sabato 28 dicembre 2019
Antonio Cereda,“STREET ART Segno dei tempi”: un nuovo libro di fotografia d’arte TraRari TIPI
domenica 22 dicembre 2019
VILLON
Dal dramma al romanzo teatrale (1992-2010) Frammenti
L'incontro con Enguerrand Quarton: il quadro della situazione
Commento musicale Jacob Senleches, La Harpe de melodie
Alla corte di Renato d'Angiò: pastorale senza lieto fine
Commento musicale Johannes Susay, Prophilias
Meung: Prigioniero del Romanzo della Rosa, prigioniero delle sue spine
Commento musicale Jehan Vaillant, Par maintes foys
Dessus riviere ou sus estan,
Qui beaulté ot trop plus qu'humaine"
"Eco parlante quando vaga
Un frastuono su fiume o stagno,
Che bellezza ebbe più che umana"
Ironia della storia, Villon viene arrestato e incarcerato a Meung-sur-Loire, la città di Jean, il poeta della parte più cruda del "Roman de la Rose", traduttore della "Consolazione della filosofia" di Boezio e dell'"Arte della guerra" di Vegezio.
Jean Fouquet e François Villon: il pittore e il poeta a corte, in sogno
Commento musicale Gilles Binchois, Adieu, jusques je vous revoye
Villon
Jean, Jean Fouquet, tu che hai “fou” e sei “folle” a inizio cognome e ti acquieti nella seconda parte, tu hai illustrato in miniature d’incanto i tristi casi di uomini e donne del sommo Boccaccio, puoi allora capire quello che dice san Paolo ai Corinzi, e a noi tutti che danziamo prede della grande ragnatela dell’arte: “Quello che è folle per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti”.
Fouquet
Il poeta fa sua la follia dei santi o è l’uomo che cerca solo una scusa per i suoi crimini? Ti sei convertito sulla via di Damasco o in qualche trivio di Parigi? E qual è la prospettiva giusta che unisce queste due maschere? Io l’ho imparata in Italia, da Beato Angelico. Geometria. E matematica dell’anima. 1+1 deve risultare 1. Che singolarità sei tu, che dormi, sogni e mi compari di punto in bianco qui a corte, come un’epifania da un tendaggio spalancato, come amano farsi ritrarre i sovrani? Allora, monarca solo dei tuoi sogni, cosa vuoi che ti dipinga dei re: i crimini o la loro capacità di guarire le scrofole?
Coro dei cortigiani
Fate passare i malati di scrofole! Fate passare solo i malati che vuole il re!
Villon
Io vorrei un ritratto senza denti, dopo che me li hanno strappati uno a uno come alla tua santa Apollonia, mentre sorrido a bocca chiusa di fronte agli orrori della mia epoca, finalmente innocente. Perché io ho pagato le mie colpe invece loro - tu i nomi li sai perché li hai ritratti - nascondono dietro labbra serrate, impassibili, i denti cariati e sporchi con cui rimasticano le loro vittime.
Fouquet
François, sei proprio un illuso. Sei a corte e pensi di essere ancora nel tuo letto. Io sono il pittore del re, e se vuole dipingo anche la sua amante morta nei panni della Madonna. Diciamo che cerco di vedere il lato migliore in quest’epoca triste, perché abbiamo uno straccio di pace, come quello che uso per cancellare una sbavatura, pulire sommariamente le mani. Almeno la Guerra dei Cent’Anni è finita, questi despoti imparentati incestuosamente fra loro non giocano più ai grandi massacri. Solo piccoli crimini, quelli abituali. Quelli per il mio straccio.
Villon
La pietra, quella fatale che il tuo santo Stefano regge in equilibrio perfetto sul libro sacro, gioiello dalle tante facce che risplendono taglienti, dimmi: Etienne Chevalier, tesoriere dei nostri re, ha trafugato anche quella dal tesoro dei nostri sovrani?
Coro dei cortigiani
Il pittore, il pittore di corte ora deve pensare solo alle miniature.
Fouquet
Li senti? Se non comprendi, che razza di poeta sei? Ti sembra che i cortigiani abbiano sempre voglia di recitare pregando se il sangue cola dalla testa di un santo e rischia di sporcargli l’abito della festa? Mica vestono tutti i giorni il rosso dei cherubini. Parla del passato piuttosto, meglio se remoto, stendi i tuoi colori per il presente e lascia il disegno d’insieme per il futuro, se capirà, se avrà tempo di capire.
Villon
“Fugit irreparabile tempus”: questo è Virgilio, me l’hanno insegnato a scuola. La scusa principe per cui è sempre emergenza, mai tempo di riflettere, solo di agire. E chi pensa non lo permette, quindi va eliminato. Ho cercato anch’io di seguire l’esempio, nel mio piccolo, uccidendo, rubando, e in grande non me l’hanno perdonato. Tranne quando stavo per essere impiccato e un figlio che aspettava solo crepasse il padre è diventato re e mi ha graziato. Quando si dice il culo, che mi ha salvato, non ha pesato sul corpo lasciato libero di ballare nel vuoto con una corda al collo. Di questo gioco fra legge fisica e morale ho scritto anche in una quartina.
Coro dei cortigiani
Luigi XI concede la grazia ai poeti, purché facciano perdere in silenzio le loro tracce lasciando spazio alla sua prosa.
Fouquet
Ascoltali bene ancora, poeta: giocano se stessi come pedine su una scacchiera, non sono stupidi. Devi contemplare l’essenza vegetativa di questa specie di esseri umani: non è il saggio splendore delle piante - queste s’innalzano verso il cielo - ma la bassa furbizia di chi cerca di affondare radici taglienti, come la mia pietra, nel timore quotidiano che l’avvento di qualcuno li possa sradicare o quanto meno, di norma, potare uno di quei loro rami troppo carichi di spine. Lo sanno, meglio, lo sentono come animali da caccia che siamo creature in esilio, su una tavola, su una tela, su una pagina bianca.
Villon
Io vorrei fuggire nelle Fiandre. Ma ci sono poeti? O è meglio di no? E i duchi di Borgogna? Dove mi conducono? L’Italia, l’Italia, dove forse sono già stato, a cercare un’altra prospettiva, se non come poeta almeno come semplice essere umano, uno che vuole solo vivere tra qualcosa di bello. E magari, confidando per l’ultima volta nella metrica dei tempi, tornare un giorno a Parigi, come te a corte, ma all’osteria “La mula”, finalmente sterile, a raccontare semplicemente cosa c’è fuori. Senza più scrivere, per carità, senza vergare pergamene di agnello sgozzato.
Coro dei cortigiani
Il nostro nemico è la Borgogna: accettiamo qualsiasi delinquente tra le nostre fila pur di farla a pezzi.
Fouquet
Uomo, poeta, artista, perenne ubriaco, cattivo soldato, svegliati, tanto a Parigi non tornerai. Di te, François - non parlo di Villon - se ancora una volta non vorrai avere le mani sporche di sangue, dovrà perdersi ogni traccia. Le impronte del mio cammino io le tengo serrate come un gregge in uno stazzo, nel passato. Nelle Fiandre Van Eyck, Claus Sluter in Borgogna, Beato Angelico in Italia: tutte sezioni di un’unica prospettiva qui e ora, nei mei occhi. Ma il punto di fuga lo tengo ben stretto, in segreto.
Villon
Parole sante, per chi non è mai finito in galera. Io dormo, ma il mio cuore veglia, e domani dovrò uscire dalle porte di Parigi bandito per dieci anni, come una bestia braccata. In exitu Israel de Aegypto cantavano gli antichi. E non c’è nuova polifonia che possa salvarmi.
Coro dei cortigiani
Silenzio! Silenzio! Il re vuole ascoltare in pace la Messa in qualsiasi modo del signor Johannes Ockeghem!
Villon
Un altro Giovanni, come te. E io in esilio nel deserto come il santo, come il popolo d’Israele.
Fouquet
Voce che griderai per l’ultima volta nel deserto affollato delle strade di Parigi, alla fine del sogno voglio rivelarti un’ultima cosa. Un progetto che mi è stato commissionato dal più ambizioso dei vassalli del re, Giacomo d’Armagnac: illustrare le Antichità giudaiche di Giuseppe Flavio. Bella scommessa per me, singolare scelta la sua. Un messaggio segreto ai borgognoni, agli inglesi? Come Giuseppe tradì i suoi per diventare Flavio, forse lui tradirà il re? Ma che razza di diavolo si può celare nell’arte? Quanto splendore devo aggiungere per evitare l’ombra?
Coro dei cortigiani
Ricordate, sudditi, ricordate: Giobbe pazientò quant’era giusto accasciato nella sua montagnola di merda, ma il re, con la stessa grazia divina, preferirà sempre il trono più elegante. Confitemur: giorno verrà che anche d’Armagnac finirà decapitato e diseredato. Parola del nostro signore, Luigi.
Villon
Ora sì che li sento, grande miniatore: tutti felici se avranno più spazio per sgomitare. E tu che farai? Illustrerai soltanto i soliti Davide e Salomone? Il tomo di quel grande traditore è più grande di una forma di formaggio ma, attento, il suo sapore è amaro. Quando l’antica monarchia si spacca in due come te la caverai con i grandi re del regno d’Israele, uno più peccatore degli altri? Sceglierai solo quelli che si salvano del piccolo regno di Giuda? Basta una semplice pestilenza a fare la storia e gli Assiri fanno a pezzi la torta più grande mentre ci restano secchi quando cercano di azzannare un boccone più piccolo.
Fouquet
Fare e disfare. Nel mio piccolo farò quanto in grande hanno disegnato e disegnano i re della dolce Francia, scampati a un pesce più piccolo, ma famelico, come il regno inglese. E poiché loro dicono di discendere dai troiani come i romani, io prenderò di mira solo i romani perdenti come Pompeo, anche se cari al nostro Petrarca, a Boccaccio e alla nostalgia degli Italiani che ho visitato, così fieri delle loro piccole, fragili paci. Celando ancora una volta le mie inquietudini. Come l’autoritratto che ho voluto dai contorni dorati mentre emerge dal nero, cosciente di quanto sia apparente, oscuro. Fissalo bene: ho dipinto volto, abito, cappello e nome in oro sfidando la tenebra.
Coro dei cortigiani
Autorità! Autorità di Parigi, cosa aspettate a svegliare quest’uomo che dorme e si diceva poeta?
Villon
Un poeta è sempre sveglio, signori, specie se sogna. Villon è sempre stato sveglio. E tu? Tu, François?
Pace fatta con Parigi?
Commento musicale Josquin Desprez, Qui habitat
Arazzi politici, danze selvagge, re folli
Commento musicale Pierre de La Rue, Autant en emporte le vent
“Negli Arazzi di Alessandro Magno,seguendo l’interpretazione
di Aby Warburg, vediamo ritratti nei panni di immaginari soldati macedoni
il duca di Borgogna Carlo il Temerario e il suo esercito. La
lotta contro gli ‘uomini selvaggi’, aggiungo io, è quella contro i
francesi, rappresentati alla luce del Ballo degli Ardenti narrato da Jean
Froissart. Nel 1393, infatti,quattro danzatori vestiti da ‘sauvages’ che si
esibivano col re Carlo VI (che già mostrava segni di squilibrio mentale) erano finiti
bruciati vivi nell’incendio provocato da una torcia portata dal fratello del
re, Luigi d’Orléans”.
Così raccontavo nel mio corso Alessandro
Magno e la sua leggenda (1996). Un arazzo in apparenza esotico, ma
concretamente politico. Una danza per esorcizzare aspetti
“selvaggi” e “demoniaci” mentre la “civiltà” era in preda alla follia non solo
del re, ma delle atrocità della Guerra dei Cento Anni.
Raffinatezza e ferocia che mi avevano già attratto
e disgustato nel '92, quando avevo scritto e rappresentato parte del mio dramma:
VILLON
Tutta questa raffinata nostalgia
Trasudava di vernice fresca.
Dopo i tornei, i balli e i canti
Sarebbe venuta la macelleria.
Poi la noia,
La muffa
E ancora la nostalgia
venerdì 20 dicembre 2019
RESURREZIONE E MORTE DI JEAN-ANTOINE WATTEAU (1989)
Presentato su Rai2 nel 1997 fr.wikipedia.org/wiki/Antoine_Watteau
"Luca Traini ha creato una combinazione davvero curiosa e molto suggestiva: ha messo insieme il teatro e la pittura.
Ha dato la parola ai ritratti di gente sepolta da secoli e li ha fatti dialogare con i pittori che li hanno dipinti
o con altri personaggi dei quadri usando uno stile lirico e rarefatto, delicatissimo"
Dacia Maraini, Amata scrittura, Rizzoli, Milano, 2000
Prima di lavorare come curatore d’arte ho scritto diversi drammi su artisti a me cari. Quello che propongo è stato composto nel dicembre del 1989, recitato a teatro l’anno successivo e trasposto in mediometraggio nel ‘96. Nel 1997, ospite del programma RAI Io scrivo, tu scrivi presentato da Dacia Maraini, ho letto parti dell’opera alternandole alla messa in onda di spezzoni del video.
La stessa Maraini ha riassunto il suo giudizio nel capitolo che mi ha dedicato in Amata scrittura, (Rizzoli, 2000): “Luca Traini ha creato una combinazione davvero curiosa e molto suggestiva: ha messo insieme il teatro e la pittura. Ha dato la parola ai ritratti di gente sepolta da secoli e li ha fatti dialogare con i pittori che li hanno dipinti o con altri personaggi dei quadri usando uno stile lirico e rarefatto, delicatissimo”.
La particolare originalità del testo consiste nel fatto che l’azione drammatica
vede il protagonista dialogare post mortem direttamente con i suoi quadri (a teatro mi rivolgevo alla
proiezione delle opere per intero e in dettaglio con lo voci fuoriscena dei
personaggi dipinti).
Il senso della rappresentazione consiste nel
richiamare l’irrevocabile, tragico distacco fra la vita dell’artista e quella delle sue opere: la prima destinata alla morte, la seconda
all’immortalità congelata delle persone in carne e ossa che hanno fatto da modello. Contesto, il raffinato labirinto di
maschere in cui la Francia della Régence (1715-1723) cercò nei quadri di Watteau (1684-1721) un’eternità tutta
umana, cosciente della propria fragilità, di quel gioco di contraddizioni tanto lontano dalla
precedente “gloire” del Re Sole quanto
dalle future certezze dei Lumi, ma così attuale.
Il dialogo sospeso fra un pittore scomparso e i suoi quadri consegnati alla vita degli altri, alla Storia, è figlio dello spirito di quei tempi, ma anche di una condizione esistenziale più ampia: il rapporto fra essere umano e cose che dice sue e altri poi chiamano “arte”. Domande senza risposte. Realtà sognanti. Ognuno dei 16 di cui si compone l’opera viene alla luce con l’inizio di un brano musicale dell’epoca.
Prologo
Appare "Antoine Pater".
In lontananza: Tombeau
pour Mr. de Lully di Marin Marais.
Antoine Pater
Signor Jean Antoine Watteau
A nome mio e di questo gelido volto di pietra
su cui poso la mano
A nome di questi occhi certo non miei ma
vostri
A nome di questa lunga parrucca bionda
Voi che tanto avete amato la maschera
A nome di questi bottoni che voi
E voi soltanto
Avete impedito di pagare quale obolo a
Caronte
A nome di questa tenebra che la vostra
mano ha reso così dolce
A nome mio e di questa luce non più mia
né vostra
Addio
Vostro Antoine Pater
Che vi destò un certo interesse a
trent’anni
E di cinque vi precede nella tomba
Quadro 1/15
Luce. Sulla destra della scena Watteau, pallido e sudato. Veste una camicia slacciata che pende da un paio di calzoni a mezza gamba. Accanto a lui una sedia nera - o di paglia - sulla quale di tanto in tanto si riposerà.
Watteau
Io sono Jean Antoine Watteau
Morto di tubercolosi il 18 luglio 1721
Battezzato il 10 ottobre 1684
Anche se non ricordo con esattezza
Il giorno in cui sono nato
Uno degli artisti più amati del mio
tempo
Ma
Con estrema fatica
E dolore
Faccio ritorno alla vita
Appare "Gilles".
Il quadro è finito
"Gilles" svanisce.
Quadro 2/15
Appare "Il contratto nuziale in campagna".
Crescendo musicale del Primo Movimento della Suonata No.2 per Violino di Élisabeth-Claude Jacquet de La Guerre
Curato
Facendo
silenzio Allora benedetti signori
Questo contratto di matrimonio
Lo vogliamo firmare?
L’uomo con la parrucca bianca
Signor curato
Qui ognuno pensa ormai alla festa
L’unione è benedetta da Dio e da questa
bella giornata
Fate ballare questa benedetta penna
Fidanzato
Che hai mia cara?
Fidanzata
Il signor curato ancora non ha messo la
firma
Sulla testa mi pesa
La corona di fiori
Riprende la musica con la Suite No.3 in A minor di Élisabeth-Claude Jacquet de La Guerre.
"Il contratto nuziale in campagna" svanisce.
Quadro 3/15
Appare
"Arlecchino galante". Stormire di fronde.
In lontananza: Jean-Féry Rebel, Tombeau de Monsieur de Lully
Arlecchino
Rivolto alla donna
dipinta alla sua destra. Non copritevi il seno
La donna sbigottita
Oh Arlecchino
Il volto la maschera
Scompare nell’ombra
Sembrate un corpo senza testa
Arlecchino
Avete la mano sul cuore
Erma solitario
Dipinto in mezzo alle
fronde, sopra i due.
Con voce lieta. Sono di marmo
Con voce triste. Sono di pietra
L’uomo seduto col
cappello rosso
Rivolto alla ragazza
seduta con un libro aperto in mano. E’ un gioco signorina
La ragazza seduta
Sono pagine bianche signore
L’uomo seduto col cappello
rosso
Non scherzate
E’ un libro aperto
La ragazza seduta
Vi sbagliate
Sono solo pagine bianche
L’uomo seduto col
cappello rosso
Non sono pagine aperte a caso
Sono poesie d’amore
La ragazza seduta
Continuate a voler credere
In qualcosa che non c’è
Sono solo pagine bianche
L’uomo in piedi
appoggiato all’albero
Sono triste
Sono affranto
Non ho più voglia di vivere
Arlecchino
Sempre rivolto alla
donna di prima. Signora sentite
Quant’è fredda la pietra
E quale calore emana il mio corpo.
"Arlecchino galante" svanisce.
Quadro 5/15
Appare "Un passo falso"
Quadro 6/15
Appare "La famiglia di Mezzettino"
Appare “L’imbarco per Citera”.
Esistendo due opere con questo titolo si è qui prescelta la versione
presente al Louvre.
Watteau
(in uno scatto di entusiasmo) Partiamo
(si placa
subito) Esitanti amor mio
Preghiamoci l’un l’altro
Su alzati
E’ tempo di partire
Il Fanciullo
(tirando per la gonna
l’amata)
Svelta signorina
Che è tempo di morire
Amante
(che l’aiuta a
rialzarsi)
Non è vero amor mio
Là ci ameremo per sempre
Il Fanciullo
Svelta signorina
Che dovete morire
Amante
Il vascello vi assicuro
E’ rivestito di un drappo rosso come
l’amore
Coro dei Cupidi
Nudi e immortali
Vestiti a festa
Morti
Erma con rose e frecce
Gelo
Watteau
Rose
Erma con rose e frecce
Gelo
Watteau
Faretra e frecce
Erma con rose e frecce
Gelo
Watteau e l’amante in
ginocchio
Destiamoci amor mio
Che è tempo di morire
Watteau - Un sogno
E’ tutto un sogno
Il battelliere
Agli amanti, con
solennità.
Partite per amarvi e morire?
Coro degli amanti
Sì
Coro dei cupidi
Nudi e immortali
Vestiti a festa
Morti
In lontananza: François Couperin, Les barricades mysterieuses
Watteau
Porti una rosa sul
cappello
Una rosa per ogni scarpa
E nella destra che tieni?
Certo un esile invisibile fiore
Ma la sinistra?
Un semplice atto
Non ho più fiori per la tua sinistra
Indifferente
Oblio Antoine
Nulla m’interessa
A tutto sono indifferente
Alla tua morte resto indifferente
Watteau
Ti ho creato morto ragazzo
Albero (dipinto alle
spalle dell’indifferente)
Questo giovane cilestrino
Neppure mi degna di uno sguardo
Watteau
Lo so
Lo so
Albero
Sembra accennare un passo di danza
creatore
Watteau
La natura e il cielo sono evanescenti
Indifferente
Tutto mi è indifferente
Watteau
Il colletto ti soffoca
Indifferente
Ti sbagli creatore
Io misuro la nostra distanza
E’ un filo esile invisibile
Ecco si sta già spezzando
Watteau
Ho slacciato la camicia
Mi sentivo soffocare
Indifferente
Antoine Antoine
Tu sei morto
La musica si spegne, “L’indifferente” svanisce.
Watteau
Ricordo un ballo
Noi e la "Chaconne" del signor De
Visée
Automi impalpabili
Un quadro danzante per la vostra tiorba,
signora
Per alcuni secondi si
avverte in lontananza l'eco dei primi accordi della musica, sempre più evanescenti,
fino a scomparire.
(cercando di vincere
il silenzio) Ti vesto dell’abito più bello
Ma il prezzo per vincere l’oblio lo
conosci anche tu
La Finette
Antoine
Antoine
Ascolta
“J’avois juré de n’aymer
plus"
"La Finette"
svanisce.
[...]