C’è una “memoria naturale” nell’uomo, una linfa rarefatta ma tenace che
unisce i nostri ricordi alle radici fisiche e ancestrali della natura. Si trova in uno stato di sonno, come sospesa, ma quando l’amore e l’arte
vi innestano la loro energia eccola trasformare la nostra realtà in un sogno a occhi aperti. Difendere questa realtà di meraviglia e armonia con l’ambiente in
cui siamo immersi è un tema particolarmente sentito dagli artisti di una
regione di rara bellezza come la Valle d’Aosta. In particolare da Luciano
Finessi, Oreste Ferrando, Dolores Gérard, Roberto Priod e Patrizia Valcarenghi
nella mostra L’ago nel pagliaio – Natura personale alla Maison
Gérard Dayné di Cogne. Una vera e propria evocazione della “memoria naturale”
attraverso un percorso multimediale di installazioni, pitture e fotografie per essere coinvolti in un’esperienza
emozionale e sensoriale: “I lavori degli Artisti possono diventare un veicolo, un tramite per
risuonare in una dimensione intima, cogliendo il “limen”, spazio limite, in cui
il manufatto ed il naturale si confrontano”.
La mostra resterà aperta fino al 30 agosto. Parte
dei proventi derivanti dalla vendita dei biglietti di entrata alla mostra
saranno devoluti alla STUPA onlus (www.stupa-onlus.org) per progetti in favore
delle popolazioni del Nepal.
Opere che danno una forte emozione, ma non
sono emotive. Quadri sensoriali, dove puoi vibrare di sensazioni ma leggerli
con la mente. I paesaggi sensoriali di questa esposizione, di queste ‘nature
personali’ vengono creati da una logica percettiva molto contemporanea, dettata
se vogliamo dalla velocità delle nostre suggestioni visive quotidiane oppure
dalla molteplicità di immagini che siamo abituati a ‘processare’ ogni giorno e
che nella nostra memoria possono assumere una forma così assoluta da perdere i
contorni. Forti sono i dati del ‘ritmo’, della
tecnica e della resa di questi amici artisti. Il ritmo che sviluppa nella
totalità collettiva è quasi da poema epico, ovvero nella grammatica delle
composizioni accostate incontriamo tempi distesi e ben marcati che a volte si
infittiscono, creando come delle ‘battaglie’ per intensità e forza. Altre volte
i ritmi sono più ‘arcadici’: il verso cromatico si abbrevia, la forma si
chiude, lo spazio si delimita, come in taluni componimenti agresti
dell’antichità.
La ‘Natura personale’ è
una condizione interiore_esteriore dell’artista che si pone come antenna
ricetrasmittente degli archetipi cosmici e sociali.
TraRariTipi (Luca TRAini, Debora FerRARI)
Colgo l’occasione per proporre in questa pagina tre poesie di Debora Ferrari e un mio testo inedito sull’arte di Luciano Finessi.
(cartolina)
A verdi guglie i pini
Saettano il blu_sonoro
Di ghiacciaio.
(impianti di risalita)
Mattino e la voce del torrente
Risana i suoni, le risa
D’infanzia e il fruscio dei pini.
Salgo, immersa in nubi di memoria,
raccogliendo gocce di sole.
(preghiera)
le gemme trasformate si nutrono di
fiati
apro le mani al tempo
annuso spore di fiori
contro il mezzogiorno il volto
delle ore mi guarda alzato.
Mi ammonisce la pazienza
delle vette.
L’OCCHIO COME CELLULA
L’occhio per sua
natura cerca l’orizzonte, ogni battito schiude confini che interrogano, devono
alzarsi in volo le palpebre perché sia cristallino anche il cielo: l’occhio
deve rinascere come una cellula per indagare nuovi punti di vista. Ecco l’iride
crescere come un feto, le pupille giocare nel cielo riflesso nell’acqua come
girini. C’è un senso di appartenenza comune che sfugge come il vento. Ci sono
dettagli impalpabili di un’evidenza accecante.
ENNI (Eventi Naturali Non
Identificati)
Lacrime ancora
nel bulbo oculare di Luciano, Finessi Luciano, un tempo disegnatore preciso di
resti archeologici, resti umani di una storia fatta propria dalla natura senza
differenze evidenti, ctonie, dove la metamorfosi è norma di vita. La cornea
diventerà baccello. Il seme, corpo vitreo. E questa incubazione riprodurrà
anche gli odori, il profumo di una mente non più scissa, una camera di
compensazione per quella nostalgia che già senti futuro di erba alto fusto rami
foglie: l’intreccio di ombre la cui cifra è la luce.
Controluce di sguardi verso l’alto. Controcampo dove
planare: la regia dovrà cercare l’occhio nella radura perché anche la radura è
un occhio, rivolto al lato nascosto della natura. Il sole andrà cercato di
slancio da questa retina finalmente innervata di linfa inebriata da ciò che
sale, che cade. In un identico grido di gioia.
Foto della mostra e opere di Luciano Finessi
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