mercoledì 16 settembre 2015

NEOLUDICA GAME ART GALLERY A "GAMEOVER 2015"

Commento musicale Tensions at the Vanguard


GAMEOVER Milano 2015seconda edizione della due giorni dedicata ai videogiochi indipendenti. Spazio al mondo degli sviluppatori dei software più radicali, più creativi e più innovatori capaci di incarnare l’anima della contemporaneità. Dopo il successo dello scorso anno tornano i più importanti team italiani di creazione e sviluppo di videogame indie con le loro creazioni più attuali o inedite, per giocare e sperimentare in un festival underground aperto al pubblico nella città di Milano il 19 e 20 settembre 2015. Oltre ai contenuti gaming saranno presenti anche maker e autoproduzione diffusa, droni, musica elettronica, illustratori, ambienti virtuali, visual, workshop, talk, diretta radio, contenuti open source/creative commons, retrogame e retrocomputing, giochi da tavolo/board games, aree cucina e bar, aree infopoint, aree relax e molto altro ancora. Sabato 19 settembre, in serata, un grande evento musicale fino a notte tarda.
http://www.gameovermilano.tk/


Neoludica Game Art Gallery è presente con due grandi opere evocativo-esplicative (sei metri di lunghezza ciascuna) esposte alla 54.Biennale di Venezia.

[Nuova] Cueva de las manos


"Argentina, provincia di Santa Cruz: la Cueva de las manos è dal 1999 patrimonio dell’Unesco. Tra i 9.500 e i 13.000 anni fa l’epoca di questa opera murale raffigurante centinaia di mani realizzate con inchiostri di origine minerale, probabilmente spruzzati a bocca attraverso cannucce di origine animale. RossoGialloBianco e nero la quadricromia a disposizione del popolo indigeno. Segni forti e organizzati dove il medium è già la metafora; la tecnica delinea contorni indicanti una personalità oltre il narrativo, più prossima all’ideativo e al concettuale. Il monitor (dicesi tale l’apparecchiatura per l’osservazione e il controllo di uno sistema in evoluzione) di lettura è una caverna trapezoidale di queste dimensioni: 15 metri di larghezza per 10 di altezza all’ingresso che diventano 2 verso il fondo con una profondità di 24. Risoluzione e profondità di colore sembrano essere qui essenziali come in una primigenia grafica raster. La mano è il punto del cosmocaos artistico-espressivo. Picture element. PiXel."




Connessioni remote


Ogni nuova arte, una volta affermata, ha sempre cercato nelle esperienze estetiche precedenti dei punti di contatto, degli elementi sentiti come comuni che ne avevano in un certo senso preceduto l’avvento.
In tempi recenti è stato così per la fotografia nei confronti della pittura come per il cinema il teatro. Anzi, proprio quest’ultimo può essere un ottimo esempio di medium che riassume in sé tutte le arti che l’hanno preceduto (e forse anche per questo ha impiegato decenni per essere riconosciuto come “decima musa”).
Lo stesso vale per il videogame, altra “opera d’arte totale”, che, suddiviso in sei componenti fondamentali (Schermo, Computer,  Realtà, Interazione, Navigazione, Meraviglia), riconosce nelle arti delle diverse epoche storiche forme, strutture e meccanismi che ne hanno permesso l’affermazione. Le sue “connessioni remote”.





martedì 15 settembre 2015

L'ARTISTA SENZA NOME DELLA CAMERA 32



Commento musicale Jehan Alain, Climat



Hanno detto in direzione ch'era ignoto.


like a web in the air
Divinley superfluous beauty.


Robinson Jeffers

Testo e foto di Luca Traini

domenica 6 settembre 2015

LUCIO FONTANA, FAUSTO MELOTTI, LEONCILLO

Fra Terra E Cielo

L’indagine e la ricerca contengono la dinamica di uno spirito e una materia in perenne dialettica fra il concreto e l’incorporeo. Addirittura nei Tagli di Fontana, nei Concetti leggeri di Melotti, nei Supplizi di Leoncillo, concreto e corporeo giungono a urtarsi – proprio come nei riti – e ciò che è concreto perde il suo significato di realtà così come ciò che è incorporeo si manifesta con prepotenza risultando più reale di qualsiasi cosa che possiamo sperimentare coi sensi.
La ceramica, il ferro, il grès, i disegni.
L’uovo, la scala, la colonna.
Elementi naturali e forme. Forme, non segni, quindi presenze che si significano da sé.


L’uovo, microcosmo simbolico in quasi tutte le culture, principio vitale, il germe di tutta la creazione, la materia organica nel suo stato inerte, contenitore dei quattro elementi… ed anche l’uovo alchemico da cui nascono il fiore bianco (l’argento) e il fiore azzurro (il fiore dei saggi). Elemento che richiama la natura, che è Natura.

La scala, il perpetuo movimento ascendente dell’uomo e discendente della divinità, l’accesso alla realtà, all’Assoluto, al Trascendente, andando dall’irreale al reale, dall’oscurità alla luce, dalla morte all’immortalità, il raggiungimento di un nuovo livello ontologico.
Ma anche la scala cromatica, la scala musicale, la forma di ciò che è ritmo, fantasia, volo, spirito.

La colonna, l’asse del mondo, l’asse verticale che allo stesso tempo separa e unisce il Cielo e la Terra, l’Albero della Vita; due colonne – una nera e una bianca – o una colonna divisa in due rappresenta ogni bipolarità, gli dèi androgini e i diòscuri, il Cancello del Cielo.
Richiamo alla classicità, alla religiosità, allo spazio grave e solenne di un mito.

Ecco dunque questi motivi formali essere al centro, nel cuore, della scultura e dell’opera di Fontana, Melotti, Leoncillo, elementi costituiti da una continua tensione umana, a metà fra corporeità assoluta e diafano apparire dell’essere, fra una condizione terrena ed una celeste.
Il pretesto, l’inizio della novità, contenuti negli elementi riscoperti dai tre artisti – l’uovo, la scala, la colonna – ci parlano dei concetti di Spazio, di Vuoto, di Misura. Si presentano con all’interno lo scontro dialettico fra noto-ignoto, fra luce-ombra, fra spazio conosciuto-infinito insondabile.
Questo è il centro del lavoro di questi tre grandi maestri: l’indagine interminabile di nuove realtà, nuove forme, nuove materie e il rapporto con l’infinito.
La ricerca esistenziale di un ‘perché’ dell’arte e di un ‘come’ il più vero possibile.


Tratto da Fra Terra E Cielo - Fontana, Melotti, Leoncillo (Premia Edizioni, 1995),
a cura di Debora Ferrari, con un saggio di Luciano Caramel

mercoledì 2 settembre 2015

LA GRANDE MADRE (DEL '900)

Commento musicale Lucia Ronchetti,Tremblements de tendresse

Keith Edmier, Beverly Edmier 1967

In centinaia alla conferenza stampa del 25 agosto a Palazzo Reale, con una presenza maschile superiore al canonico 20%. Non male per una mostra in cui protagonista è la donna, nella forma mutante di madre del XX secolo.
Dal cibo dell’Expo alle mamme che ti nutrono d’arte e prendono il nome di “madri” se la cosa si fa seria, peggio, tragica (autoritarismi, totalitarismi, guerre),o di “donne”, quando educano, criticano e lottano per un lieto fine ancora a venire.



Il curatore Massimiliano Gioni è appena diventato padre e a fine intervento ci mostra su Skype il piccolo Giacomo. Un ottimo inizio per chi non ha fatto da patriarca a questa esposizione gravida di mille sfumature, dove la meraviglia di un uomo non si limita alla mera contabilità delle artiste, ma sembra ogni volta indicare a chi guarda una prospettiva diversa della sala da parto estetico del “secondo sesso” (è proprio lui a citare Simone de Beauvoir, finalmente è tornata).

Ida Applebroog, Monalisa

“La grande madre” fa il punto della situazione sulla vita dell’arte, sull’arte della vita al femminile nell’ultimo secolo, col giusto distacco partecipato, perché è chiaro il punto di vista progressista (mi piace), conscio e felice della contraddizione apparente, perché l’arte è come un figlio, un essere a cui si da vita che è della madre, è tuo, quanto altro – e che diventerà altro ancora. Lo smarrimento in questione è solo positivo.

Nari Ward, Amazing Grace

ma tremo
come una mamma piccola giovane
che perfino arrossisce
se un passante le dice
che il suo bambino è bello.


Antonia Pozzi


Io guardo le donne che vedono.

Madonne di Katharina Fritsch e Thomas Bayrle - Manifesto di Valentine de Saint-Point

Tra due Madonne _ Un'ombra sulla Lussuria


Fotografo le opere con lo smartphone (oggi la visione è soprattutto questo).

Rosemarie Trockel, Replace me

Se tuo figlio è morto in guerra e il re ha vinto non ti è permesso di piangere
Anna Maria Mozzoni

Niki de Saint-Phalle, Hon

Se mamma mi ha comperato
Come taluni pretendono
Diteci: dov'è il negozio
Dove i bambini si vendono?

Tali notizie sono
Prive di fondamento:
Ti ha fatto la tua mamma
E devi essere contento!

Gianni Rodari


Manca solo la figura materna nella nuova arte dei videogames, ma è una scheda madre ancora in fieri.


Luca Traini
Neoludica Game Art Gallery



La Grande Madre
A cura di Massimiliano Gioni

promossa da Comune di Milano Cultura
ideata e prodotta dalla Fondazione Nicola Trussardi
insieme a Palazzo Reale per Expo in Città 2015
Dal 26 agosto al 15 novembre

domenica 30 agosto 2015

NEOLUDICA GAME ART GALLERY ALLA LIBRERIA "FELTRINELLI" DI VARESE

CLOUD GAMES

Leggere i videogame tra storia e game art

"There is no technology that does not answer art's questioning.
Mythology gives eyes to statues, religion sits choirs in the theatre, the story of a squared chunk of wood gives birth to the picture (preferably rectangular). Paper reed rolls unfold and become codex, palimpsest, illuminated book, printed book. The square-angles door is now wide open, and from the darkroom to photograph, movies and the computer screen it is a short path.
For every step a new level: reality augmented by man's articulate intervention, by the indissoluble osmosis between science, technique and art which is culture. Every time the same search for what we think we are, our representation of what we think of as natural or substantial: are we that chunk of wood? That rock? That mixture of color, silver nitrate, celluloid, bits?"


"Siamo multilevel: questo artisti, filosofi e scienziati l’hanno sempre saputo.
Siamo anche videoludici, anzi, NEOLUDICI perché l’arte è in gioco.
Perché oggi il mondo è un videogioco, una scommessa sul futuro a 360°, dove il nuovo medium videoludico, nato cosciente della sua finzione, può finalmente uscire dallo specchio come Alice e dire la sua nei confronti di una società umana quanto mai stratificata e complessa. Le due realtà – che sommate fanno una sola realtà aumentata – si somigliano e non possono fare a meno l’una dell’altra.
NEOLUDICA si presenta come il primo grande tentativo di dare una definizione, meglio, un orizzonte unitario e identitario a questa nuova fondamentale sfida tecnologica dell’arte.
Artisti, creatori, sviluppatori e giocatori sono chiamati a un nuovo salto di qualità, a un confronto che vuole essere tanto estetico quanto etico e quindi propositivo di nuovi sogni ad occhi aperti."


I videogiochi oggi rappresentano un grande mezzo di comunicazione, cultura e aggregazione. Utilizzati da almeno 170 milioni di persone al mondo, costituiscono la nuova frontiera delle arti del XXI secolo e dell’intrattenimento interattivo. Capirli, utilizzarli al meglio, scoprirne le potenzialità, valorizzarne i contenuti estetici e sociali è ciò che Neoludica si è prefissata di fare iniziando le ricerche nel 2008. Tappe fondamentali di questo lavoro sono state importanti esposizioni di grande successo, in  particolare Neoludica_Art is a Game 2011-1966 alla 54.Biennale di Venezia (2011, catalogo Skira), Assassin’s Creed Art Revolution al Museo della Scienza e della Tecnologia “Leonardo da Vinci” di Milano (2012, catalogo Skira) e GameArtREvolution, Isola di San Servolo – Art Night Venezia (2015, catalogo TraRariTipi).
L’industria videoludica è in costante espansione e in Italia si sono aperti vari canali di formazione per giovani che possono lavorare in questi ambiti creativi e tecnologici. Con le mostre, i workshop, le conferenze e gli eventi Game Art Gallery (R) Neoludica vuole portare a conoscenza di tutti la rete virtuosa che ha contribuito a creare e promuovere in questi anni.
“Quello che ci proponiamo di fare da diversi anni è anche dare una fisicità ai lavori digitali dei concept artist per valorizzarli e permettere anche al pubblico di non giocatori di godere quest’arte. Inoltre stimoliamo la società a comprendere la forza comunicativa e lavorativa dell’industria videoludica dove molti giovani possono trovare sbocchi di studio e professionali”.



Per approfondimenti

sabato 29 agosto 2015

ARTE E NATURA IN VALLE D'AOSTA


C’è una “memoria naturale” nell’uomo, una linfa rarefatta ma tenace che unisce i nostri ricordi alle radici fisiche e ancestrali della natura.  Si trova in uno stato di  sonno, come sospesa, ma quando l’amore e l’arte vi innestano la loro energia eccola trasformare la nostra realtà in un sogno a occhi aperti. Difendere questa realtà di meraviglia e armonia con l’ambiente in cui siamo immersi è un tema particolarmente sentito dagli artisti di una regione di rara bellezza come la Valle d’Aosta. In particolare da Luciano Finessi, Oreste Ferrando, Dolores Gérard, Roberto Priod e Patrizia Valcarenghi nella mostra L’ago nel pagliaio – Natura personale alla Maison Gérard Dayné di Cogne. Una vera e propria evocazione della “memoria naturale” attraverso un percorso multimediale di installazioni, pitture e fotografie  per essere coinvolti in un’esperienza emozionale e sensoriale: “I lavori degli Artisti possono diventare un veicolo, un tramite per risuonare in una dimensione intima, cogliendo il “limen”, spazio limite, in cui il manufatto ed il naturale si confrontano”.

La  mostra resterà aperta fino al 30 agosto. Parte dei proventi derivanti dalla vendita dei biglietti di entrata alla mostra saranno devoluti alla STUPA onlus (www.stupa-onlus.org) per progetti in favore delle popolazioni del Nepal.

Opere che danno una forte emozione, ma non sono emotive. Quadri sensoriali, dove puoi vibrare di sensazioni ma leggerli con la mente. I paesaggi sensoriali di questa esposizione, di queste ‘nature personali’ vengono creati da una logica percettiva molto contemporanea, dettata se vogliamo dalla velocità delle nostre suggestioni visive quotidiane oppure dalla molteplicità di immagini che siamo abituati a ‘processare’ ogni giorno e che nella nostra memoria possono assumere una forma così assoluta da perdere i contorni. Forti sono i dati del ‘ritmo’, della tecnica e della resa di questi amici artisti. Il ritmo che sviluppa nella totalità collettiva è quasi da poema epico, ovvero nella grammatica delle composizioni accostate incontriamo tempi distesi e ben marcati che a volte si infittiscono, creando come delle ‘battaglie’ per intensità e forza. Altre volte i ritmi sono più ‘arcadici’: il verso cromatico si abbrevia, la forma si chiude, lo spazio si delimita, come in taluni componimenti agresti dell’antichità.
La ‘Natura personale’ è una condizione interiore_esteriore dell’artista che si pone come antenna ricetrasmittente degli archetipi cosmici e sociali.

TraRariTipi (Luca TRAiniDebora FerRARI)


Colgo l’occasione per proporre in questa pagina tre poesie di Debora Ferrari e un mio testo inedito sull’arte di Luciano Finessi.





(cartolina)

A verdi guglie i pini
Saettano il blu_sonoro
Di ghiacciaio.


(impianti di risalita)

Mattino e la voce del torrente
Risana i suoni, le risa
D’infanzia e il fruscio dei pini.
Salgo, immersa in nubi di memoria,
raccogliendo gocce di sole.



(preghiera)

le gemme trasformate si nutrono di fiati
apro le mani al tempo
annuso spore di fiori
contro il mezzogiorno il volto
delle ore mi guarda alzato.
Mi ammonisce la pazienza delle vette.



L’OCCHIO COME CELLULA


L’occhio per sua natura cerca l’orizzonte, ogni battito schiude confini che interrogano, devono alzarsi in volo le palpebre perché sia cristallino anche il cielo: l’occhio deve rinascere come una cellula per indagare nuovi punti di vista. Ecco l’iride crescere come un feto, le pupille giocare nel cielo riflesso nell’acqua come girini. C’è un senso di appartenenza comune che sfugge come il vento. Ci sono dettagli impalpabili di un’evidenza accecante.



ENNI (Eventi Naturali Non Identificati)
Lacrime ancora nel bulbo oculare di Luciano, Finessi Luciano, un tempo disegnatore preciso di resti archeologici, resti umani di una storia fatta propria dalla natura senza differenze evidenti, ctonie, dove la metamorfosi è norma di vita. La cornea diventerà baccello. Il seme, corpo vitreo. E questa incubazione riprodurrà anche gli odori, il profumo di una mente non più scissa, una camera di compensazione per quella nostalgia che già senti futuro di erba alto fusto rami foglie: l’intreccio di ombre la cui cifra è la luce.
Controluce di sguardi verso l’alto. Controcampo dove planare: la regia dovrà cercare l’occhio nella radura perché anche la radura è un occhio, rivolto al lato nascosto della natura. Il sole andrà cercato di slancio da questa retina finalmente innervata di linfa inebriata da ciò che sale, che cade. In un identico grido di gioia.

Foto della mostra e opere di Luciano Finessi

domenica 19 luglio 2015

THE COLORS OF THE NEW ART


Vincent van Gogh, Autoritratto (1888)

Who should arrange the list of new colors?

Since the arrival of industrial colors in the last century, artistic expression has radically changed in the hands of artists, as well as the amount and gradations of colors to be named one by one. Colors’ names have been replaced by pantone numbers designed to settle quickly in the offset printing presses, but which are now also among the choices of concept artists when they create what we now call ‘File Art’.
Hardware and software take the place of the traditional canvas and pigments. If 10 or 20 years ago we considered the fading of tones and colors as an impoverishment of the expressions capabilities, nowadays in this virtual reality, that by belonging to our existence has become real, technological innovation allows young artists and designers choices which were previously unthinkable, mash-ups of photography-action-painting that on the one hand have lost the characteristic aniline smell and taste; but they are able to give us the emotions of artistic forms forgotten in time, that today can awaken in order to allow us to continue on the aesthetic path. Examining for example the views of Roman ruins we can easily recognize the inspirations and shapes of Piranesi’s works rather than other Roman landscape painters, paintings by Dürer become animated in the game Assassin's Creed.


If the form is action we fear defining it as art

We can define the current one as a ‘middle period’, which certainly will lead to rapid developments during these first decades of the century, The application of technology in the era of artistic manua(bi)lity, gives high value to the work of concept artists who, being trained in academies and well experienced, skilfully depict both scenarios and game characters. A nodal period, in the making, clear and obscure in some respects, but certainly revealing as it is a carrier of new mechanisms such as the cooperation between D’Annunzio and Pastrone in Cabiria which led to the rise of cinema as art. Time was an extremely important element in kinetic and performance arts of last century. In photography – long trialed over its artistic value – timeframe is always set in the past. The shot, the print, be it analogue or digital, is always depicting a moment that is gone, a fragment representing what it used to be, so as in Barthes’ theorization. Cinema is the development of a specific moment in motion, but still the sum of many moments that were. The more we review a sequence, the more we enjoy its dynamism, nevertheless it will always be identical to itself. Videogame is interactive. The player becomes part of a dimension as much involved and engaging as the artist who created it. The gamer interacts physically and spiritually (through the controller, the PC keyboard or the portable console), he feels long lasting emotions, dives into, constantly shifting point of view. Therefore time in videogames is ‘distracted’, diversified, abstract and concrete. All forms of art implying or remembering motion have encountered serious obstacles in the process of recognition as arts; nowadays the videogame is undergoing the same process, both in the increased amount of forms and contents and in the observation of them by the critical eye of society.




Chi redigerà la lista dei colori nuovi?

“Chi mai potrà redigere la lista dei colori scomparsi?” chiede Jean Clair aprendo il capitolo “Mestiere, mito e memoria” dopo aver scorso le affermazioni di Julien Gracq nel constatare la laicizzazione dell’arte che fra i blu di Beato Angelico e i blu di Vermeer conduce a una despiritualizzazione della sua materia. Non solo l’espressione dell’arte muta tra le mani degli artisti per l’arrivo dei colori industriali del secolo scorso, ma quanti e quali colori chiamati uno a uno per nome, possiamo oggi aggiungere noi, si sono sostituiti con numeri di pantoni che vanno a comporre velocemente le stampe offset nelle tipografie ma soprattutto sono tra le scelte dei concept artists quando devono creare quella che ora noi chiameremo File Art. Se infatti fino a venti/dieci anni fa potevamo guardare la scomparsa di toni e colori come un impoverimento delle possibilità espressive, oggi, in questa parte di realtà virtuale ma pur sempre elemento della nostra esistenza e quindi reale nel nostro mondo, le innovazioni tecnologiche consentono ai giovani artisti e designer scelte impensabili prima, commistioni di fotografia-azione-pittura che da una parte non hanno più l’odore e il sapore delle aniline di una volta, ma sono in grado di ridarci emozioni formali di forme artistiche sopite nel tempo, forme interrotte che oggi possono risvegliarsi per permetterci di proseguire un cammino estetico. Prendiamo ad esempio gli scorci delle rovine romane e ritroviamo le ispirazioni e le forme riattualizzate delle opere di Piranesi o dei pittori paesaggisti romani, i dipinti di Dürer divenuti animati in Assassin's Creed.


Se la forma è azione ci fa paura chiamarla arte

Possiamo definire questo periodo di mezzo, che certamente porterà a sviluppi veloci in questi primi decenni del nuovo secolo, l’epoca dell’applicazione tecnologica nell’era della sua manua(bi)lità artistica, dando un valore al lavoro dei concept artists che sapientemente dipingono con capacità accademiche ben esperite scenari e personaggi del videogioco. Un periodo, questo, nodale, in divenire, chiaro e oscuro in certi aspetti, ma rivelatore, portatore di meccanismi nuovi, tanto quanto la collaborazione fra d’Annunzio e Pastrone in Cabiria portò alla nascita del cinema considerato come arte. Riflettiamo sul tempo, una componente importantissima nelle arti non solo cinetiche ma anche performative del secolo scorso. Nella fotografia – a lungo processata sulla sua artisticità – il tempo è sempre passato, lo scatto, la stampa, analogica o digitale non importa, è sempre un momento che non c’è più, è un punctum che rappresenta ciò che “è stato”, come afferma Barthes. Il cinema è lo sviluppo di un tempo preciso, in movimento, ma somma di tanti momenti che “sono stati”. Possiamo rivederlo e rivederlo ma pur assaporandone in un certo senso la dinamicità questa sarà sempre solo identica a se stessa. Il videogioco è interattivo. Il giocatore entra a far parte di una dimensione coinvolta e coinvolgente quanto l’artista che l’ha creato. Il giocatore interagisce spiritualmente e fisicamente (con il controller o la tastiera del pc o la console portatile), prova delle emozioni che perdurano, si immerge, cambia in continuazione il punto di vista. Il tempo del videogioco è dunque un tempo “distratto”, diversificato, astratto e concreto ogni volta che cambia lo sguardo e l’azione del giocatore nelle sue scelte.
Se tutte le arti contenenti o rimandanti a un movimento hanno avuto difficoltà a essere comprese come arti, ora il videogioco si trova ad affrontare lo stesso processo inteso sia come crescita di forme e contenuti sia come osservazioni degli stessi da parte della società.


Artemisia Gentileschi, Autoritratto come allegoria della Pittura (1638-39)