Come non bastasse quanto successo a Eton qualche settimana fa ci si è messa pure la pagina Facebook del dizionario Rocci. Brutte pagine che si pensava ormai archiviate come esempi di un passato da non ripetere mai più.
In Gran Bretagna, sembra pazzesco, ma le scuole miste sono ancora un’eccezione e solo nel 2017(!) Oxford ha ammesso più ragazze che ragazzi. L’elitarissimo collegio sfornapremier di Eton, modello di successo privilegiato come di nonnismo istituzionalizzato fino al 1980 (una brutta atmosfera che ho già descritto in Tucidide e Boris Johnson: il lato oscuro dei classici), è poi ancora sprangatissimo contro qualsiasi accesso femminile e si è distinto in negativo per una doppia levata di scudi. Il preside, coadiuvato da buona parte del partito conservatore, contro il ministro dell’istruzione Gavin Williamson – tory anche lui ma mosca bianca, forse perché viene da una famiglia di laburisti – per aver timidamente auspicato: “"Spero che in futuro apra le porte anche alle ragazze"… Gli studenti contro il preside per il licenziamento di un insegnante (diciamo così) di inglese - probabilmente la mummia scongelata di un inquisitore di epoca Stuart - che in una lezione ha sostenuto che le donne desiderano essere "schiacciate dalla potenza mascolina". Un insulto becero rivolto anche a chi fa storia seriamente e alla vera tradizione di studio scientifico della scuola storica inglese.
In primis lo squallore della freddura che segue la traduzione (parziale) del termine greco, degna di un goliardo di quart’ordine degli anni ’50, che sia opera di un semplice ignorante addetto alla comunicazione o di uno di quei docenti indecenti a cui “cade l’occhio”. E, soprattutto, la ripugnante crudeltà della stessa se si pensa agli orrori attuali dei tanti femminicidi e alla terribili condizioni di vita delle donne in tante parti del mondo. Se a questo aggiungo poi quella recentissima assoluzione per “delirio di gelosia”, mi verrebbe voglia di dire che oggi avremmo bisogno di magistrate “andronome che diano una regolata a certi maschi: altro che vecchi (o giovani invecchiati) bavosi controllori di una “morale femminile”!
Ma per fortuna non siamo più nell’era geologica del “dente per dente”, non viviamo più nelle epoche del privilegio legalizzato che sono giunte, in pratica, fino alla fine della seconda guerra mondiale se non alla metà degli anni ’70 (la riforma italiana del diritto della famiglia data, non a caso, 1975). La risposta a questi “laudatores temporis acti”, apparenti o meno (specie ai più perfidi, che fanno passare certi messaggi fra le righe), è sfrondare i loro miti e portare alla luce i loro loschi fini.
"Democrazia": da maschile a femminile
La Grecia antica (e ancor più Roma) non sono esenti da questo discorso, tanto più che la tecnica scientifica del loro studio si è venuta sviluppando soprattutto nella temperie nazionalistica imperversante da metà Ottocento a metà Novecento, spesso con coloriture, anzi, biancore assoluto di stampo xenofobo e razzista (il vecchio modello di Europa maestra del mondo come Atene dell’Ellade). E a livello più basso la dotta citazione greca o latina da sfoggiare come segno, in piccolo, del proprio innalzamento di status.
La Grecia antica (arcaica, classica o ellenistica che sia), presa nel suo insieme, non è certo un modello valido oggi. Neppure Atene con la sua “democrazia”, privilegio esclusivo di cittadini maschi figli di padri e nipoti di nonni materni in possesso di una cittadinanza quasi mai elargita a stranieri, anche se domiciliati nella polis da decenni (forse questo ci richiama qualcosa di attuale). Stranieri e schiavi, che rappresentavano la maggioranza degli abitanti. È chiaro, contro ogni evidenza storica, che tutti questi amanti della classicità ateniese si immaginano Pericle, Sofocle o Platone. Certo non schiavi, magari fuggiaschi marchiati a fuoco, nell’inferno delle miniere del Laurio o piagati e piegati in due come strumenti agricoli nelle campagne.
E parliamo del caso migliore. Solo per fare un esempio, a Sparta sarebbe stato molto peggio, anche facendo parte della classe dominante dei carnefici (a meno di non arrivare, privilegio di pochi, alla vecchiaia).
Per le donne il discorso si fa ancora più cupo. Nella democratica Atene quelle nate da cittadini sono confinate in casa, come abbiamo detto, tranne che per feste e funerali, sotto tutela di un maschio per tutta la vita e in pratica considerate semplici strumenti di riproduzione. Una gloria per loro? Parlarne il meno possibile. Parola di Pericle, che infatti come compagna si era preso una straniera come Aspasia, coltissima e con nessuna voglia di tacere in compagnia di politici e filosofi. Ma era un’eccezione, non solo in Atene. E se le prospettive di vita erano squallide per le cittadine delle polis greche, figuriamoci per le straniere comuni o le schiave. Facile immaginarsi Saffo, Corinna, Aspasia o qualche regina ellenistica, meno la massa delle donne prigioniere, sequestrate o comprate sottoposte a ogni genere di soprusi e brutalità fin dall’infanzia. Senza contare le bambine abbandonate nelle varie discariche - perché erano soprattutto femmine – rifiutate dai padri e preda dei vari lenoni e mercanti di schiavi sempre in agguato fuori dalle mura delle città. Le poche donne riuscite a salvarsi da queste sabbie mobili, in massima parte, hanno considerato questa conquista un privilegio senza mettere assolutamente in discussione patriarcato e maschiocrazia. Cosa che si è ripetuta nei secoli, specie negli ranghi più alti (ancora con la regina Vittoria ma anche con le regnanti della prima metà del ‘900). Questo modello è stato dissotterrato negli ultimi tempi in diversi partiti populisti di stampo conservatore, specie nell’Est Europa, con certe dirigenti in prima linea contro i diritti conquistati dalle donne e considerati fondamentali dall’UE in nome di una tradizione tutta maschilista e sciovinista.
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