Il mio amore per le epoche di
passaggio nasce a 16 anni col furto più acrobatico che abbia mai fatto in una
libreria, quello de La storia nuova di
Zosimo (in realtà vecchia di 1500 anni): libro e cofanetto dorato in un colpo
solo, celati in una zona vitale e coperti da un osceno dolcevita acrilico
vinaccia e da un piumino sfilacciato verdastro. Abiti che certo sarebbero
dispiaciuti a un aristocratico tardoantico innamorato di raffinati tessuti
serici. Gli sarei sembrato uno di quei fanatici cristiani che si vestivano di
stracci e che, da nostalgico pagano, avrebbe disprezzato. “Anche i Visigoti ora
amano vestirsi in modo decente e tu…”.
Io ti ho letto e ti rileggo
sempre con passione, nostalgico (solo dal punto di vista estetico) di grafica e
design delle edizioni storiche Rusconi degli anni ’70 (Zosimo era del ’78,
l’anno in cui ero emigrato a Varese). All’università poi, in uno splendido
corso di letteratura bizantina su un altro mio amore, la Cronografia di
Michele Psello ho avuto la fortuna di conoscere il tuo traduttore: il mitico
professor Fabrizio Conca.
Sei uno storico che neanche finge
come Tacito - altro che “sine ira atque studio”! - scorbutico, arbitrario nei
giudizi, dalle prospettive annebbiate se non assenti, un grande pessimista come
poteva esserlo un uomo dalla ricca pensione, ma di una nostalgia così tenera e
feroce che non riesco a non volerti bene. Hai ritratto un cosmo che vedevi –
pazzesco! - andare in rovina senza avere la forza di cercare di rimettere in
sesto i cocci in qualche nuovo mosaico, brandelli di vita ricuciti in un
qualche insieme come per chi sta per morire, stile Dionisiache di Nonno diPanopoli in gara contro la Tebaide di Palladio. Stava crollando tutto il
tuo mondo e la tua opera si arresta poco
prima del Sacco del 410: la mano non ha retto al dolore? hai avuto la fortuna
di morire e non vedere? ti sei chiuso in un silenzio definitivo dopo le parole
piene di sdegno?
Semisse in oro di Anastasio I (imperatore dal 491 al 518)
Meglio non caricare troppo di un
alone romantico, perché hai scritto un secolo dopo quel cataclisma e ben al
riparo nella sicura Costantinopoli.
Nella tua edizione, curata con
tutto quell’amore di cui sono capaci i miei contemporanei (è sempre un sollievo,
anche quando le cose vanno storte, non essere vissuto nel tuo mondo orribile),
ho imparato ad amare quel gioiello artistico di trapasso che è il Dittico eburneo del console Anicio Probo,
tra le pagine 288 e 289, l’alleanza di Stilicone con gli Alani e gli Unni e la falsa notizia della
morte di Alarico. Ti ho saccheggiato come un Visigoto quando ho scritto il mio
romanzo Il dittico di Aosta.
Quando mi dedico alla curatela
delle mostre di Neoludica mi torna sempre in mente la tua lamentazione sul
fatto che la decadenza dell’impero dipendesse dalla decisione degli imperatori
cristiani di non celebrare più i Ludi Saeculares, i giochi pubblici organizzati
ogni 110 anni (ma per dubbi e complessità del calcolo rinvio alla lettura di
Censorino, De die natali, XVII, 1-15 ) per rivitalizzare il mito della potenza di Roma. Che
ne dici, proviamo a evitare la solita lagna sulla decadenza dell’Occidente con
i videogiochi? Con un Serious Game invece del solito “sparatutto”? “Gli
affollati ludi e i canti/ Tre volte nel chiaro giorno, tre/ Nella gradevole
notte” (Orazio , Carmen Saeculare, trad. Luca Canali) come oggi per una Global Game Jam.
Ross Wilson, Statua di C. S. Lewis,(foto di Genvessel), Belfast
E poi non credo di essere stato
l’unico a saccheggiarti. Chi ha dato vita a quel fantasy di successo de Le Cronache di Narnia,
parlo di Clive Staples Lewis, credo proprio abbia avuto l’idea leggendoti
direttamente o indirettamente (su qualche manuale di storia) quando parli degli
ultimi Etruschi e dei loro riti magici. Perché tu sei l’ultimo autore
dell’antichità a citarli in quanto tali, di passaggio a Roma provenienti da Narni, in latino Narnia (come
precedente mi ricordo solo la moglie dell’imperatore Decio, Erennia Etruscilla,
del III secolo, segno che di famiglie importanti fiere ancora del proprio
sigillo etrusco ne esistevano ancora).
Ritratto attribuito a Erennia Etruscilla, Museo Nazionale Romano (foto di MM)
Si dice che Lewis si sarebbe
ispirato a una cartina dell’Italia romana… Io invece sono del parere che sia stata la
semplice “captatio benevolentiae” di un professore di lingua e letteratura
inglese a Oxford che non poteva non conoscere un autore come te, che più di
altri hai descritto la fine del dominio romano sulla Britannia. Termine di
un’epoca che avrebbe scatenato la fantasia di un Goffredo di Monmouth e la nuova epica arturiana. E poi c’è la
drammaticità del contesto da te descritto a scatenare la fantasia. Roma Anno
Domini 408, assediata e stremata dai Visigoti di Alarico: “Pompeiano, prefetto della città, si incontrò con alcuni uomini giunti a Roma dall'Etruria. Costoro dissero di avere liberato una città di nome Narnia dai pericoli incombenti pregando la divinità e celebrando i riti tradizionali: allora si erano avuti straordinari tuoni e lampi, che avevano allontanato la minaccia dei barbari” (V, 41). Quest’atmosfera cupa e fiammeggiante è
l’ideale per un fantasy.
Tifone, affresco etrusco (III-I sec. a.C.), Tarquinia
Nella realtà, in una Roma ormai
cristianizzata, quei riti non ebbero il successo sperato. Il prefetto informò
papa Innocenzo I che, a sorpresa (e alla disperata), li permise, purché
venissero celebrati in segreto. Modalità inefficace a parere degli Etruschi,
che quindi li celebrarono insieme a un drappello di senatori sul Campidoglio e
in alcune piazze in totale solitudine: “Nessuno ebbe il coraggio di partecipare
alle cerimonie tradizionali”.
Svanivano così, in silenzio, due culture dalla storia millenaria. Anche questo muto, crudele trapasso può essere stato fonte di ispirazione.
Svanivano così, in silenzio, due culture dalla storia millenaria. Anche questo muto, crudele trapasso può essere stato fonte di ispirazione.
Roma tornò a trattare una
momentanea salvezza e la ottenne pagandola a peso d’oro, di seta e di pepe.
Peronet Lamy, Donazioni in moneta e in natura (XV sec.), miniatura dalla Notitia Dignitatum (V sec.)
Narnia avrebbe
ottenuto tutto questo qualche millennio dopo diventando un
romanzo, un film e un videogioco di successo.
“Viene poi l’imbrunire, chiamato forse così perché le cose incerte sono dette oscure, ed è incerto se questo periodo appartiene al giorno o alla notte. Successivo è il periodo delle luci accese…” (Censorino, De die natali, XXIV, trad. di Valter Fontanella).
“Viene poi l’imbrunire, chiamato forse così perché le cose incerte sono dette oscure, ed è incerto se questo periodo appartiene al giorno o alla notte. Successivo è il periodo delle luci accese…” (Censorino, De die natali, XXIV, trad. di Valter Fontanella).
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