domenica 14 giugno 2020

LA SPERANZA LUMINOSA DI KAREEM, LA NOIA DISTOPICA DI ELLROY E I NUOVI “BORGHI PUTRIDI”


La bellissima intervista su Repubblica a Kareem Abdul-Jabbar, mito dello sport ma soprattutto persona di grande umanità da sempre impegnata nel sociale, ci offre una lucida analisi politica ricca di speranza e ne abbiamo bisogno ("Difficile dire, ma io ho speranza. Siamo presi fra Storia e Speranza."). Non solo quando commenta con esemplare equilibrio, contenendo un giustissimo sdegno, l’assassinio di George Floyd, ma anche quando individua quello che è ormai un problema cruciale per ogni soluzione democratica: il sistema elettorale americano. "Bisogna cambiare il collegio elettorale che è un anacronismo. La maggior parte degli americani vivono in città e il nostro corpo legislativo non lo riflette. Riuscire ad avere i risultati elettorali che riflettono quello che la gente in America veramente vuole è una cosa che va fatta. E' un sistema che va cambiato". Il problema dei “borghi putridi” (collegi rurali favoriti rispetto a quelli cittadini) che distorse la rappresentanza parlamentare in Inghilterra fino alla riforma del 1832 (e a quella del 1872) si ripropone oggi negli USA. Nelle presidenziali americane il contrasto fra voti complessivi e grandi elettori, escludendo l’episodio dell’elezione di Harrison nel 1888, non si era fatto sentire fino alla contestata vittoria di Bush junior nel 2000 (Al Gore sconfitto nonostante 500.000 voti più dell’avversario). Con l’ultima tornata elettorale il distacco è diventato di quasi 3.000.000 di elettori: è pericoloso - e ridicolo - che si continuino ad eleggere presidenti non espressione dalla maggioranza complessiva degli elettori o quanto meno con collegi meno sperequati. Specie se, come Trump, non si fa nulla per ricucire questo strappo, anzi.
All’opposto di tale profondità la solita solfa ormai superficiale di James Ellroy col suo lucroso pessimismo di comodo e il suo conservatorismo esibizionista e retrivo, utile a fargli vendere qualche copia in più oltre al pubblico affezionatissimo di radical chic masochisti. Stare dalla parte della polizia non significa essere complici di chi abusa e infanga una divisa per commettere crimini senza pagarne le conseguenze. Certo, non siamo al delirio ripugnante dell’ex nunzio Viganò (una volta tanto do ragione a Lavater), ma, d’altro canto, per gente frustrata come questo genere di scrittori, che vuole vedere criminali dappertutto, i delinquenti senza speranza sono merce preziosa. Dopo il Covid e con quello che succede negli USA, in Brasile o a Hong Kong, solo per fare qualche esempio, spero che almeno ci si cominci a stancare di tutto questo packaging distopico.

P.S. Per quanto riguarda statue abbattute o imbrattate (tutte comunque di scarso valore artistico), mi pronuncio a favore solo nei casi più eclatanti: il mercante di schiavi Edward Colston, il genocida Leopoldo II e anche il razzista Jefferson Davis.
Con l’avvertenza di non inquinare i fiumi o lasciarle in giro come spazzatura, ma semplicemente chiuderle e custodirle in un museo. Con altre opportune avvertenze.

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