Serali di Arcisate (VA), sezione distaccata
di Cuasso al Monte, luogo più vicino al cielo di tanti altri.
Classe composta in grande maggioranza di
signore di mezza età, le mie preferite: adorazione reciproca.
Due spiccavano su tutte. Una, scoprii in seguito,
era la madre di un mio amico compositore. Care signore... In quell’aria tersa,
a parlare di storia a due passi dal sanatorio -soprattutto di storia, con i
grandi eventi che ci volano sulla testa ma di cui siamo parte, sognando
infiniti, eterni pomeriggi a degustare torte di mele, crostate; sorseggiando un
the, un karkadè, un rosolio (non a caso sostituivo una signora che aveva un
frutto per cognome).
Poche settimane soltanto.
Anni di speranze – anche geopolitiche –
discrete.
Fine anno scolastico ‘86/’87.
Anno scolastico '87/'88
Precario, ma da aprile con una certezza: tornare alle 150 Ore di Arcisate, questa volta nella sede centrale dedicata al re degli stuccatori del XVIII secolo, Benigno Bossi.
Precario, ma da aprile con una certezza: tornare alle 150 Ore di Arcisate, questa volta nella sede centrale dedicata al re degli stuccatori del XVIII secolo, Benigno Bossi.
Tre mesi, fino a termine esami.
Esperienza ancora più forte, importante: una
delle poche cose belle (insieme a un dramma: Morte di Caravaggio) di un ’88
– numerologia a parte, in cui facevo bene a non credere – triste.
C’era un giovane panettiere, già fuori di per
sé, costretto a orari assurdi per conquistare la licenza media: lo stronzo
sotto cui stava lo fece lavorare pure la notte prima degli orali. Fortuna che
bastava solo aver frequentato.
E un altro ragazzo, di una simpatia losca,
che cercava di piazzarmi fantomatiche auto d’occasione.
Un camionista, a cui l’amante regalava Rolex
d’oro.
Un campione di ciclismo in erba (sedici
anni), che avrebbe vinto un campionato italiano su strada qualche anno dopo,
senza però fare fortuna, perché troppo nervoso, come a scuola.
Una povera ragazza perennemente insultata
dallo stesso, che per fortuna qualche volta reagiva.
Una brava signora sposata che quando ci
voleva faceva una bella lavata di capo al ciclista.
Un signore oltre la mezza età dal silenzio
anonimo ma solo in apparenza assente.
Due operai della fabbrica di cioccolato
“Lindt” davvero simpatici e gioviali.
E i miei due alunni prediletti: un
sindacalista della CGIL e un funzionario dell’MSI.
Il primo, perfetto esempio di lavoratore
studente, dotato di quella naturale, pacata autorevolezza che ho sempre
ammirato (un perfetto papà per chi, come me, non l’ha mai avuto). Voto finale:
dieci.
Il secondo, invece, scriveva davvero bene: un
temperamento artistico. Feci però l’errore di farglielo notare prima degli
esami. Risultato: il tema della licenza venne infarcito della peggiore retorica
mussoliniana. Peccato. Voto finale: nove.
All’intervallo, verso le 20 e 30, si andava
tutti a farsi birretta & panino al bar della piazza, qualche volta a
Bisuschio.
Io venivo a scuola in motorino o con
l’Alfasud bianca di seconda mano.
Il primo giorno di supplenza, con i capelli
allora lunghi e ricci e il completo di jeans, ero stato preso per uno studente:
il massimo dei complimenti!
Più che alunni, compagni di studio indimenticabili.
Più che alunni, compagni di studio indimenticabili.
Tutti promossi con merito, anche la
Valceresio inondata di sole che faceva sognare la Svizzera.
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