, ma con ramificazioni e anticipazioni che ci trasportano anche in Madagascar come a New York o Lisbona, perché si tratta di una dimensione estetica a livello planetario che ha origini e contaminazioni condivise e cifra propria la multiculturalità.
È un’arte, come ha scritto l’antropologa Anna Canuto, che “si è sviluppata al di fuori del museo” e la Milano degli ultimi anni ha saputo cogliere questo grande anelito di libertà di espressione valorizzandone le creazioni e riservando sempre più spazio alla street art.
I graffittari sono passati da Writers a Urban Artist e oggi sono accolti ovunque, come il varesino Andrea Ravo Mattoni al Louvre. Un’estetica orgogliosamente periferica, di avanguardia perché quasi sempre opera di artisti giovani in contrasto con i perenni classicismi dei centri. Un’arte sempre giovane capace di dare un senso positivo ai luoghi abbandonati trasformandoli in spazi liberati.
Elena Di Raddo, docente in Università Cattolica del Sacro Cuore a Milano e Brescia, ha recentemente creato un evento in Università, introducendo
alla street art che nasce negli anni Settanta in America, a New York per la precisione, con uno specifico intento: esprimere il desiderio dei giovani.
Cereda testimonia questa continua attenzione alla vitalità prorompente e irrefrenabile del colore che tende a lasciare il segno dove altri hanno scelto o dovuto chiudere gli occhi.
Che dovranno riaprire.E continuare a meravigliarsi

Debora Ferrari, Luca Traini






IL COLORE COME LUNGHEZZA D’ONDA DELL’UMANITA’

Antonio Cereda è fotografo e uomo di grande eleganza che ama stare in disparte, per naturale umiltà e per il fatto che è spesso in giro per il mondo nei luoghi meno turistici. Restituiti con un’evidenza e una familiarità che sembra di essere proprio lì, accanto a lui, a dialogare col vicino di casa.
E’ un dono, un lavoro che data più di trent’anni e ha portato a quattro libri stupendi dove ogni fotografia è un incontro: SFULINGO l’ India dei colori (1988), Polepole dell’ Africa adagio,adagio (2003), Papua Nuova Guinea :le maschere danzanti (2007), Gujarat, frammenti (2018).
E’ ora anche un sito, ALCHIMIA – IMMAGINI DAL MONDO PER IL MONDO (l’artista ama le metamorfosi,con lo scatto sa evocare come pochi i paesaggi nei volti e nei corpi delle persone che li vivono così come la pelle di ogni paesaggio come fosse un corpo umano più grande).
Pronto al prossimo viaggio in Oriente con la moglie, l’antropologa Anna Canuto - “Sono un viandante e sempre m’aggiro pel mondo e vedo meraviglie” (l’amato Sohravardī) – l’autore è anche attento osservatore di avanguardie artistiche in Italia – la sua Milano in primis - e in Occidente.
Prezioso materiale anche quest’ultimo di prossima pubblicazione,a cura mia e di Debora Ferrari,per TraRari TIPI.

Debora Ferrari, Luca Traini

domenica 22 dicembre 2019

VILLON

Dal dramma al romanzo teatrale (1992-2010) Frammenti


L'incontro con Enguerrand Quarton: il quadro della situazione

Commento musicale Jacob SenlechesLa Harpe de melodie 


Il genio del pittore, di cui restano solo pochissime opere certe, vola talmente alto da perdere di vista la vita dell’uomo senza data di nascita o morte. Il successo dell’artista scomparve presto, come il poco tempo che gli fu concesso per produrre capolavori. E il volto dell’uomo forse è nascosto nella piccola folla al riparo del manto della Vergine della Misericordia.
Nel mio dramma immaginai un incontro, ad Avignone nel 1466, fra il poeta in esilio e l’artista prima che se ne perdessero le tracce: avevano condiviso il mecenatismo malinconico del re senzaregno, Renato d’Angiò.

VILLON
Perdonatemi, ci siamo già visti?

QUARTON
Vi perdono. Quando eravate ladro mi avete rubato qualcosa. E, quando poeta, restituito altro.

VILLON
Maestro, ho preso solo qualche spina del vostro Cristo morto senza saperlo, quando ero carcerato. E da poeta mai coronato, so bene anch’io cosa significa essere due in uno. Ma voi l’avete perfettamente rappresentato, quando avete fatto Dio a nostra somiglianza in due persone.

QUARTON
Teniamo ancora in equilibrio quella colomba fra le labbra: ogni parola è preziosa.

(Il banditore annuncia tempo di peste. Il pittore e il poeta svaniscono in silenzio).


Alla corte di Renato d'Angiò: pastorale senza lieto fine

Commento musicale Johannes SusayProphilias


Secondo alcune interpretazioni il poeta avrebbe cercato fortuna (senza trovarla) anche alla corte di Renato d'Angiò, forse ad Angers, nel castello dove il re senza regno era nato.
Quel mondo fatato ormai è solo un ricordo, mentre in carcere, a Meungattende di essere impiccato.

VILLON
E da re Renato, che re non è mai stato, ci sono mai stato? E quando è stato che abbiamo poetato e fatto versi come agnelli o vitelli sgozzati per farne pergamene?
Ricordo un castello fatato illuminato a giorno dagli incendi dei soldati.
Re di un regno che non c’era,
A furia di cercarlo hanno messo a ferro e fuoco tutta la scacchiera.


Il caso vuole che re Luigi XI passi per Meung e, in suo onore, qualche prigioniero, se non ha esagerato, venga graziato e liberato.
Un volta tanto la fortuna è dalla parte di Villon, che ringrazia a modo suo.

Questo è un vero re anche se pura prosa per quanto è brutto!
Col suo grande naso ha fiutato sottoterra e sentito il tartufo che marciva in galera: quanto è brutto, quanto è buono anche lui!
Lui mi salva e tu mi hai condannato, re e non re, poeta angelicato: che contraddizione fare versi!
Pastore di greggi armati che brucano fino all’ultima radice, amante di pastorelle smorfiose per cui preda e imbratta pergamene, avvinto da catene di cartone che dice d’oro, d’Amore: ma liberarsi da catene vere, arrugginite, tu non lo sai, no, tu non sai quant’è bello!


Meung: Prigioniero del Romanzo della Rosa, prigioniero delle sue spine

Commento musicale Jehan Vaillant, Par maintes foys



"Echo parlant quant  bruyt on maine
Dessus riviere ou sus estan,
Qui beaulté ot trop plus qu'humaine"

"Eco parlante quando vaga
Un frastuono su fiume o stagno,
Che bellezza ebbe più che umana"

Ironia della storia, Villon viene arrestato e incarcerato a Meung-sur-Loire, la città di Jean, il poeta della parte più cruda del "Roman de la Rose", traduttore della "Consolazione della filosofia" di Boezio e dell'"Arte della guerra" di Vegezio. 
Il prigioniero dialoga con la sua ombra nella quasi totale oscurità del carcere, in uno stato fra la veglia e il sonno.


JEAN DE MEUNG
Eccoti in catene proprio nella mia città
Dopo le rose eccoti le mie spine
Hai ucciso un prete?
Allora te lo sei cercato questo amore claustrale
Sei solo come un cane?
Ti do in pasto la mia traduzione della “Consolazione”

Abbaia Boezio
Forse chi ha fiuto capirà

VILLON
Nessuna consolazione
Solo spine
Prigioniero sottoterra
Come una cattiva coscienza
Come parole che devono restare strozzate in gola
Meglio se in riva alla Loira
Meglio sotto
Come i pesci

Lascio la voce al barcaiolo al mercante al pescatore
A quel fesso di amante che trasporta sulle acque la sua bella
Se solo riesce a spiccicare qualcosa

[…]

JEAN DE MEUNG
Per i carcerieri e gli amanti
Ho tradotto in francese anche l’Arte Militare di Vegezio

Dopo aver militarizzato l’amore
Ho tradotto in robuste catene francesi anche lui

VILLON
Uno che scrive d’amore traduce un testo di strategia militare
Siamo alle solite
Ma in galera mi sarebbe stato utile in entrambi i casi
Di giorno lo stratega
Per cercare una via di fuga
Di notte il teorico dell’amore
Perché in gattabuia ti resta solo quella
La teoria

Però in mezzo a tutto quell’orrore
Bisognava anche cercare di dormire.


Jean Fouquet e François Villon: il pittore e il poeta a corte, in sogno 

Commento musicale Gilles BinchoisAdieu, jusques je vous revoye

Villon

Jean, Jean Fouquet, tu che hai “fou” e sei “folle” a inizio cognome e ti acquieti nella seconda parte, tu hai illustrato in miniature d’incanto i tristi casi di uomini e donne del sommo Boccaccio, puoi allora capire quello che dice san Paolo ai Corinzi, e a noi tutti che danziamo prede della grande ragnatela dell’arte: “Quello che è folle per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti”.

Fouquet

Il poeta fa sua la follia dei santi o è l’uomo che cerca solo una scusa per i suoi crimini? Ti sei convertito sulla via di Damasco o in qualche trivio di Parigi? E qual è la prospettiva giusta che unisce queste due maschere? Io l’ho imparata in Italia, da Beato Angelico. Geometria. E matematica dell’anima. 1+1 deve risultare 1. Che singolarità sei tu, che dormi, sogni e mi compari di punto in bianco qui a corte, come un’epifania da un tendaggio spalancato, come amano farsi ritrarre i sovrani? Allora, monarca solo dei tuoi sogni, cosa vuoi che ti dipinga dei re: i crimini o la loro capacità di guarire le scrofole?

Coro dei cortigiani

Fate passare i malati di scrofole! Fate passare solo i malati che vuole il re!

Villon

Io vorrei un ritratto senza denti, dopo che me li hanno strappati uno a uno come alla tua santa Apollonia, mentre sorrido a bocca chiusa di fronte agli orrori della mia epoca, finalmente innocente. Perché io ho pagato le mie colpe invece loro - tu i nomi li sai perché li hai ritratti - nascondono dietro labbra serrate, impassibili, i denti cariati e sporchi con cui rimasticano le loro vittime.

Fouquet

François, sei proprio un illuso. Sei a corte e pensi di essere ancora nel tuo letto. Io sono il pittore del re, e se vuole dipingo anche la sua amante morta nei panni della Madonna. Diciamo che cerco di vedere il lato migliore in quest’epoca triste, perché abbiamo uno straccio di pace, come quello che uso per cancellare una sbavatura, pulire sommariamente le mani. Almeno la Guerra dei Cent’Anni è finita, questi despoti imparentati incestuosamente fra  loro non giocano più ai grandi massacri. Solo piccoli crimini, quelli abituali. Quelli per il mio straccio.

Villon

La pietra, quella fatale che il tuo santo Stefano regge in equilibrio perfetto sul libro sacro, gioiello dalle tante facce che risplendono taglienti, dimmi: Etienne Chevalier, tesoriere dei nostri re, ha trafugato anche quella dal tesoro dei nostri sovrani?

Coro dei cortigiani

Il pittore, il pittore di corte ora deve pensare solo alle miniature.

Fouquet

Li senti? Se non comprendi, che razza di poeta sei? Ti sembra che i cortigiani abbiano sempre voglia di recitare pregando se il sangue cola dalla testa di un santo e rischia di sporcargli l’abito della festa? Mica vestono tutti i giorni il rosso dei cherubini. Parla del passato piuttosto, meglio se remoto, stendi i tuoi colori per il presente e lascia il disegno d’insieme per il futuro, se capirà, se avrà tempo di capire.

Villon

“Fugit irreparabile tempus”: questo è Virgilio, me l’hanno insegnato a scuola. La scusa principe per cui è sempre emergenza, mai tempo di riflettere, solo di agire. E chi pensa non lo permette, quindi va eliminato. Ho cercato anch’io di seguire l’esempio, nel mio piccolo, uccidendo, rubando, e in grande non me l’hanno perdonato. Tranne quando stavo per essere impiccato e un figlio che aspettava solo crepasse il padre è diventato re e mi ha graziato. Quando si dice il culo, che mi ha salvato, non ha pesato sul corpo lasciato libero di ballare nel vuoto con una corda al collo. Di questo gioco fra legge fisica e morale ho scritto anche in una quartina.

Coro dei cortigiani

Luigi XI concede la grazia ai poeti, purché facciano perdere in silenzio le loro tracce lasciando spazio alla sua prosa.

Fouquet

Ascoltali bene ancora, poeta: giocano se stessi come pedine su una scacchiera, non sono stupidi. Devi contemplare l’essenza vegetativa di questa specie di esseri umani: non è il saggio splendore delle piante - queste s’innalzano verso il cielo - ma la bassa furbizia di chi cerca di affondare radici taglienti, come la mia pietra, nel timore quotidiano che l’avvento di qualcuno li possa sradicare o quanto meno, di norma, potare uno di quei loro rami troppo carichi di spine. Lo sanno, meglio, lo sentono come animali da caccia che siamo creature in esilio, su una tavola, su una tela, su una pagina bianca.

Villon

Io vorrei fuggire nelle Fiandre. Ma ci sono poeti? O è meglio di no? E i duchi di Borgogna? Dove mi conducono? L’Italia, l’Italia, dove forse sono già stato, a cercare un’altra prospettiva, se non come poeta almeno come semplice essere umano, uno che vuole solo vivere tra qualcosa di bello. E magari, confidando per l’ultima volta nella metrica dei tempi, tornare un giorno a Parigi, come te a corte, ma all’osteria “La mula”, finalmente sterile, a raccontare semplicemente cosa c’è fuori. Senza più scrivere, per carità, senza vergare pergamene di agnello sgozzato.

Coro dei cortigiani

Il nostro nemico è la Borgogna: accettiamo qualsiasi delinquente tra le nostre fila pur di farla a pezzi.

Fouquet

Uomo, poeta, artista, perenne ubriaco, cattivo soldato, svegliati, tanto a Parigi non tornerai. Di te, François - non parlo di Villon -  se ancora una volta non vorrai avere le mani sporche di sangue, dovrà perdersi ogni traccia. Le impronte del mio cammino io le tengo serrate come un gregge in uno stazzo, nel passato. Nelle Fiandre Van Eyck, Claus Sluter in Borgogna, Beato Angelico in Italia: tutte sezioni di un’unica prospettiva qui e ora, nei mei occhi. Ma il punto di fuga lo tengo ben stretto, in segreto.

Claus Sluter, Pozzo dei profeti, Certosa di Champmol, Digione, in https://lucatraini.blogspot.com/2018/01/non-solo-machiavelli-e-guicciardini-le.html

Villon

Parole sante, per chi non è mai finito in galera. Io dormo, ma il mio cuore veglia, e domani dovrò uscire dalle porte di Parigi bandito per dieci anni, come una bestia braccata. In exitu Israel de Aegypto cantavano gli antichi. E non c’è nuova polifonia che possa salvarmi.

Coro dei cortigiani

Silenzio! Silenzio! Il re vuole ascoltare in pace la Messa in qualsiasi modo del signor Johannes Ockeghem!

Villon

Un altro Giovanni, come te. E io in esilio nel deserto come il santo, come il popolo d’Israele.

Fouquet

Voce che griderai per l’ultima volta nel deserto affollato delle strade di Parigi, alla fine del sogno voglio rivelarti un’ultima cosa. Un progetto che mi è stato commissionato dal più ambizioso dei vassalli del re, Giacomo d’Armagnac: illustrare le Antichità giudaiche di Giuseppe Flavio. Bella scommessa per me, singolare scelta la sua. Un messaggio segreto ai borgognoni, agli inglesi? Come Giuseppe tradì i suoi per diventare Flavio, forse lui tradirà il re? Ma che razza di diavolo si può celare nell’arte? Quanto splendore devo aggiungere per evitare l’ombra?

Coro dei cortigiani

Ricordate, sudditi, ricordate: Giobbe pazientò quant’era giusto accasciato nella sua montagnola di merda, ma il re, con la stessa grazia divina, preferirà sempre il trono più elegante. Confitemur: giorno verrà che anche d’Armagnac finirà decapitato e diseredato. Parola del nostro signore, Luigi.

Villon

Ora sì che li sento, grande miniatore: tutti felici se avranno più spazio per sgomitare. E tu che farai? Illustrerai soltanto i soliti Davide e Salomone? Il tomo di quel grande traditore è più grande di una forma di formaggio ma, attento, il suo sapore è amaro. Quando l’antica monarchia si spacca in due come te la caverai con i grandi re del regno d’Israele, uno più peccatore degli altri? Sceglierai solo quelli che si salvano del piccolo regno di Giuda? Basta una semplice pestilenza a fare la storia e gli Assiri fanno a pezzi la torta più grande mentre ci restano secchi quando cercano di azzannare un  boccone più piccolo.

Fouquet

Fare e disfare. Nel mio piccolo farò quanto in grande hanno disegnato e disegnano i re della dolce Francia, scampati a un pesce più piccolo, ma famelico, come il regno inglese. E poiché loro dicono di discendere dai troiani come i romani, io prenderò di mira solo i romani perdenti come Pompeo, anche se cari al nostro Petrarca, a Boccaccio e alla nostalgia degli Italiani che ho visitato, così fieri delle loro piccole, fragili paci. Celando ancora una volta le mie inquietudini. Come l’autoritratto che ho voluto dai contorni dorati mentre emerge dal nero, cosciente di quanto sia apparente, oscuro. Fissalo bene: ho dipinto volto, abito, cappello e nome in oro sfidando la tenebra.

Coro dei cortigiani

Autorità! Autorità di Parigi, cosa aspettate a svegliare quest’uomo che dorme e si diceva poeta?

Villon

Un poeta è sempre sveglio, signori, specie se sogna. Villon è sempre stato sveglio. E tu? Tu, François?


Pace fatta con Parigi?

Commento musicale Josquin DesprezQui habitat


L'uomo François Villon, prima ancora che il poeta, dopo tante traversìe, volle fare pace con la sua città, Parigi.

VILLON
Ci siamo lasciati così male, mia città. Ora invece te lo dico col cuore e in bel latino: “Ave atque vale”, “Addio e stammi bene, curati”.  E tu non dici niente? Devo fingere una brezza per credere che tu mi accarezzi?
Così sia, Parigi Lutezia nata dal fango, come è scritto nel Libro che sia stato per l’uomo: abbiamo ancora bisogno di carezze, come i bambini, come i cani.
Eh sì, che mi hai grattato via come la rogna. Come un cane rognoso mi hai sbattuto fuori di casa.

E poi io - io – sono guarito perché mi è apparsa la Poesia. Veniva dalla taverna del “Cavallo bianco” a quella de “L’asino a strisce”, dove dormivo ubriaco fradicio. Mi diede una tale sberla con quelle candide manine, che ancora mi sembra di sentire un giglio rovente sulla guancia destra.
Strabuzzo gli occhi e ti vedo un viso così dolce - la Bellezza, quella vera, lo sai, ferisce – “Tu dormi” scandì sorridente “ma io, il tuo cuore, veglio”.

Fu allora che Dama Memoria venne dall’osteria “La mula”. Fissai anche lei un po’ demente, anche lei ridente. Che pure mi mollò un ceffone. Lo stesso bruciore sulla guancia sinistra. E la stessa allegria in quest’altra donna alle parole: “Ho reciso il filo della tua vita passata, come una tessitrice”.
E tutt’e due insieme, a me ardente, finalmente sveglio e sorridente: “Godi, figlio nostro, nella tua nuova adolescenza!”.

E svanirono. E mi svegliai di nuovo. Sono sveglio, attento, mi guardo tutt’attorno - dove sono? – in cerca di un po’ di vento.
Parigi, tu lo sai, si dice che il lupo vive di vento. E io lo attendo, per avere in cambio la tua carezza: alita dal tuo fango un po’ di rezzo!


Nota I nomi delle taverne tratti dalla XII strofa del “Lascito”; “Io dormo, ma il mio cuore veglia”, qui rivisitato come gli altri brani biblici, è da Isaia; Dama Memoria è la personificazione del trattato citato nella strofa XXXVI del “Lascito”; “Hai reciso il filo della mia vita come un tessitore” è preso da Giobbe e già citato nel “Testamento” alla XXVIII strofa come “Godi, figlio mio, nella tua adolescenza”, tratto dall’Ecclesiaste, nella XXVII; il detto popolare “Il lupo vive di vento” è nella strofa II del “Lascito”.


Arazzi politici, danze selvagge, re folli

Commento musicale Pierre de La Rue, Autant en emporte le vent 

“Negli Arazzi di Alessandro Magno,seguendo l’interpretazione di Aby Warburg, vediamo ritratti nei panni di immaginari soldati macedoni il duca di Borgogna Carlo il Temerario e il suo esercito. La lotta contro gli ‘uomini selvaggi’, aggiungo io, è quella contro i francesi, rappresentati alla luce del Ballo degli Ardenti narrato da Jean Froissart. Nel 1393, infatti,quattro danzatori vestiti da ‘sauvages’ che si esibivano col re Carlo VI (che già mostrava segni di squilibrio mentale) erano finiti bruciati vivi nell’incendio provocato da una torcia portata dal fratello del re, Luigi d’Orléans”.

Così raccontavo nel mio corso Alessandro Magno e la sua leggenda (1996). Un arazzo in apparenza esotico, ma concretamente politico. Una danza per esorcizzare aspetti “selvaggi” e “demoniaci” mentre la “civiltà” era in preda alla follia non solo del re, ma delle atrocità della Guerra dei Cento Anni.

Raffinatezza e ferocia che mi avevano già attratto e disgustato nel '92, quando avevo scritto e rappresentato parte del mio dramma: 

VILLON

Tutta questa raffinata nostalgia

Trasudava di vernice fresca.

Dopo i tornei, i balli e i canti

Sarebbe venuta la macelleria.

Poi la noia,

La muffa

E ancora la nostalgia


Luca Traini