lunedì 16 marzo 2020

VIAGGIO INTORNO ALLA MIA CAMERA

  UNA LETTURA DA ZONA ROSSA

Commento musicale F. J. Haydn, Sinfonia parigina N. 82 "L'Ours"


#Iorestoacasa con Xavier de Maistre, confinato per 42 giorni a Torino nel 1790 a causa di un duello vietato (ma vinto). Questo giovane soldato irrequieto ha già fatto il giro delle guarnigioni del Ducato di Savoia (compreso il forte di Exilles, enorme avamposto lunare in terra piemontese), compiuto un volo in mongolfiera a vent’anni, nel 1784, e si diletta di chimica, pittura e scrittura.
Scrittore italiano in lingua francese o scrittore francese in uno stato della penisola italica che nel nome aveva una regione oggi francese, la sua, la Savoia? In realtà un cosmopolita come lo erano gli intellettuali – e i soldati – dell’epoca, quando la lingua franca era quella forgiata dal Re Sole. Lato luminoso di una famiglia dal fresco titolo nobiliare di conte il cui dark side era il fratello maggiore di Xavier, il filosofo oscurantista Joseph, capace di criticare il Congresso di Vienna come troppo moderato ma che almeno ha contribuito a diffondere l’opera del Nostro, purificandola – c'è da stupirsi? – dai troppi italianismi del suo francese di frontiera. Tuttavia il poeta Alphonse de Lamartine, imparentato tramite la sorella coi de Maistre, elogiando lo scrittore, da bravo romantico sottolineava ancora nel 1826 “cet accent naïf, tendre, mélancolique”.
Viaggiatore incallito anche se ai domiciliari, unendo la dimensione scientifica dei viaggi di Cook  a quella sentimentale di Sterne, Xavier effettua una minuziosa esplorazione della camera in cui è rinchiuso col prezioso servitore Joannetti e la cagnolina Rosine, trasformandola in un macrocosmo sinestetico ancora oggi esemplare, fonte di ispirazione anche per Marcel Proust: “Chi potrà contare le innumerevoli sfumature nei diversi individui e nelle diverse età della vita? Il ricordo confuso di quelli della mia infanzia mi fa ancora trasalire”. Dal cielo stellato agli arredi, dai libri a quadri e stampe. Per concludere allo specchio, nello specchio: “Mai mi sono accorto più chiaramente ch'io sono doppio. Mentre ripiango le mie gioie immaginarie, mi sento consolato a forza: una potenza segreta mi trascina”.
La stessa che, una volta uscito, gli permetterà di reggere alle sconfitte delle truppe del duca a opera dei rivoluzionari francesi e, rifugiatosi ad Aosta coi fratelli (uno dei quali, André, diventerà durante la Restaurazione vescovo della città per un breve periodo), di intraprendere un dialogo singolare con un lebbroso rinchiuso in una torre. Questo monumento, la Torre del Lebbroso, è oggi perfettamente conservato, come tutti gli altri del capoluogo della Valle, che ha dedicato anche una via allo scrittore, dove c’è l’Istituto Storico della Resistenza e si passa per andare in Piazza Émile Chanoux o al Teatro Romano. L’incontro fra l’acuta sensibilità dello scrittore-soldato e la solitudine forzata ma ricca di luce di Pietro Bernardo Guasco da Oneglia è del 1797. La pubblicazione del racconto, delicato e struggente, del 1811 (la prima traduzione in italiano, poi, è nientemeno che opera della sorella di Giacomo Leopardi, Paolina).
De Maistre all’epoca è ormai in Russia da molti anni e nel 1813 sposa Sofia Zagrjazskaja, damigella d'onore dell'imperatrice e zia della moglie di Aleksandr Puškin, il padre della grande letteratura russa, che proprio Xavier aveva ritratto in un piccolo ovale da bambino. Conclusa l’epopea napoleonica, conquista i salotti letterari di San Pietroburgo con La giovane siberiana I prigionieri del Caucaso senza dimenticare né l’Italia né i suoi interessi scientifici, inviando e facendo discutere all’Accademia delle Scienze di Torino alcuni suoi scritti sulla chimica dei colori.
Quando, nel 1832, uno dei suoi corrispondenti più prestigiosi, Alessandro Manzoni, gli scrive: "Signore, viaggiate ancora nella vostra camera?", De Maistre è già tornato nella nostra penisola da sei anni con la moglie, alla ricerca di un clima migliore per gli ultimi due dei quattro figli (invano purtroppo: l’ultimo morirà a Napoli nel 1837). A poco era servita la gran croce dell’Ordine Mauriziano conferita dal triste Carlo Felice. Qualche soddisfazione in più (ma non troppo), a Parigi nel 1839: l’omaggio di un “portrait” da parte del critico letterario per eccellenza dell’epoca: Sainte-Beuve.
Il ritorno in Russia, in un Paese in profondo cambiamento dopo la rivolta decabrista, lo portò a chiudersi sempre di più e a dedicarsi alla letteratura religiosa (mai comunque ultramontana come quella del fratello Joseph, scomparso nell’anno delle prime crepe della controrivoluzione, il 1821). La morte arriva nel 1852, l’anno successivo a quella della moglie. Viene sepolto nel cimitero di Smolensk, a San Pietroburgo.
Il viaggio iniziato in una camera ha termine in un altro spazio sconfinato: “Chi inonda così l'oriente di luce, non la fa brillare al mio sguardo per inabissarmi nelle tenebre del nulla. Lui che stende questo orizzonte incommensurabile, Lui che elevò queste masse enormi, le cui cime ghiacciate ora tutte sfolgorano dei primi raggi del sole, è quello che ordinò al mio cuore di battere e al mio spirito di pensare”.

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