Sta in via Porlezza all’incrocio
con via Giulini, ma dovrebbe essere più di quest’ultima il mio piccolo teatro
milanese, perché fu proprio lo storico Giorgio Giulini a dedicare un suo Ragionamento all’antico anfiteatro romano della città meneghina. E io
amo questo piccolo anfiteatro moderno e senza belve che sembra essere stato
costruito proprio in suo onore.
La struttura è quella di un
teatro antico in versione bonsai, con
tre lastroni che stanno alle tre classiche aperture sulla scena. Piccolo spazio, grande aggregazione.
Posti previsti: meno di cento, ma avvinti. In un incrocio - luogo perfetto per ogni rappresentazione - dove gli spettatori, quasi catapultati sul
semicerchio dell’orchestra, pronti a immergersi nel mistero della finzione
drammatica, avrebbero sentito dietro le spalle il brivido di un mistero ancora
più concreto: una casa tagliata letteralmente in due, in orizzontale, con la
porta murata ma a cielo aperto, come il teatro.
Ci passavo andata e ritorno
quando andavo all’università e spesso restavo in raccoglimento davanti a quei
gradoni, immaginando di allestirvi i drammi che stavo scrivendo. Mi piaceva che
fosse una pausa di respiro chiusa fra edifici così alti, più difesa che
prigioniera e, in ogni caso, ottima per decollare e sfidare le altezze. C’era e
c’è tuttora accanto una piccola chiesa ortodossa dalle forme essenziali,
a testimoniare comunque un’alternativa intima alle grandi finestre che la
circondano, quelle dove rispecchiavo il mio pubblico e tutta una serie di
allestimenti che avrebbero unito il contemporaneo all’ancestrale (da '900 Vampiri a Resurrezione e morte di Jean-Antoine Watteau). Il sogno
continuava accompagnato dal lamento del treno dalla Stazione Cadorna alle Nord
di Varese.
Il mio Caravaggio (1988) barcollava dalla casa tagliata fino ai lastroni di cemento della scena,
all’epoca nudi, che rappresentavano il mare invalicabile e la perdita di salvezza dell’uomo, lo sciabordio ossessivo della risacca unito al rumore di
fondo delle auto che passano. Tre pescatori, lo stesso numero dei lastroni,
sempre da quella casa decapitata, lo scorgevano sul punto di svenire. Ma uno
solo ne avrebbe avuto pietà - il Cristo uomo sulla croce, non il Padre, non lo
Spirito Santo della Controriforma - lo avrebbe accompagnato alla morte.
La mia riflessione è fuori scena ma in argomento, in
cima al Sacro Monte di Varese.
Il mio piccolo teatro, come Milano, è all’orizzonte, in fondo, a sinistra.
Il mio piccolo teatro, come Milano, è all’orizzonte, in fondo, a sinistra.
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