- JIMI HENDRIX: CHITARRA ELETTRICA, TEORIA DI STRINGHE
- IL ROCK FRA GERIATRIA E IMMORTALITA’
JIMI HENDRIX: STRING THEORY
"Oltre le periferie dell'infinito" non puoi che
danzare, continuare a innestare elettrodi nella carne, nello spirito, perché ci
fu un tempo che anche l’elettricità era spirito, come l’interruttore dello
Zaire che Mohamed Alì poteva premere e tornare a letto prima che la luce fosse
spenta,
quando la luce è ancora mito e a mezzanotte, anche a mezzanotte, tu vedi i lampi nella Casa Rossa, non puoi che vedere lampi, aurore boreali e nebbia purpurea negli occhi di una donna-volpe-sirena-angelo.
Foto di Combo
quando la luce è ancora mito e a mezzanotte, anche a mezzanotte, tu vedi i lampi nella Casa Rossa, non puoi che vedere lampi, aurore boreali e nebbia purpurea negli occhi di una donna-volpe-sirena-angelo.
Joachim Müllerchen, Foto del "Jimi Hendrix Memorial" (Germania)
Com’è che ci sono queste pause
eterne dopo le canzoni? Perché il nastro della batteria torna a girare nel senso
giusto che è quello sbagliato che è l’opposto del nastro rovesciato di Are You Experienced? Il vento grida “Mary” e quella non c’è più.E anche Janis Joplin muore.
Ci sono lunghi intervalli in cui
bisogna morire, è così, sennò la gente non ci crede. Si dovrebbe stare con i
piedi ben in terra invece di rotolare sulla Terza Pietra dal Sole.
Magari morire senza essere soffocati dal
vomito, aspettare l'83 invece del '70.
E’ certo, esistono morti stupide
come guerre, ma non è la vita quella che conta, voglio dire quella dell’arte, Wild Thing, Fire?
La tua biologia avrà per me
sempre il corpo di una chitarra elettrica con la sua teoria di stringhe, Star Spangled Banner.
E poi
e ancora ”Mi pulisco gli occhi per vedere un giorno/ La mia testa fra le
nuvole, i miei piedi ovunque".
Luca Traini
IL ROCK FRA GERIATRIA E IMMORTALITA’
Commento musicale: L. Nono, La lontananza nostalgica, utopica, futura
Sembrava eterno.
Uno sviluppo illimitato, come l’economia postbellica.
Chitarra elettrica, emancipazione sociale, nobilitazione della figura del giovane: mai visto prima.
Nato nell’epoca del culto della modernizzazione, maturato in anni di lotta e speranza nei grandi varchi aperti dall’arte contemporanea: jazz e tabula rasa dei compositori del Novecento.
Una nuova lingua per la musica, l’inglese, moda e modo d’essere - quindi morale - dirompenti, come l’impatto di massa, imparagonabile a quello delle arie d’opera del secolo prima.
Occidentale e mondiale, come le idee di sviluppo, progresso, rivoluzione: uno dei migliori cocktail forgiati dalla storia.
Tre/quattro elementi di base come quelli delle cosmologie di un tempo, capaci di sintetizzarsi in migliaia di identità, di nomi di successo.
Nell’epoca d’oro, dalla metà degli anni ’60 alla fine dei ’70, un impegno incessante in ricerca e ridefinizione di forme - come l’arte contemporanea, sempre lei - fino alla loro distruzione, alla distruzione materiale degli stessi strumenti (Wind Thing, Jimi Hendrix, con Janis Joplin e Jim Morrison trinità martire).
Poi la Forma, la grande montagna da scalare per l’ennesima volta, è tornata pietra angolare, in tutte le arti. La tecnologia dell’epoca, raggiunti i suoi estremi, si rinchiude come al solito nella tradizione, corretta o corrotta a seconda dei punti di vista. Il ritorno alla normalità, dopo 4’33” di Cage, prevede un pubblico che tace e un piano che torna a suonare Chopin (anche se Chopin avrebbe preferito Cage). E come dopo il compositore diventa di moda il direttore d’orchestra così, nel rock, il successo di moda è roba del produttore.
Oggi, nella geriatria autunnale delle band classicizzate (che impressione facevano negli ’80 i 40 anni di Dio – Ronnie James), annaspando fra revival e vintage, si cerca di esorcizzare l’inverno. Quanto pesano i volti invecchiati in una musica che dell’immagine aveva fatto un punto di forza! Immaginali ancora giovani e leggeri nell’etere, oltre le Fasce di Van Halen, ma nella Terra della caduta dei gravi Bowie è morto e Sisifo trascina i Marshall mentre si sbaracca il concerto.
Penso e temo un parallelo con la grande tragedia greca, ateniese - e il rock dei grandi è soprattutto tragico: “Cry, Baby” “Breve è la vita, chi insegue troppo grandi destini non gode il momento presente” (Joplin/Euripide “Baccanti”) - che durò 70 anni o giù di lì per chiudersi in un silenzio che, in pratica, durò fino all’epoca shakespeariana.
Parallelo discutibile, come un’analisi storica fatta di alti e bassi o, peggio, “decadenze”. Ma qui più che lo storico parla l’artista e, pur facendo appello alla ragione e a un nuovo salto di qualità tecnologico ed estetico, non può nascondere l’ennesima scarica elettrica al cuore “With a Little Help from My Friends” (Joe Cocker, Woodstock, 1969).
Con fatica, come sempre, dovremo andare oltre.
P.S. Le mie foto: pietre che non rotolano più, scolpite già con la traccia della rovina, ormai monumenti del passato che più che alla terra guardano al cielo. “Il luogo dei quattro punti cardinali” (Giò Pomodoro, 1991), opera di struggente, composta bellezza nel parco pubblico di Taino (VA). Orchestra di granito, ferro e acqua. Sinfonia di gravi in precisi rapporti e contrasti, numerici e simbolici. Ogni anno attende il suo direttore nel mezzogiorno del solstizio d’estate, per catturare nell’ombra del pilastro più grande un raggio: quel raggio di sole.
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