Quanti imperatori salirono al cielo?
Quante lacrime caddero
da un pezzo di legno
da una statua di pietra?
Nota
Ne avvistarono davvero tante, specie alla vigilia delle elezioni del
'48. La mia però assicurava che la sua stirpe di avvistatori ne aveva
adocchiata una anche prima, una primavera (la sua stagione) qualche anno dopo la Grande Guerra, in riva al fiume Ete Vivo, ai limiti di Ponzano di Fermo: Madonna della
Catasta.
Ricordo lo scheletro di quella chiesa voluta da contadini – “E chi po’
vede’ mejo lu cielu de chi zappa la terra?” – bruciata proprio negli anni ’40
(vd. nel sito dei Beni Culturali delle Marche).
Roma val bene una messa, anche se andata in fumo.
Ora starebbe meglio in riva all’Ete Morto, quello che confluisce nel
Chienti più vivo che mai a Casette d’Ete, posto prima a casa di dio e poi di
Diego Della Valle, che da lì cominciò la sua ascesa (come imprenditore).
Dopo tanto misticismo e tanta propaganda (dall’età romana e oltre)
resta lo sguardo commosso di fronte ai resti di una religiosità popolare
che, diversamente dagli astronauti, attendeva una qualche discesa dal cielo come
vento a refrigerio di tanto sudore.
Quanto alla deificazione degli imperatori, post mortem (ma non sempre), fu pratica comune in età romana fino al cristianesimo. E cristiani e pagani fecero a gara nel vedere tracce del dolore umano su statue di legno e di pietra.
Quanto alla deificazione degli imperatori, post mortem (ma non sempre), fu pratica comune in età romana fino al cristianesimo. E cristiani e pagani fecero a gara nel vedere tracce del dolore umano su statue di legno e di pietra.
Foto e poesia di Luca Traini
Nessun commento:
Posta un commento