lunedì 29 dicembre 2014

PROBA (IV-V sec. d.C.): L'ULTIMA POETESSA DELL'IMPERO

Proba e le altre: cultura al femminile


Il ricordo dell'unica scrittrice latina di cui ci sia pervenuta l'opera
nelle parole del nipote console


Dicevamo: "Le vie del Signore sono infinite".
Solo lui “insegna a fondo unendo alla preghiera”.
“Edocet inmiscetque preces”. Suona così in latino.
E’ Virgilio.
E’ mia nonna.
Faltonia Betizia Proba, autrice di un centone di storia sacra fatto usando i versi di Virgilio: forse l’unica poetessa vera che vi è rimasta di tutta la letteratura latina.
Mica male, eh? 694 esametri perfetti, composti con paziente lavoro di ritaglio saccheggiando devotamente brandelli di “Bucoliche”, “Georgiche” e soprattutto “Eneide”. Roba da far impallidire i vostri futuristi!

File:Vergilius Vaticanus f71r - Les Vaisseaux changés en nymphes.jpg

Opera di gran moda: all’epoca si andava pazzi per questo genere di cose. Era una delle nuove forme in cui conciliare la tradizione di un grande passato tutto terreno col presente rivolto alla gloria dei cieli. Perfettamente in riga con le direttive più recenti dei Padri della Chiesa in materia: secernere il grano dal loglio. Questo sì, questo no. Via libera per Virgilio, che si diceva avesse anche profetizzato la venuta del Messia. Porte aperte quindi per il suo Enea, il “pio” per eccellenza.
E per mia nonna, che facendo parlare i nostri santi con la lingua degli eroi, dava nuovo corpo alle antiche virtù romane, garantendone ancora una volta l’origine divina.

File:Aratea 42v.jpg

Metà poema all’Antico Testamento: dalla Creazione al Diluvio. L’altra metà, per analogia fra questo e il battesimo purificatore, dalla nascita di Cristo all’Ascensione. E il cerchio si chiude.
“Suspiciens caelum. Tum facta silentia linguis”: “Alzando lo sguardo al cielo in silenzio”.
Proprio così. Mettendo insieme due metà versi, una presa dal dodicesimo, l’altra dall’undicesimo canto dell’”Eneide”. Un verso unico per descrivere Cristo, che rende grazie al Padre durante l’Ultima Cena.
E “dà di sua mano messi e acque di fonte”. “Dat manibus fruges dulcesque a fontibus undas”. Qui la seconda  metà l’ha pescata dalle “Georgiche”.
Eh, le nostre donne le facevamo studiare noi! Leggevano Omero e condannavano Elena; godevano Virgilio e così evitavano di fare la fine di Didone. Una, Demetriade, sarebbe diventata anche santa. Che morale di classe!

File:Martianus Capella grammaire 2.jpg

Guarda, te lo dico subito: non credo che San Gerolamo si riferisse alla nonna quando parlava di “vecchie chiaccherone” e diceva che i centoni erano “roba da bambini” perché Virgilio c’entrava poco col Vangelo. Primo, perché era intriso di cultura classica fino al midollo pure lui anche se non ci dormiva la notte. Secondo, perché quasi certamente si riferiva a chi vedeva già nelle sole raccolte di versi virgiliani delle vere e proprie profezie cristiane, se non addirittura ad altre donnette, che avevano scimmiottato lo stile di Betizia. Terzo e non ultimo, perché le critiche le aveva spedite a Paolino vescovo di Nola, altro santo e nostro ennesimo parente (che, tanto per cambiare, avrebbe riscritto in metro classico i salmi).

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