domenica 12 luglio 2015

ZOSIMO, GLI ULTIMI ETRUSCHI E "NARNIA"



Il mio amore per le epoche di passaggio nasce a 16 anni col furto più acrobatico che abbia mai fatto in una libreria, quello de La storia nuova di Zosimo (in realtà vecchia di 1500 anni): libro e cofanetto dorato in un colpo solo, celati in una zona vitale e coperti da un osceno dolcevita acrilico vinaccia e da un piumino sfilacciato verdastro. Abiti che certo sarebbero dispiaciuti a un aristocratico tardoantico innamorato di raffinati tessuti serici. Gli sarei sembrato uno di quei fanatici cristiani che si vestivano di stracci e che, da nostalgico pagano, avrebbe disprezzato. “Anche i Visigoti ora amano vestirsi in modo decente e tu…”.
Io ti ho letto e ti rileggo sempre con passione, nostalgico (solo dal punto di vista estetico) di grafica e design delle edizioni storiche Rusconi degli anni ’70 (Zosimo era del ’78, l’anno in cui ero emigrato a Varese). All’università poi, in uno splendido corso di letteratura bizantina su un altro mio amore, la Cronografia di Michele Psello ho avuto la fortuna di conoscere il tuo traduttore: il mitico professor Fabrizio Conca.


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Sei uno storico che neanche finge come Tacito - altro che “sine ira atque studio”! - scorbutico, arbitrario nei giudizi, dalle prospettive annebbiate se non assenti, un grande pessimista come poteva esserlo un uomo dalla ricca pensione, ma di una nostalgia così tenera e feroce che non riesco a non volerti bene. Hai ritratto un cosmo che vedevi – pazzesco! - andare in rovina senza avere la forza di cercare di rimettere in sesto i cocci in qualche nuovo mosaico, brandelli di vita ricuciti in un qualche insieme come per chi sta per morire, stile Dionisiache di Nonno diPanopoli in gara contro la Tebaide di Palladio. Stava crollando tutto il tuo  mondo e la tua opera si arresta poco prima del Sacco del 410: la mano non ha retto al dolore? hai avuto la fortuna di morire e non vedere? ti sei chiuso in un silenzio definitivo dopo le parole piene di sdegno?

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Semisse in oro di Anastasio I (imperatore dal 491 al 518)

Meglio non caricare troppo di un alone romantico, perché hai scritto un secolo dopo quel cataclisma e ben al riparo nella sicura Costantinopoli.
Nella tua edizione, curata con tutto quell’amore di cui sono capaci i miei contemporanei (è sempre un sollievo, anche quando le cose vanno storte, non essere vissuto nel tuo mondo orribile), ho imparato ad amare quel gioiello artistico di trapasso che è il Dittico eburneo del console Anicio Probo, tra le pagine 288 e 289, l’alleanza di Stilicone con  gli Alani e gli Unni e la falsa notizia della morte di Alarico. Ti ho saccheggiato come un Visigoto quando ho scritto il mio romanzo Il dittico di Aosta.



Quando mi dedico alla curatela delle mostre di Neoludica mi torna sempre in mente la tua lamentazione sul fatto che la decadenza dell’impero dipendesse dalla decisione degli imperatori cristiani di non celebrare più i Ludi Saeculares, i giochi pubblici organizzati ogni 110 anni (ma per dubbi e complessità del calcolo rinvio alla lettura di Censorino, De die natali, XVII, 1-15 ) per rivitalizzare il mito della potenza di Roma. Che ne dici, proviamo a evitare la solita lagna sulla decadenza dell’Occidente con i videogiochi? Con un Serious Game invece del solito “sparatutto”? “Gli affollati ludi e i canti/ Tre volte nel chiaro giorno, tre/ Nella gradevole notte” (Orazio , Carmen Saeculare, trad. Luca Canali) come oggi per una Global Game Jam.


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Ross Wilson, Statua di C. S. Lewis,(foto di Genvessel), Belfast

E poi non credo di essere stato l’unico a saccheggiarti. Chi ha dato vita a quel fantasy di successo de Le Cronache di Narnia, parlo di Clive Staples Lewis, credo proprio abbia avuto l’idea leggendoti direttamente o indirettamente (su qualche manuale di storia) quando parli degli ultimi Etruschi e dei loro riti magici. Perché tu sei l’ultimo autore dell’antichità a citarli in quanto tali, di passaggio a Roma provenienti da Narni, in latino Narnia (come precedente mi ricordo solo la moglie dell’imperatore Decio, Erennia Etruscilla, del III secolo, segno che di famiglie importanti fiere ancora del proprio sigillo etrusco ne esistevano ancora).


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Ritratto attribuito a Erennia Etruscilla, Museo Nazionale Romano (foto di MM)

Si dice che Lewis si sarebbe ispirato a una cartina dell’Italia romana… Io invece sono del parere che sia stata la semplice “captatio benevolentiae” di un professore di lingua e letteratura inglese a Oxford che non poteva non conoscere un autore come te, che più di altri hai descritto la fine del dominio romano sulla Britannia. Termine di un’epoca che avrebbe scatenato la fantasia di un Goffredo di Monmouth  e la nuova epica arturiana. E poi c’è la drammaticità del contesto da te descritto a scatenare la fantasia. Roma Anno Domini 408, assediata e stremata dai Visigoti di Alarico: “Pompeiano, prefetto della città, si incontrò con alcuni uomini giunti a Roma dall'Etruria. Costoro dissero di avere liberato una città di nome Narnia  dai pericoli incombenti pregando la divinità e celebrando i riti tradizionali: allora si erano avuti straordinari tuoni e lampi, che avevano allontanato la minaccia dei barbari” (V, 41). Quest’atmosfera cupa e fiammeggiante è l’ideale per un fantasy.

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Tifone, affresco etrusco (III-I sec. a.C.), Tarquinia

Nella realtà, in una Roma ormai cristianizzata, quei riti non ebbero il successo sperato. Il prefetto informò papa Innocenzo I che, a sorpresa (e alla disperata), li permise, purché venissero celebrati in segreto. Modalità inefficace a parere degli Etruschi, che quindi li celebrarono insieme a un drappello di senatori sul Campidoglio e in alcune piazze in totale solitudine: “Nessuno ebbe il coraggio di partecipare alle cerimonie tradizionali”.
Svanivano così, in silenzio, due culture dalla storia millenaria. Anche questo muto, crudele trapasso può essere stato fonte di ispirazione.
Roma tornò a trattare una momentanea salvezza e la ottenne pagandola a peso d’oro, di seta e di pepe.

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Peronet LamyDonazioni in moneta e in natura (XV sec.), miniatura dalla Notitia Dignitatum (V sec.)

Narnia avrebbe ottenuto tutto questo qualche millennio dopo diventando un romanzo, un film e un videogioco di successo.

“Viene poi l’imbrunire, chiamato forse così perché le cose incerte sono dette oscure, ed è incerto se questo periodo appartiene al giorno o alla notte. Successivo è il periodo delle luci accese…” (Censorino, De die natali, XXIV, trad. di Valter Fontanella).

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