Commento musicale Josquin Desprez, Qui habitat
L'uomo François Villon, prima ancora che il poeta, dopo tante traversìe, volle fare pace con la sua città, Parigi.
Ci siamo lasciati così male, mia città. Ora
invece te lo dico col cuore e in bel latino: “Ave atque vale”, “Addio e stammi
bene, curati”. E tu non dici niente?
Devo fingere una brezza per credere che tu mi accarezzi?
Così sia, Parigi Lutezia nata dal fango, come
è scritto nel Libro che sia stato per l’uomo: abbiamo ancora bisogno di
carezze, come i bambini, come i cani.
Eh sì, che mi hai grattato via come la rogna.
Come un cane rognoso mi hai sbattuto fuori di casa.
E poi io - io – sono guarito perché mi è
apparsa la Poesia. Veniva dalla taverna del “Cavallo bianco” a quella de
“L’asino a strisce”, dove dormivo ubriaco fradicio. Mi diede una tale sberla
con quelle candide manine, che ancora mi sembra di sentire un giglio rovente
sulla guancia destra.
Strabuzzo gli occhi e ti vedo un viso così
dolce - la Bellezza, quella vera, lo sai, ferisce – “Tu dormi” scandì
sorridente “ma io, il tuo cuore, veglio”.
Fu allora che Dama Memoria venne dall’osteria
“La mula”. Fissai anche lei un po’ demente, anche lei ridente. Che pure mi
mollò un ceffone. Lo stesso bruciore sulla guancia sinistra. E la stessa
allegria in quest’altra donna alle parole: “Ho reciso il filo della tua vita
passata, come una tessitrice”.
E tutt’e due insieme, a me ardente, finalmente
sveglio e sorridente: “Godi, figlio nostro, nella tua nuova adolescenza!”.
E svanirono. E mi svegliai di nuovo. Sono
sveglio, attento, mi guardo tutt’attorno - dove sono? – in cerca di un po’ di
vento.
Parigi, tu lo sai, si dice che il lupo vive di
vento. E io lo attendo, per avere in cambio la tua carezza: alita dal tuo fango
un po’ di rezzo!
Nota I nomi delle taverne tratti dalla
XII strofa del “Lascito”; “Io dormo, ma il mio cuore veglia”, qui rivisitato
come gli altri brani biblici, è da Isaia; Dama Memoria è la personificazione
del trattato citato nella strofa XXXVI del “Lascito”; “Hai reciso il filo della
mia vita come un tessitore” è preso da Giobbe e già citato nel “Testamento” alla
XXVIII strofa come “Godi, figlio mio, nella tua adolescenza”, tratto
dall’Ecclesiaste, nella XXVII; il detto popolare “Il lupo vive di vento” è
nella strofa II del “Lascito”.
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