Rileggo le note al libro che la prima volta divorai cercando traccia di quei passaggi sublimi che illuminavano le opere del filosofo e del teologo.
Paolo
Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi l'amore… (1Corinzi, 13)
Seneca
Quando avrò misurato Dio, saprò che tutto è meschino (Questioni naturali I, 17)
Paolo
Non sei tu che porti la radice ma è la radice che porta te (Ai Romani, 11)
Seneca
Comandare se stessi è il comando più alto (Lettere a Lucilio, CXIII, 30)
E invece cosa mi sembrò di aver trovato? Due vecchi amici che si scambiano cartoline e bigliettini stile lista della spesa o consigli per gli acquisti. E l’apostolo che ci fa una figura da ignorante quale non era affatto!
Paolo
Secondo me la pensi come noi e poi scrivi delle lettere che quasi parlano
Seneca
Ragioni da dio, però dovresti scrivere meglio: ti ho spedito un libro di latino
Questa la mia sintesi dall’originale. Con l’aggravante: quale latino? La lingua colta per questo tipo di dialoghi era il greco e Paolo la conosceva bene. Il Iatino avrebbe assunto tutti i crismi di lingua filosofica (e teologica) solo nel medioevo occidentale.
In realtà le cose stavano diversamente. A una seconda lettura più tranquilla, più da Seneca che da Paolo di Tarso, le quattordici brevi missive che componevano il libretto presero tutta un’altra luce. Si trattava di una di quelle affascinanti operazioni letterarie tipiche del IV secolo dove, con diverse modalità, si tendeva a mostrare contatto e continuità, in contenuti e poi in forma, tra pensiero e letteratura pagana e nuova egemonia culturale cristiana (sullo stile di quanto compiuto in ambito politico da Costantino).
Inoltre la filosofia di Seneca era sentita vicina al cristianesimo già dalla fine del II secolo, da quel “Seneca spesso nostro” nel De anima di Tertulliano (certo non uno dei più concilianti). E questo – sarà un caso? – mentre il filosofo e la sua scrittura venivano criticati da maestri della retorica classica come Quintiliano. Senza contare che il genere dell’epistolario fittizio era in voga da secoli nelle scuole e aveva trovato la sua consacrazione letteraria, solo per fare un esempio, nelle Heroides di Ovidio (delizioso scambio di lettere in distici elegiaci fra eroine famose).
Vincenzo Foppa, Cicerone fanciullo (1464)
E poi non ritenevano autentica la corrispondenza tra filosofo e apostolo personaggi del calibro di Sant’Agostino e, soprattutto, San Girolamo. Specie quest’ultimo, così “ciceroniano” al punto di sentirsi in colpa, sapeva bene che la semplicità apparente della forma colloquiale era stata tipica anche del suo idolo nelle Lettere ai familiari (quando, mille anni dopo, le riscoprì Petrarca ci restò così male). Possiamo quindi affermare che il lavoro dell’Anonimo autore dell’Epistolario tra Seneca e San Paolo fu decisamente ben fatto. Un falso che ha sortito, se non altro, il positivo effetto di tramandare l’opera dello scrittore romano senza sospetti per tutto il medioevo (un po’ come la statua equestre di Marco Aurelio scambiata per il Caballus Constantini).
Ma da dove sarebbe sbucato fuori? Dalle segrete di una cancelleria, come quattro-cinque secoli dopo la Donazione di Costantino? Da una congrega segreta di uomini di potere, come la fronda senatoria pagana che avrebbe sovrinteso alla stesura della Historia Augusta, classico di falsi storici per tutti i servizi segreti a venire (vedi Historia augusta: un fantastico libraccio indecente)? Parrebbe di no. Sembra più trattarsi di un buon elaborato “mimetico” di alta scuola (nel senso proprio di istituzione scolastica).
Ecco allora rivivere come in un mediometraggio l’incontro di due protagonisti agli antipodi della storia del I secolo: l’uomo di potere a Roma poi in disgrazia con l’ex pupillo Nerone e l’ex persecutore ebreo illuminato cristiano che cerca di ampliare gli orizzonti del suo movimento religioso. Insieme a un affascinante elemento di congiunzione (ma fino a un certo punto): l’imperatrice Poppea, protettrice della comunità giudaica a Roma e i cui funerali, stando a Tacito, non furono svolti secondo la tradizione ma con cerimonie “orientali”.
Un panorama complesso e ricco di chiaroscuri dove due brillanti intellettuali impegnati su diversi fronti cercano un punto d’incontro e lo trovano in un happy end che certo sottintende ma esclude la descrizione del reciproco martirio. Acqua e sangue passati. Ora anche le guide cristiane, i vescovi diventavano amministratori dell’impero. La simbiosi era compiuta.
Seneca
Se a me e al mio nome è non dico unito, ma strettamente associato un uomo così grande e amato da Dio in tutti i modi, al tuo Seneca andrà benissimo… Tu sai di essere un cittadino romano. Infatti, il mio posto è anche il tuo, vorrei che il tuo fosse anche il mio. (Lettera XII)
Paolo
Nelle tue riflessioni ti sono state rivelate cose che la divinità ha concesso di conoscere a pochi… Ti farai nuovo fautore di Gesù Cristo, mostrando con proclamazioni retoriche quella sapienza irreprensibile che hai ormai raggiunto e la farai penetrare nel sovrano temporale, nei membri della sua corte e nei suoi amici fidati. (Lettera XIV, traduzione di Manica Natali, Rusconi Libri, 1995).
[...]
Maestro
“Un
figlio saggio dà gioia al padre” (Proverbi
10, 1).
Studente
“Le correzioni della disciplina sono un sentiero di
vita” (Proverbi 6, 23).
Vescovo
“La
lingua dei saggi risana” (Proverbi
12, 18).
Funzionario
imperiale
“Se uno viene chiamato in giudizio e non ci va, sia
trascinato a forza”. Voi la Bibbia, io le Dodici Tavole. San Paolo e Seneca.
Maestro
Un filosofo antico, un uomo di stato.
Vescovo
Uno che spesso la pensava come noi.
Studente
Io avevo pensato anche a Lucano, il nipote.
Maestro
Basta già Virgilio come precursore.
Funzionario
Un poeta basta e avanza.
Vescovo
E questo è un piccolo peccato a fin di bene, come
quando nostro Signore andò in sinagoga senza avvisare i genitori. La legge
degli uomini giudica il passato, quella di Dio guarda al futuro, quindi siamo
perfettamente giustificati se affermiamo a chiare lettere quello che sarebbe
dovuto essere.
Maestro
Uno stile colloquiale, come quello delle lettere
del grande Cicerone, ma che vale come l’oro delle monete di Costantino.
Funzionario
Ho capito. Conversione dei pagani, conversione in
oro. Tuttavia converrete anche voi che questo libretto dovrà passare sotto
silenzio e scaturire dal nulla come un miracolo. Ci penseremo noi.
Vescovo
Naturalmente.
La Chiesa è troppo impegnata a ripulire i testi sacri dagli apocrifi, ma questo
lavoro pertiene più alla sfera della devozione che a quella del sacro. I papi e
gli imperatori comprenderanno.
[...]
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