mercoledì 12 dicembre 2018

IL LIBRO, IL FILM, IL RECITAL: SILVIO RAFFO, "LA VOCE DELLA PIETRA"


La voce della pietra, Elliot Edizioni
Presentazione del libro di Silvio Raffo
Biblioteca Civica di Varese, giovedì 13 dicembre, ore 18
Interverranno con l'autore Vittoria Gnocchi, ex docente di latino e greco al Liceo Classico Ernesto Cairoli e Luca Trainiscrittore e curatore d'arte 

SilvioRaffo, il poeta, il maestro, il professore d’italiano che mi ha fatto amare la scuola quando quasi non ci speravo più. Questo giovedì leggerò brani dalla nuova edizione de La voce della pietra alla Biblioteca Civica di Varese. Rileggerò con grande piacere la sua scrittura preziosa come faccio dal 1981, quando mi regalò la Guida alla lettura della poesia italiana contemporanea.

Silvio Raffo ritratto davanti alla Christine de Pizan di Pina Traini (foto dell'autore).

"Quanto abbiamo vagato in questa selva –
quante penombre
abbiamo attraversato,
quanti fantasmi incontrato".

Silvio Raffo, da Maternale 


Al nostro fianco ci sarà la professoressa Vittoria Gnocchi (latino e greco). Con Silvio e la professoressa Rita Zumin (storia e filosofia) la trinità laica di tre meravigliosi anni di liceo. Mancano le parole, come al giovane Jakob, protagonista del libro. Il computer sottolinea in rosso quanto fatico a scrivere. E’ entrato misteriosamente in modalità inglese… Certo un rimprovero di Emily Dickinson, alter ego di Silvo, che ne ha curato la splendida traduzione dei Meridiani:

Tutte le poesie - Emily Dickinson - copertina

Quando morii – udii una mosca ronzare –
il silenzio nella stanza
era come il silenzio nell’aria –
fra folate di tempesta –


La Voce della Pietra, ricerca sovrumana del silenzio, cifra assoluta, abissale di ogni discorso. La comunione totale di un dialogo è silenzio. Nel romanzo il legame è viscerale, madre morta e figlio, dalla lapide tombale al muro della camera. La pietra dalla sapienza ancestrale e muta con cui cerchiamo di entrare in contatto dalla Cueva de Las Manos a Villa Rocciosa, dove tutto è ambientato nel 1961 dei grandi thriller in bianco e nero amati dell’autore.


"JAKOB: In certi punti il muro è quasi ansioso di crollare, come mi pare di percepire da un sommesso rantolo delle crepe: un sibilo lieve che ho addestrato il mio orecchio a cogliere attraverso lunghi esercizi di auscultazione. Il palpito della pietra ha un suo modo particolare di annunciarsi... Quando appoggio l'orecchio all'instabile superficie della terra, sento i fremiti di radici millenarie che s'intrecciano contorte in tenebrosi viluppi"

"VERENA: "La prima immagine a cui torna la mia memoria nel mosaico che mi accingo qui a ricomporre è una striscia di luce frastagliata, un disegno bizzarro formato dall'intrico di rami di poderosi abeti riflessi sulla ghiaia di un sentiero a un'ora serale dello scorso settembre"

Silvio Raffo, La voce della pieta


La matrice dell’opera è il Gothic anglosassone, ma io non posso fare a meno di fare il mio ingresso nelle pagine del romanzo con l’accompagnamento musicale per organo di Jehan Alain nel suo Jardin suspendu.


"VERENA: La sagoma della casa che quelle incredibili mura avvolgevano come in una morsa faceva pensare a un incrocio fra un sontuoso cascinale e un fortilizio. Grigia e duramente intagliata, tutta in pietra a vista... Non era possibile individuare una porta principale... Mi fermai incerta fra l'aia e il giardino ombreggiato da un'enorme magnolia. Mentre mi domandavo se fosse il caso di chiamare ad alta voce (ma chi? che cosa?) vidi alcuni veli colorati agitarsi come insegne luccicanti sotto i merli della torre"

"JAKOB: Non posso contare le notti che ho trascorso a osservare il cielo e il giardino da quando ha avuto inizio l'Era del Silenzio"

Silvio Raffo, La voce della pietra


Pausa. Lascio la voce a tre grandi esperti della scrittura per commentare la profonda, straniante bellezza dell’opera.
Muriel Spark: "Un gotico d’avanguardia di intensa potenza visionaria che avrebbe voluto scrivere Edgar Allan Poe".
Maria Corti: "Uno dei pochi romanzi destinati a restare nella storia della letteratura italiana di fine millennio".
Elio Gioanola: "Silvio Raffo è poeta destinato alla perfezione: la perfezione che non esiste".

File:Fernand Khnopff - The Veil.jpg
Fernand Khnopff, Il velo (1887)

"Dunque sarà tutta una vita agli argini,
alle soglie del giorno che si annuncia..."

Silvio Raffo, da Invano un segno


Verena, deuteragonista, ortofonista e nittalopa, ingaggia una lotta dolce e feroce con Jakob per strapparlo al dialogo muto coi morti. Nel nome di una “conversazione” che, in questo caso, è termine da usare anche in tutte le sue radici più sinistre. Il cognome della donna è D’Angelo. A noi si presenta come vergine serafica, al ragazzo in veste di messaggero diabolico. Quando penso a lei ho negli occhi il volto di Lili Boulanger, il desiderio struggente di Verena, strappare una vita al silenzio, diventa il Notturno di una compositrice morta a ventiquattro anni.


"VERENA: Non capisci che è stata la tua mamma a mandarmi qui?... Io sono un'umile ancella della tua Colomba"

"JAKOB: E' stato un errore guardarla come l'ho guardata prima di lasciare la sala: l'odio è pur sempre un sentimento, e lei lo ha colto nei miei occhi chiaramente. Non devo commettere altri errori. Soprattutto non devo dubitare d'essere io, comunque vadano le cose, quello che dirige le regole del gioco. Ho due poteri che lei ignora. Io ascolto la pietra, ricevendone i messaggi. E quello che scrivo, se non mi fermo a metà della pagina e non pronuncio parole umane, può facilmente avverarsi"

Silvio Raffo, La voce della pietra


Nel controcanto fra stili tipografici di queste pagine due certezze cercano di sgretolarsi, crepe nel muro di anime che vagano in un contesto allucinato e sospeso (la Storia è assente, come il padre, scultore, di cui restano le opere come fossili minacciosi). Gli altri personaggi (la zia materna di Jakob, la Guardiana, e il maggiordomo Alessio) sono apparizioni coerenti nel loro restare ai margini, coscienti di essere didascalie umane di un dramma lirico. Le note, l’aspirazione a dirigere l’orchestra, Verena. Pause, pause lunghissime, tendenzialmente eterne, Jakob. La madre morta, pianista, Malvina – stesso nome, mai casuale in quest’opera di corrispondenze, di una fanciulla curata un tempo da Verena e poi suicida - la vera direttrice dell’opera. Questione di nomi assegnati da voci, di uno schema perfetto nel suo gelo pulsante. Non fosse per l’entropia intrinseca a ogni equilibrio apparente. Nell’arte della scrittura è aprosdoketon, sovversione dell’inatteso. Tutta l’opera di Silvio Raffo è attesa dell’inatteso, di quel segno invisibile che rende concreto il segno della scrittura e allude alla  concretezza che siamo qui perché siamo altrove. Voliamo alti, come Nigro, il falcone di Jakob. La preda di cui restiamo prede è l’Assoluto.
E il pensiero va a Le acque profonde di Magritte, copertina della prima edizione (1996).

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"Della vita si apprezza sovente
più tardi del dovuto
l’intima leggerezza, il senso muto
di quel vuoto apparente"

Silvio Raffo, Quel vuoto apparente


Il film tratto dal libro ha incontrato la piena approvazione del romanziere e del sottoscritto. Prodotto dall’ultimo erede di una dinastia del cinema come gli Zanuck e diretto da un formatore di stuntman abituato a volare come Eric Dennis Howell, offre un esempio di rara eleganza e raffinatezza (è proprio il caso di dirlo) inconsueti nella produzione contemporanea. Emilia Clarke, non avevamo dubbi, veste perfettamente i panni di Verena, così come la promessa Edward Dring quelli di Jakob. Senza contare che il cast si avvale di due glorie del nostro cinema come Remo Girone e Lisa Gastoni, perfettamente a loro agio in questa atmosfera di perseverante stupore.


Ho lasciato in sospensione il romanzo, come si deve per un thriller soprannaturale. La suspense è una condizione degli spiriti che sentono troppo e rasenta la follia come la verità, due condizioni reali in attesa di definizione. Indefinibili come la poesia.
Quindi è giusto tacere. Lasciando le ultime parole al poeta.

File:Silvio Raffo.jpg

"Non sanno che ho trovato

il Luogo
dove il Tempo è già passato:
qui, dove gli orologi dell’Eterno
battono
mezzogiorno
estate e inverno"


Silvio Raffo, Poesie da Altrove