Proba e le altre: cultura al femminile
Il ricordo dell'unica scrittrice latina di cui ci sia pervenuta l'opera
nelle parole del nipote console
Dicevamo: "Le
vie del Signore sono infinite".
Solo
lui “insegna a fondo unendo alla preghiera”.
“Edocet
inmiscetque preces”. Suona così in latino.
E’
Virgilio.
E’
mia nonna.
Faltonia
Betizia Proba, autrice di un centone di storia sacra fatto usando i versi di
Virgilio: forse l’unica poetessa vera che vi è rimasta di tutta la letteratura
latina.
Mica
male, eh? 694 esametri perfetti, composti con paziente lavoro di ritaglio
saccheggiando devotamente brandelli di “Bucoliche”, “Georgiche” e soprattutto
“Eneide”. Roba da far impallidire i vostri futuristi!
Opera
di gran moda: all’epoca si andava pazzi per questo genere di cose. Era una
delle nuove forme in cui conciliare la tradizione di un grande passato tutto
terreno col presente rivolto alla gloria dei cieli. Perfettamente in riga con
le direttive più recenti dei Padri della Chiesa in materia: secernere il grano
dal loglio. Questo sì, questo no. Via libera per Virgilio, che si diceva avesse
anche profetizzato la venuta del Messia. Porte aperte quindi per il suo Enea,
il “pio” per eccellenza.
E
per mia nonna, che facendo parlare i nostri santi con la lingua degli eroi,
dava nuovo corpo alle antiche virtù romane, garantendone ancora una volta
l’origine divina.
Metà
poema all’Antico Testamento: dalla Creazione al Diluvio. L’altra metà, per
analogia fra questo e il battesimo purificatore, dalla nascita di Cristo
all’Ascensione. E il cerchio si chiude.
“Suspiciens
caelum. Tum facta silentia linguis”: “Alzando lo sguardo al cielo in silenzio”.
Proprio
così. Mettendo insieme due metà versi, una presa dal dodicesimo, l’altra
dall’undicesimo canto dell’”Eneide”. Un verso unico per descrivere Cristo, che
rende grazie al Padre durante l’Ultima Cena.
E
“dà di sua mano messi e acque di fonte”. “Dat manibus fruges dulcesque
a fontibus undas”. Qui la seconda metà l’ha pescata dalle “Georgiche”.
Eh,
le nostre donne le facevamo studiare noi! Leggevano Omero e condannavano Elena;
godevano Virgilio e così evitavano di fare la fine di Didone. Una, Demetriade,
sarebbe diventata anche santa. Che morale di classe!
Guarda,
te lo dico subito: non credo che San Gerolamo si riferisse alla nonna quando
parlava di “vecchie chiaccherone” e diceva che i centoni erano “roba da
bambini” perché Virgilio c’entrava poco col Vangelo. Primo, perché era intriso
di cultura classica fino al midollo pure lui anche se non ci dormiva la notte.
Secondo, perché quasi certamente si riferiva a chi vedeva già nelle sole
raccolte di versi virgiliani delle vere e proprie profezie cristiane, se non
addirittura ad altre donnette, che avevano scimmiottato lo stile di Betizia.
Terzo e non ultimo, perché le critiche le aveva spedite a Paolino vescovo di
Nola, altro santo e nostro ennesimo parente (che, tanto per cambiare, avrebbe
riscritto in metro classico i salmi).
Luca Traini (tratto da Il Dittico di Aosta)
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