I primi, profondi contatti con l’arte - il tatto oltre la visione di quelle pagine di cataloghi che non erano il Postal Market - li ho sentiti con forza quand’ero bambino e vivevo in quello che, a torto, è stato considerato il paese meno artistico d’Italia: la piccola, felice Repubblica Popolare di Porto Sant’Elpidio degli anni ’70. Tutto nuovo, nessuna sudditanza rispetto a chissà quale passato favoloso, caratteristica castrante - e indegna proprio del nostro migliore passato - della mia Italia.
Dopo tante fughe dalle Marche
dell’interno come dalla Lombardia profonda, il cassone dove mia madre,
finalmente sola e pittrice, teneva i suoi libri d’arte era nella camera dei
suoi genitori, che vivevano con noi. Lì
stavano i Maestri del colore con
Bramantino e i Classici dell’arte con
Bruegel e io li sfogliavo sedendomi protetto in quel baule. Ma esiste
protezione contro le scariche elettriche della grande arte?
Naturalmente no. E io cercavo di
contrastare il Trionfo della morte di
Bruegel imbrattando con la biro le pagine del libro con tutta una serie di
soldati stilizzati di rinforzo contro l’esercito di scheletri che sembrava aver
la meglio sui poveri umani, sulla pace che la mia famiglia materna aveva da
poco conquistato sul ramo paterno, violento e nostalgico.
Poi, però, veniva Bramantino, con
l’Ecce Homo allucinato, la Crocifissione di Brera e Madonna col Bambino che sta
all’Ambrosiana, con quel cadavere composto accanto una rana mostruosa. Commento
della nonna, vecchia contadina Azione Cattolica, che forse vuole solo andare a dormire
(ma non è così): “Guarda, ormai hai sette anni: i peccati cominciano a essere
mortali”. Così presto? I 10+ che mi ha dato in prima elementare il maestro
Angelo Tocchetti, grande maestro per sempre, contano poco perché è un comunista…
Non mi arrendo. Continuo a
disegnare aiuti contro la morte anche nei dettagli del Trionfo bruegeliano. Vorrei pure cancellare tutto il contesto di
Bramantino. Mia madre con dolcezza mi dice di no: la bellezza, anche se fa male,
va compresa. E io, che potrò andare all’università, troverò un giorno il modo
per andare oltre.
Intanto scarabocchio nuovi
difensori per le fortezze di Saul nelle pagine dell’artista fiammingo e, a 17
anni, scopro l’“apocatastasi” del teologo Origene, la non-eternità dell’inferno,
per risolvere a lieto fine i drammi dell’altro pittore nato a Milano.
Oggi cerco di guardare con distacco questi due antichi amori violenti, tentando ancora una volta una soluzione, senza biro, senza alcun tipo di consolazione. Restano pagine, quadri: la nostra civiltà, che è un sogno ad angolo retto.
I due racconti completi in
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