martedì 4 febbraio 2020

LA VIRTUAL PHOTOGRAPHY D’AUTORE AL MUSEO: UNA PRIMA MONDIALE ITALIANA


Screenshot

Fotografie virtuali di Emanuele Bresciani e Immagini alla deriva di giovani artisti dell’Accademia G. Carrara di Bergamo e dell’Accademia di Belle Arti di Verona

Luzzana, Museo d’Arte Contemporanea – Donazione Meli – Ex chiesa di San Bernardino da Siena
Inaugurazione: sabato 8 febbraio 2020 ore 18.00
Apertura: 9-29 febbraio 2020
mercoledì ore 14.30-18.00; sabato 9.30-12.00; domenica 15.30-17.30



Emanuele Bresciani è un reporter da nuovi mondi, quelli virtuali, le cui mappe si propagano ogni giorno di più nelle cartografie terrestri, nella vita, nel lavoro, nell’arte. I suoi sono reportage nelle sterminate lande retroilluminate dei videogame dove andare attraverso lo schermo, lo specchio contemporaneo di Alice, e fare ritorno con la giusta provvista per la fame di immagini è obiettivo di un’operazione complessa ed esperta che non ha nulla da invidiare alla Fotografia con la “F” maiuscola cui siamo abituati da quasi due secoli. Emanuele è uno dei pionieri a livello mondiale di una nuova arte: la Virtual Photography, conosciuta anche come In-Game Photography.
La sua personale al Museo d’Arte Contemporanea-Donazione Meli di Luzzana, nella suggestiva sede distaccata dell’ex Chiesa di San Bernardino, è una prima mondiale che parla italiano. Come The Art of Games ad Aosta nel 2009 (con tanto di benedizione del CNR) da parte di Neoludica Game Art Gallery, progetto ideato e seguito da Debora Ferrari e Luca Traini (curatori del catalogo di questa mostra e alle cui esposizioni le foto di Bresciani sono sempre presenti), o la partecipazione della stessa alla Biennale d’Arte di Venezia del 2011. I lavori di Emanuele (in copertina uno splendido scatto da Uncharted 4sono le prime opere di Virtual Photography d’autore a essere esposte al di fuori dell’abituale circuito di fiere ed eventi strettamente legati al mondo dei videogiochi.


La Virtual Photography nasce come esperimento di riproduzione della fotografia classica all’interno dei mondi virtuali dei videogame tramite un software interno ai giochi stessi: il Photo Mode. In un’intervista rilasciata a Rolling Stone lo scorso anno l’artista ha descritto in modo efficace i suoi esordi e l’approccio a questa nuova tecnologia e alla sua estetica: “Nel 2004, su una Playstation2 all’avanguardia come non mai, un ispirato Kazunori Yamauchi decide di inserire per la prima volta in un videogioco un software capace di catturare immagini di gioco ricreando una macchina fotografica virtuale all’interno del suo capolavoro Gran Turismo 4. E’ stata una iniziativa pioneristica ed epocale, le cui ripercussioni sono tuttora presenti nell’hardware delle console Sony. Io c’ero, le mie foto piacquero agli amici e spopolarono nei forum di quel tempo, e quella è stata la mia prima esperienza con la Virtual Photography. Nel 2009, un giornalista della rivista Edge di nome Duncan Harris mise online un sito chiamato deadendthrills.com che mi appassionò e motivò a tal punto da mettere online un mio sito di in-game photography chiamato electricblueskies.com (2010-2016)”.
Un fenomeno diventato di massa negli ultimissimi anni, specie fra i giovani. Con l’avvertenza che, come per la fotografia in generale non basta avere in mano una macchina per diventare veri fotografi, per essere dei virtual in-game fotografi non è sufficiente congelare in uno scatto uno screenshot qualsiasi. Anche in questa dimensione virtuale bisogna saper cogliere l’attimo di una scena cruciale, l’istante e i chiaroscuri che rivelano la psicologia di un protagonista, il momento particolare di un’atmosfera che emana da una relazione fra personaggi o da un paesaggio che può anche esulare dal percorso abituale del gioco.


E Bresciani, acuto visitatore di questi mondi, è padrone assoluto di queste pennellature, dando vita a contenuti assolutamente unici e originali, spesso trascendendo il videogioco stesso e restituendo immagini a metà tra la fotografia, il dipinto a olio e l’artwork classico a matita o carboncino: “Uno scatto nasce da un insieme di fattori, il più importante dei quali è l’avere vissuto il gioco a tal punto da averne carpito l’anima e lo spirito più profondi. Diversamente dalla fotografia classica, che si basa sul cogliere un attimo irripetibile in un mondo in perenne movimento e mai uguale a se stesso, la Virtual Photography tende invece a condensare in uno scatto irripetibile un’esperienza lunga anche 50 ore. Perché solo dopo svariate ore in un gioco puoi cogliere le espressioni più singolari di un personaggio, animazioni uniche, piccoli tocchi di classe, dettagli di arredamento o elementi che risaltano particolarmente ad una specifica ora del giorno”.


La mostra è curata da Bruno Ghislandi, che ha inoltre seguito l’esposizione che accompagna le opere di In-Game Photography:  Immagini alla deriva di giovani artisti, progetto coordinato da Agustín Sànchez che vede protagonisti 62 studenti dell’Accademia di Belle Arti G. Carrara di Bergamo e dell’Accademia di Belle Arti di Verona, che espongono ciascuno uno scatto del viaggio che hanno intrapreso su Google Street View.


La creatività dei Virtual Photographer è arte, una ulteriore nuova arte all’interno delle Game Art che si stanno affermando nel XXI secolo. La sempre più stretta connessione fra nuove tecnologie e arte è un marchio decisamente Made in Italy pronto a sviluppare nuovi obiettivi e a superare nuove frontiere dentro e fuori lo schermo.

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