domenica 30 marzo 2025

LUCA TRAINI BLOGSPOT: 2.500.000 VISUALIZZAZIONI

Viva la complessità! Basta essere chiari. Vivere in profondità con passione e studio passato e presente in vista del futuro senza mai dare nulla per scontato e condividerlo con chiunque abbia interesse a partecipare al patrimonio di bellezza in cui siamo immersi, che è per tutti.

Evitare la banalità non è così difficile: importa cercare la comprensione di quanto non sembra attuale e invece lo è. Il filo conduttore è la speranza, andare oltre gli orrori del passato perché il futuro sia una memoria serena e partecipe: tempo di ricordare e vivere il meglio di quello che siamo.

I tempi remano contro? Ragione in più per continuare. Offrire orizzonti più ampi può sempre servire per evidenziare e andare oltre piccoli spazi e paesaggi di comodo. Essere Homo Sapiens - ma sarebbe più giusto dire Donna Sapiens, data la nostra Eva Africana (Rita Levi Montalcini docet) - è una responsabilità che ci riguarda da decine di migliaia di anni, perché abbiamo avuto in dono dalla natura un peculiare tipo di autocoscienza.

Consapevoli di essere signori di niente, possiamo diventare persone capaci di dare nuova vita a quanto sembra in apparenza virtuale e in realtà scolpito sulla roccia, cercando di levigare l’ennesimo specchio a cui dare luce.

Ancora una volta: arte, prosa, poesia, teatro, storia, filosofia, musica, sport, fotografia e nuove arti.

Inquadrate in buona parte nel mio libro di recente pubblicazione La nostra civiltà è un sogno ad angolo retto, che ho avuto l’onore di presentare con successo al Festival Glocal nel museo di un grande artista e caro amico: la Fondazione Marcello Morandini.

Una prospettiva che ci riguarda. Per questo presto ogni volta attenzione. E continuo a cercare

Luca Traini

lunedì 6 gennaio 2025

ANDRÉ VILLERS: PICASSO E GLI ALTRI Dialoghi in bianco e nero

Commento musicale Eliane Radigue, Occam Ocean 

Ripropongo i dialoghi che avevo scritto per la mostra REFLEXions dans les chambres d'André Villerscurata da Debora Ferrari e dal sottoscritto ad Aosta nel 2008 e dedicata al nostro caro amico André, fotografo personale di Picasso e di altri grandi artisti del Novecento, scomparso nel 2016 e di cui ricorrono i 95 anni dalla nascita.

Poiché avevamo dato priorità alla parte antologica, il testo non era stato inserito nella pubblicazione del nostro Album Vilers ou l'imaginaire portatif. Scritto a mano, letto durante la presentazione del catalogo al Salone del Libro di Torino dello stesso anno, si era perso nella massa cartacea del grande lavoro di preparazione.


GIORNO DI FESTA

Picasso

Oggi è un giorno di festa. Ogni opera d’arte è un giorno di festa, per i vivi, per i morti. Ci permettiamo il lusso di scordare che tutti i colori sbiadiscono.

Prévert

Come il tabacco che diventa cenere. Un’altra sigaretta, la scintilla di un nuovo amore e il fumo che non si vede nel bianco del cielo di una fotografia. Bianco e nero come i sogni più belli: non è vero, André?

Boulez

Rispondo in foto a nome del fotografo, permettendomi di scordare anche gli strumenti. Convertendo in musica la vostra conversazione nel mio “Dialogo dell’ombra doppia”, per clarinetto.

Le Corbusier

Considerando la lentezza della velocità del suono rispetto a quella della luce forse avremo tempo di progettare una nuova città ancora più umana. Se resta solo sulla carta, Picasso la abiterà con i suoi schizzi. Ogni nuvola, un verso di Prévert.


REFLEXions

Cocteau

Si discute di città e poi si finisce a parlare del proprio studio o di un qualsiasi luogo dove esporre, esporre noi, quei caleidoscopi che siamo e cerchiamo di fissare in un’immagine che però contempli tutti i suoi cambiamenti. Ecco che allora, Pablo, io vorrei una città che sia tutte le città a seconda dei punti di vista. Da sud è Parigi, da nord è Roma e così via. Ma resta la Città, una, una città mutante.

Picasso

Io, Jean, mi accontenterei anche solo di una città in mutande. Mutande semplici e bianche come quelle che porto io e non mi vergogno di mostrare, come i bambini. Quando tornerò finalmente a disegnare come un bambino… E poi lo sai bene anche tu che in questo momento ci sentiamo come loro, dentro un’opera d’arte. Sempre felici come bambini nella quadratura del cerchio dal nostro Villers.

Simone De Beauvoir

La felicità è un figlio desiderato e non imposto. È una città dove anche le donne costruiscono con gioia, mattone dopo mattone come nella “Città delle donne” di Chistine de Pizan. Per questo il vostro vicino di casa Fernand Léger dovrà dipingerle fianco a fianco dei suoi muratori. Nella mia riproduzione in foto di André, nei miei occhi leggi anche i mei libri: resteranno progetto definito e concreto di architrave dell’essere umana e donna.

Xenakis

Saffo o Anattoria per te, Simone, le donne di una Grecia libera che mi costarono letteralmente un occhio della testa. La mia musica per la metà del volto che ho perso per la Resistenza, ricostruito ad arte e fatto proprio dalla foto di André. Il fotografo ha conosciuto il sanatorio, sa bene quanto sia luminosa anche la parte lasciata in ombra. Più di qualsiasi arma che pretenda di deformarci, infinitamente più bella la realtà, l’immagine di lei, la melodia, il ritmo che siamo coscienti di amare.


TEMPI DI DANZA

César

André ci ricorda che siamo presenze che affiorano, per dire qualcosa di più oltre il moto ondoso che finirà per sommergerci. Lo sfasciacarrozze ha già composto per chi vorrà diventare direttore d’orchestra e io, che emergo grazie a uno spruzzo di acido rivelatore, ho compresso macchine, automobili come noi, perché forse anche noi siamo un assemblaggio degno di memoria.

Picasso

Ho danzato fra un’opera e l’altra anche quando crepavo di fame. Periodo rosa, periodo blu, ma ogni volta c’era quella specie di pausa musicale che è la vita. Una canottiera, un paio di calzoncini e poi l’esposizione in mostra, alla luce dove le opere parlano ormai sazie come l’autore. Quando diventi storia dell’arte e sei vivo, vuol dire che hai mangiato.

Clouzot

Una danza di 24 passi al secondo per vincere il Premio Speciale della Giuria a Cannes. Dovrà esserci una capra, che tu dipingerai e io riprenderò a colori da questa notte che sembra gravare sul set. Luce artificiale, montaggio, postproduzione. Come la vita, la vita di un genio o due quando l’attimo della creazione non ci fa più soffrire. La capra sembrerà sul punto di belare dal dipinto nel film, come il nostro dialogo muto in apparenza nella foto, in attesa del sonoro al cinema.

Ionesco

E io non smetto di saziarmi della danza dei “capelli d’angelo” che André ha rielaborato vis-à-vis in camera oscura. Tutto sembra così chiaro e invece tutto è assurdo. Assurdamente bello vivere, mangiare ed essere riprodotti su ogni foglio di carta.


Commento musicale Eliane RadigueL’Île Re-Sonante 







ARTI QUOTIDIANE

Picasso

La conquista del quotidiano, la più difficile per un artista. Dipingere una casa. La casa. Ma le sue linee devono compensare quelle di un cardiogramma. Tetto, pareti, finestre, contenere tutte le vertigini di quegli impulsi e non darlo troppo a vedere, sennò i vicini, il prossimo, si spaventa. Il fuoco, uscendo dal camino in forma di fumo, continuerà il suo dialogo col cielo. E sulla terra, qui, a Mougins, sarà come condividere sigarette con amici. Parlando del più e del meno che fa battere i nostri cuori.

Hans Hartung

La conquista dell’arte ogni giorno, Pablo. Specie se una patria te la marchia come “degenerata” e devi combatterla in una guerra vera, in una legione straniera, perdendo l’uso delle gambe. La meravigliosa ciclicità del vivere, allora, è questo rullo che stendo su ogni tela per incidere i miei graffi. André lo sa che io cerco di strappare in questo modo al tempo della storia i suoi perché. Non spreca inutili parole, richiede azioni precise la nostra vita, la nostra arte.

Michel Butor

Anch’io che prendo forma nella foto e scrivo non perderò tempo. Metro dei versi: 0,75 litri. La misura concordata con André per il progetto Bouteilles de Survies. Bottiglie di sopravvivenza, perché non si vive di solo pane ma anche di quelle acque intellettuali care agli antichi filosofi, meglio se vino. Bere poesia: la cerimonia giusta oggi per consacrare pensieri, parole, opere a un tempo diverso da quelle due lancette in  competizione.

 

FORME NECESSARIE DEL SOGNO

Picasso

Evocatemi pure la metamorfosi, il sogno, il gioco e vi ringrazierò. Ma fate bene attenzione anche mentre facciamo un autoscatto io e il giovane André. Sognatori, la vostra carezza impalpabile per me è come trovarmi concretamente in Africa: comprendere la vita di ogni maschera e poi tornare in Francia a combattere ogni colonialismo, convinto dall’eredità più onesta del mio continente. Esperti dell’incubo che può diventare sogno, utopia, lotta per una realtà migliore, è dai tempi del cubismo che rimetto in discussione le vecchie prospettive. Da Guernica alla Colomba della pace, da un esilio di cui non vedrò la fine, io ricerco da sempre un punto di vista più alto certo della bellezza del mondo.

Max Ernst

Le mie mani quando accarezzano hanno unghie così lunghe che possono graffiare. Sogni o incubi, lasciano sempre un segno. Sta a noi, Pablo, a tutte le tecniche da inventare, cercare la strada per ricomporre grafie che altrimenti restano dentro come ferite aperte. Se il viaggio andrà a buon fine, la Loira disvelerà ancora una volta un bellissimo corpo di donna. Parola del mio sorriso e di questi capelli bianchi fotografati liberi e scarruffati al vento.

Hans Arp

Io accarezzo sempre le mie opere, perché hanno le forme tonde e sinuose della vita. Le scolpisco, le accarezzo e le lascio subito andare, perché la vita è inafferrabile. Ogni giorno cerco di rinnovare la mitosi di queste cellule e lascio prendere loro la forma dei miti ancestrali che sono dentro di me. Devi sentirle come ho scritto in poesia: “Lamentarsi, cantare, gemere, sospirare”. La cura che riservo a queste esistenze che vanno oltre la mia è la risposta alle forme imposte dagli orrori della storia. Il caso mi ha dato questa necessità.

Joan Mirò

“Noi ci salviamo in giochi più profondi”, Pablo: l’ha scritto Arp. E ci sono anche donne che hanno 100 teste -  Max ne ha fatto un romanzo-collage. Facciamo 1+1 e prima della somma inventiamo una nuova matematica. Usciamo dalla nube degli atomi come nella mia foto in bianco e nero. I colori poi daranno un’altra presenza. Quella dei bambini che fanno un mosaico di tutti i sassi colorati di Pollicino e poi lo disfano subito per dar vita a un altro. Tu resti in Francia e io torno dove la Spagna è meno Spagna nel ’40, a costruire labirinti dove giocare con biglie sempre di nuovi colori. Mi servono 35 anni per vincere la dittatura di Franco. Poi vince anche l’arte.


TRATTI, RESPIRI E ALITI DI VENTO

Picasso

C’è un ultimo ritratto che ho lasciato alla tela un anno prima della morte. Dopo tante opere dedicate all’amore ho visto in faccia proprio lei. E forse non era qualcosa di diverso. Ogni passione ha la sua sindone. Ogni tratto dipinto, per quanto fluido, conosce il gelo quando è compiuto. È una questione di passaggio di stati. Chi vedrà il quadro, se lo ama, riattiverà la chimica dell’arte.

Fellini

André mi ha fotografato per strada, per La strada. E in ogni tratto di strada, quando sono in crisi, trovo te, Pablo, come compagno di viaggio. Eppure ci siamo visti una sola volta a Cannes, forse era il ’61. In sogni a occhi aperti non so quante altre, perché cerco di riprendere ogni scena muovendo i macchinari come un pittore cubista. Ti dedico la mostra contemporanea di artisti antichi nel mio Satyricon. Lascio agli spettatori tutte le illusioni della realtà, dello schermo. Noto che muori ma io tornerò a trovarti, in un’altra Prova d’orchestra. E questa volta non dovremo abbattere muri.

Léo Ferré

Parli del futuro in una foto, Fellini, ma io di muri ne avevo già abbattuti tanti prima che tu cominciassi a fare film. Perché le note possono abbattere ogni muro. E se ci riescono diventano canzoni. D’amore e di anarchia: quelle pareti devi averle già infrante dentro di te. Poi torna il tempo, che gioca a farci costruire, costruire anche inutili difese contro di lui. Respira, Leo, respira quest’aria di Toscana. André ha trattenuto il respiro per fare questa foto. Respira anche per lui. È come una pausa in un’altra canzone. La stessa di quando altri canteranno le tue.

Alexander Calder

Tu non sai quanto ho dovuto respirare, Leo, quando giocavo a football o a lacrosse. Amici che avete nel cuore l’Europa, ricordate uno sportivo americano che finì a Parigi per fare giocattoli e si ritrovò a doversi inventare un circo in miniatura per tirare avanti da una costa dell’Atlantico e l’altra. Arte portatile, come il mio amico Duchamp. Questione di correnti, oceaniche. Sennò perché fare il fuochista in una nave che aveva il mio stesso nome? Al largo del Guatemala ho visto nello stesso tempo il sole sorgere e la luna tramontare. E chi siamo allora per diventare artisti? Plasmiamo, attenti al ritmo, al respiro: se una cosa cade, l’altra sale. Quindi continuiamo a costruire. Statue ben piantate per terra e poi altre che si alzano in volo, mobili come rami leggeri e foglie al primo colore. Sto parlando di questo mentre mi fotografa André. E il respiro non muore se un’immagine è la sua. Tu sai che basterà un soffio o un alito di vento a far danzare ancora una volta la vita che hai scolpito.

Luca Traini


Mentre leggo ALBUM VILLERS al Salone del Libro di Torino (2008)

lucatraini.blogspot.com/2012/09/andre-villers

lucatraini.blogspot.com/p/arte

lucatraini.blogspot.com/p/press

domenica 15 dicembre 2024

RESURREZIONE E MORTE DI JEAN-ANTOINE WATTEAU

Presentato su Rai2 nel 1997 fr.wikipedia.org/wiki/Antoine_Watteau

"Luca Traini ha creato una combinazione davvero curiosa e molto suggestiva: ha messo insieme il teatro e la pittura.

Ha dato la parola ai ritratti di gente sepolta da secoli e li ha fatti dialogare con i pittori che li hanno dipinti

o con altri personaggi dei quadri usando uno stile lirico e rarefatto, delicatissimo"

Dacia Maraini, Amata scrittura, Rizzoli, Milano, 2000

Prima di lavorare come curatore d’arte ho scritto diversi drammi su artisti a me cari. Quello che propongo è stato composto nel dicembre 1989, accompagnato dalla furia degli elementi di Rebel temprata dalle armonie di Rameaurecitato a teatro l’anno successivo e trasposto in mediometraggio nel ‘96. Nel 1997, ospite del programma RAI Io scrivo, tu scrivi presentato da Dacia Maraini, ho letto parti dell’opera alternandole alla messa in onda di spezzoni del video.

La stessa Maraini ha riassunto il suo giudizio nel capitolo che mi ha dedicato in Amata scrittura, (Rizzoli, 2000): “Luca Traini ha creato una combinazione davvero curiosa e molto suggestiva: ha messo insieme il teatro e la pittura. Ha dato la parola ai ritratti di gente sepolta da secoli e li ha fatti dialogare con i pittori che li hanno dipinti o con altri personaggi dei quadri usando uno stile lirico e rarefatto, delicatissimo”.

La particolare originalità del testo consiste nel fatto che l’azione drammatica vede il protagonista dialogare post mortem direttamente con i suoi quadri (a teatro mi rivolgevo alla proiezione delle opere per intero e in dettaglio con lo voci fuoriscena dei personaggi dipinti).

Il senso della rappresentazione consiste nel richiamare l’irrevocabile, tragico distacco fra la vita dell’artista e quella delle sue opere: la prima destinata alla morte, la seconda all’immortalità congelata delle persone in carne e ossa che hanno fatto da modello.

Contesto, il raffinato labirinto di maschere in cui la Francia della Régence (1715-1723) cercò nella prospettiva di Watteau (1684-1721) un’eternità tutta umana, cosciente della propria fragilità, di quel gioco di contraddizioni tanto lontano dalla precedente “gloire” del Re Sole quanto dalle future certezze dei Lumi, ma così attuale.

Il dialogo sospeso fra un pittore scomparso e le sue tele consegnate alla vita degli altri, alla Storia, è figlio dello spirito di quei tempi, ma anche di una condizione esistenziale più ampia: il rapporto fra essere umano e  cose che dice sue e altri poi chiamano “arte”.

Domande senza risposte. Realtà sognanti.

Ognuno dei 16 Quadri di cui si compone l’opera viene alla luce con l’inizio di un brano musicale dell’epoca.


Prologo

Appare "Antoine Pater".


In lontananza: 
 Tombeau pour Mr. de Lully di Marin Marais.



Antoine Pater

Signor Jean Antoine Watteau

A nome mio e di questo gelido volto di pietra su cui poso la mano

A nome di questi occhi certo non miei ma vostri

A nome di questa lunga parrucca bionda

Voi che tanto avete amato la maschera

A nome di questi bottoni che voi

E voi soltanto

Avete impedito di pagare quale obolo a Caronte

A nome di questa tenebra che la vostra mano ha reso così dolce

A nome mio e di questa luce non più mia né vostra

Addio

Vostro Antoine Pater

Che vi destò un certo interesse a trent’anni

E di cinque vi precede nella tomba


Silenzio.

“Antoine Pater” svanisce.


Quadro 1/15

Luce. Sulla destra della scena Watteau, pallido e sudato. Veste una camicia slacciata che pende da un paio di calzoni a mezza gamba. Accanto a lui una sedia nera - o di paglia - sulla quale di tanto in tanto si riposerà.

Watteau

Io sono Jean Antoine Watteau

Morto di tubercolosi il 18 luglio 1721

Battezzato il 10 ottobre 1684

Anche se non ricordo con esattezza

Il giorno in cui sono nato

Uno degli artisti più amati del mio tempo

Ma

Con estrema fatica

E dolore

Faccio ritorno alla vita


Appare "Gilles".












Gilles
Come sei triste Gilles
Gli ultimi giorni a Parigi
Prima di fuggire
Li abbiamo passati insieme
In un buio scantinato

L’uomo a cavallo dell’asino
Niente paura creatore
Facciamo noi la guardia al suo Gilles

Watteau
Gilles mi sei venuto alla luce
Che quasi ero cieco

L’uomo vestito di rosso
Strana bestia l’asino
Occhi nobili di pietà
Intelligenti

La donna
Povera piccola bestia
Non scalciarmi
Non scalciarmi

Watteau
Guarda l’uomo col cappello a cresta che ho dipinto dietro di te
Pieno di stupore
Ma tu Gilles
Sei così lontano

L’uomo a cavallo dell’asino
Non ride
Non piange
Forse attende una carezza dagli alberi
Ma vedete
Vedete le fronde sono ancora lontane

Watteau
Non ride e non piange
Forse una foglia un fiore
Che non ho dipinto

L’uomo a cavallo dell’asino
Guardate il mio asinello
Anche gli animali piangono sapete?
Ma l’occhio resta lucido
Come quello di un pittore

Watteau
La maschera resta sospesa e non piange
Le mani disegnano mani con la sanguigna
I disegni restano segni senza colore

Chiudi
Chiudi quegli occhi ragazza

Il quadro è finito


"Gilles" svanisce.


Quadro 2/15

Appare "Il contratto nuziale in campagna".

Crescendo musicale del Primo Movimento della Suonata No.2 per Violino di Élisabeth-Claude Jacquet de La Guerre



Curato

Facendo silenzio Allora benedetti signori

Questo contratto di matrimonio

Lo vogliamo firmare?


L’uomo con la parrucca bianca

Signor curato

Qui ognuno pensa ormai alla festa

L’unione è benedetta da Dio e da questa bella giornata

Fate ballare questa benedetta penna


Fidanzato

Che hai mia cara?


Fidanzata

Il signor curato ancora non ha messo la firma

Sulla testa mi pesa

La corona di fiori


Riprende la musica con la Suite No.3 in A minor di Élisabeth-Claude Jacquet de La Guerre.

"Il contratto nuziale in campagna" svanisce.


Quadro 3/15

Appare "Arlecchino galante". Stormire di fronde.

In lontananza: Jean-Féry RebelTombeau de Monsieur de Lully



Arlecchino

Rivolto alla donna dipinta alla sua destra. Non copritevi il seno

 

La donna sbigottita

Oh Arlecchino

Il volto la maschera

Scompare nell’ombra

Sembrate un corpo senza testa

 

Arlecchino

Avete la mano sul cuore

 

Erma solitario

Dipinto in mezzo alle fronde, sopra i due.

Con voce lieta. Sono di marmo

Con voce triste. Sono di pietra

 

L’uomo seduto col cappello rosso

Rivolto alla ragazza seduta con un libro aperto in mano.  E’ un gioco signorina

 

La ragazza seduta

Sono pagine bianche signore

 

L’uomo seduto col cappello rosso

Non scherzate

E’ un libro aperto

 

La ragazza seduta

Vi sbagliate

Sono solo pagine bianche

 

L’uomo seduto col cappello rosso

Non sono pagine aperte a caso

Sono poesie d’amore

 

La ragazza seduta

Continuate a voler credere

In qualcosa che non c’è

Sono solo pagine bianche

 

L’uomo in piedi appoggiato all’albero

Sono triste

Sono affranto

Non ho più voglia di vivere

 

Arlecchino

Sempre rivolto alla donna di prima. Signora sentite

Quant’è fredda la pietra

E quale calore emana il mio corpo.


"Arlecchino galante" svanisce.


Quadro 5/15

Appare "Un passo falso"



Watteau 
Rivolto all’amante dipinto mentre tenta goffamente di baciare una ragazza che lo respinge.
Un passo falso
Un passo falso
Non dovevi
Non dovevi
Giura di non farlo mai più

L’amante ridicolo
Vi amo
Datemi un bacio

La ragazza del rifiuto
Con disprezzo.
Siete ridicolo

La mano sinistra della ragazza del rifiuto
Prenderò la terra
Gliela sbatterò sul muso
Così non mi vedrà
Diverrò brutta come una strega

L’amante ridicolo
La vostra pallida carne...

La mano sinistra della ragazza del rifiuto
Un pugno di terra
Questo bacerai

La mano sinistra dell’amante ridicolo - Voglio stringerti
Voglio toccare
Mi scappi
Mi eviti

Luce.

Watteau - Stupido amante
Troppo abbronzato
Troppi giorni a piena luce per il corpo di lei
Fossi rimasto nell’ombra 

Il quadro svanisce

Nessuna pietà
Nessuna via di scampo 


Quadro 6/15

Appare "La famiglia di Mezzettino"


















Mezzettino
Rivolto a Watteau, cantando.
Avanti creatore
Non siate così triste
La vita è bella
Ora c’è luna ora c’è sole

Watteau
Io sono morto

La moglie di Mezzettino
Rivolta a Watteau.
Come siete triste signore
Il canto del mio candido marito non v’allieta?

Il seduttore
Tiene la testa appoggiata alla spalla destra di Mezzettino e si rivolge alla figlia di questi che stringe un cagnolino.
Dai
Se il tuo bel pittore è morto
Io sono ben vivo
Non fare gli occhi tristi
E sorridi
Come faccio io

Watteau
Sorridi ragazzina
Sorridigli non mi fai un dispiacere
E’ un giovane di belle speranze
Dalle labbra rosse

Mezzettino
Antoine Antoine
Se hai messo una rosa fra i neri capelli di mia figlia
Non deve appassire
Se pena le stringe il cuore
Quasi lo soffoca il cagnolino
E se stringesse l’amante invece
Mi darebbe nidiate di figli

Watteau
In un improvviso scatto di collera.
Crescete e riproducetevi!

Breve pausa. Si riprende. Cupo.
Falso
Falso

La figlia di Mezzettino
Poca allegria signor Watteau
Vi amo
E son morta come voi su questa tela
E non piango per amore
O la vostra cara morte
Perché tutti ci avete condannato
Noi tutte larve impastate di colore
Che mai la vita la vostra
Vissuta per quasi quarant’anni
Abbiamo assaporato
Neppure privati di essa
Fantasmi
Fantasmi condannati a perpetua
Splendida
Morte

Il seduttore
Quante sciocchezze sciocchina
Solo per darvi un tono
Se il creatore è morto peggio per lui
Io sono ben vivo

Mezzettino
Adirato con quest’ultimo.
Non è vero seduttore da quattro soldi!

Vedete signor Watteau
Di questo ci si può disperare
Che nessuna pietà
Nessuna
Può giungere a chi è morto
Da chi mai nato
E’ nato morto
Vedete anche voi
Non è un gioco di parole
La sinistra è pronta Si riferisce alla posizione delle sue mani sulle chitarra.
Ma la destra è sul punto di suonare
E non lo farà mai


Watteau
Abbattuto, rivolto al ragazzo vestito di rosso alla sinistra di Mezzettino.
E tu
Non dici nulla?

Il ragazzo vestito di rosso
Che posso dirvi?
Con un sorriso vi compiango
Perché tornaste da morto
A essere più triste che in vita

Watteau
E’ vero
E’ colpa mia

Mezzettino
Tornando a cantare.
Forse di nessuno è la colpa
Ma la vita
Così bella
Ora c’è luna
Ora c’è sole

Ora c’è luna

Ora c’è sole


“La famiglia di Mezzettino” svanisce.


Quadro 7/15

Appare “L’imbarco per Citera”.

Esistendo due opere con questo titolo si è qui prescelta la versione presente al Louvre.


















Watteau

(in uno scatto di entusiasmo) Partiamo

(si placa subito) Esitanti amor mio

Preghiamoci l’un l’altro

Su alzati

E’ tempo di partire

 

Il Fanciullo

(tirando per la gonna l’amata)

Svelta signorina

Che è tempo di morire

 

Amante

(che l’aiuta a rialzarsi)

Non è vero amor mio

Là ci ameremo per sempre

 

Il Fanciullo

Svelta signorina

Che dovete morire

 

Amante

Il vascello vi assicuro

E’ rivestito di un drappo rosso come l’amore

 

Coro dei Cupidi

Nudi e immortali

Vestiti a festa

Morti

 

Erma con rose e frecce

Gelo

 

Watteau

Rose

 

Erma con rose e frecce

Gelo

 

Watteau

Faretra e frecce

 

Erma con rose e frecce

 Gelo

 

Watteau e l’amante in ginocchio

Destiamoci amor mio

Che è tempo di morire

 

Watteau - Un sogno

E’ tutto un sogno

 

Il battelliere

Agli amanti, con solennità.

Partite per amarvi e morire?

 

Coro degli amanti

 

Coro dei cupidi

Nudi e immortali

Vestiti a festa

Morti

 


“L’imbarco per Citera” svanisce.


Quadro 9/15


Appare "L'indifferente"

In lontananza: François Couperin, Les barricades mysterieuses

 


Watteau

 Porti una rosa sul cappello

Una rosa per ogni scarpa

E nella destra che tieni?

Certo un esile invisibile fiore

Ma la sinistra?

Un semplice atto

Non ho più fiori per la tua sinistra

 

Indifferente

Oblio Antoine

Nulla m’interessa

A tutto sono indifferente

Alla tua morte resto indifferente

 

Watteau

Ti ho creato morto ragazzo

 

Albero (dipinto alle spalle dell’indifferente)

Questo giovane cilestrino

Neppure mi degna di uno sguardo

 

Watteau

Lo so

Lo so

 

Albero

Sembra accennare un passo di danza creatore

 

Watteau

La natura e il cielo sono evanescenti

 

Indifferente

Tutto mi è indifferente

 

Watteau

Il colletto ti soffoca

 

Indifferente

Ti sbagli creatore

Io misuro la nostra distanza

E’ un filo esile invisibile

Ecco si sta già spezzando

 

Watteau

Ho slacciato la camicia

Mi sentivo soffocare

 

Indifferente

Antoine Antoine

Tu sei morto

 

La musica si spegne, “L’indifferente” svanisce.



Quadro 12/15

Appare "La Finette"



Watteau

Ricordo un ballo

Noi e la "Chaconne" del signor De Visée

Automi impalpabili

Un quadro danzante per la vostra tiorba, signora

 

Per alcuni secondi si avverte in lontananza l'eco dei primi accordi della musica, sempre più evanescenti, fino a scomparire.

 

(cercando di vincere il silenzio) Ti vesto dell’abito più bello

Ma il prezzo per vincere l’oblio lo conosci anche tu


La Finette

Antoine

Antoine

Ascolta

 

“J’avois juré de n’aymer plus"



"La Finette" svanisce.

[...]


Luca Traini