Screenshot
Fotografie virtuali di Emanuele Bresciani e Immagini alla deriva
di giovani artisti dell’Accademia G.
Carrara di Bergamo e dell’Accademia di Belle Arti di Verona
Luzzana,
Museo d’Arte Contemporanea – Donazione
Meli – Ex chiesa di San Bernardino da Siena
Inaugurazione: sabato 8 febbraio 2020 ore 18.00Apertura: 9-29 febbraio 2020
mercoledì ore 14.30-18.00; sabato 9.30-12.00; domenica 15.30-17.30
Emanuele
Bresciani è un reporter da nuovi mondi, quelli virtuali, le cui mappe si
propagano ogni giorno di più nelle cartografie terrestri, nella vita, nel lavoro,
nell’arte. I suoi sono reportage nelle sterminate lande retroilluminate dei
videogame dove andare attraverso lo schermo, lo specchio contemporaneo di
Alice, e fare ritorno con la giusta provvista per la fame di immagini è
obiettivo di un’operazione complessa ed esperta che non ha nulla da invidiare
alla Fotografia con la “F” maiuscola cui siamo abituati da quasi due secoli. Emanuele
è uno dei pionieri a livello mondiale di una nuova arte: la Virtual
Photography, conosciuta anche come In-Game Photography.
La
sua personale al Museo d’Arte Contemporanea-Donazione Meli di Luzzana, nella
suggestiva sede distaccata dell’ex Chiesa di San Bernardino, è una prima
mondiale che parla italiano. Come The Art
of Games ad Aosta nel 2009 (con tanto di benedizione del CNR) da parte di
Neoludica Game Art Gallery, progetto ideato e seguito da Debora Ferrari e Luca
Traini (curatori del catalogo di questa mostra e alle cui esposizioni le foto di Bresciani sono sempre presenti), o la partecipazione della stessa alla
Biennale d’Arte di Venezia del 2011. I lavori di Emanuele (in copertina uno splendido scatto da Uncharted 4) sono le prime opere
di Virtual Photography d’autore a essere esposte al di fuori dell’abituale
circuito di fiere ed eventi strettamente legati al mondo dei videogiochi.
La
Virtual Photography nasce come esperimento di riproduzione della fotografia
classica all’interno dei mondi virtuali dei videogame tramite un software
interno ai giochi stessi: il Photo Mode. In un’intervista rilasciata a Rolling Stone lo scorso anno l’artista
ha descritto in modo efficace i suoi esordi e l’approccio a questa nuova tecnologia
e alla sua estetica: “Nel 2004, su una Playstation2 all’avanguardia come non
mai, un ispirato Kazunori Yamauchi decide di inserire per la prima volta in un
videogioco un software capace di catturare immagini di gioco ricreando una
macchina fotografica virtuale all’interno del suo capolavoro Gran Turismo 4. E’
stata una iniziativa pioneristica ed epocale, le cui ripercussioni sono tuttora
presenti nell’hardware delle console Sony. Io c’ero, le mie foto piacquero agli
amici e spopolarono nei forum di quel tempo, e quella è stata la mia prima
esperienza con la Virtual Photography. Nel 2009, un giornalista della rivista
Edge di nome Duncan Harris mise online un sito chiamato deadendthrills.com che
mi appassionò e motivò a tal punto da mettere online un mio sito di in-game
photography chiamato electricblueskies.com (2010-2016)”.
Un
fenomeno diventato di massa negli ultimissimi anni, specie fra i giovani. Con
l’avvertenza che, come per la fotografia in generale non basta avere in mano
una macchina per diventare veri fotografi, per essere dei virtual in-game fotografi
non è sufficiente congelare in uno scatto uno screenshot qualsiasi. Anche in
questa dimensione virtuale bisogna saper cogliere l’attimo di una scena
cruciale, l’istante e i chiaroscuri che rivelano la psicologia di un
protagonista, il momento particolare di un’atmosfera che emana da una relazione
fra personaggi o da un paesaggio che può anche esulare dal percorso abituale
del gioco.
E Bresciani, acuto visitatore di questi mondi, è padrone assoluto di
queste pennellature, dando vita a contenuti assolutamente unici e originali,
spesso trascendendo il videogioco stesso e restituendo immagini a metà tra la fotografia,
il dipinto a olio e l’artwork classico a matita o carboncino: “Uno scatto
nasce da un insieme di fattori, il più importante dei quali è l’avere vissuto
il gioco a tal punto da averne carpito l’anima e lo spirito più profondi. Diversamente
dalla fotografia classica, che si basa sul cogliere un attimo irripetibile in
un mondo in perenne movimento e mai uguale a se stesso, la Virtual Photography tende
invece a condensare in uno scatto irripetibile un’esperienza lunga anche 50
ore. Perché solo dopo svariate ore in un gioco puoi cogliere le espressioni più
singolari di un personaggio, animazioni uniche, piccoli tocchi di classe,
dettagli di arredamento o elementi che risaltano particolarmente ad una
specifica ora del giorno”.
La mostra è curata da Bruno Ghislandi, che ha
inoltre seguito l’esposizione che accompagna le opere di In-Game Photography: Immagini alla deriva di giovani artisti,
progetto coordinato da Agustín Sànchez che vede protagonisti 62 studenti dell’Accademia
di Belle Arti G. Carrara di Bergamo e dell’Accademia di Belle Arti di
Verona, che espongono ciascuno uno scatto del viaggio che hanno intrapreso su
Google Street View.
La creatività dei Virtual Photographer è arte, una ulteriore
nuova arte all’interno delle Game Art che si stanno affermando nel XXI secolo.
La sempre più stretta connessione fra nuove tecnologie e arte è un marchio
decisamente Made in Italy pronto a sviluppare nuovi obiettivi e a superare
nuove frontiere dentro e fuori lo schermo.
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