Commento musicale Ildegarda di Bingen, O tu illustrata
A Torba le gerarchie celesti veramente al femminile. I restauri fatti con amore le restituiscono
così terrene, senza quel desiderio di fuga nell’immateriale, figlio dell’epoca,
della clausura, l’età, l’umidità. Secolo carolingio, stirpe longobarda, diverse
dall’ovale senza volto, candore estremo, il lifting dell’immortalità.
Leggo un nome, “Aliberga”,
e ne torna in mente un altro: Rosvita di Gandersheim.
Attraverso nove secoli e
novecento chilometri e immagino qui, a Gornate, una raccolta rappresentazione del Calimachus nella chiesa tascabile del
monastero: “Opus caelestis gratiae, quae non delectatur in impiorum perditione.
(Questa è opera della grazia celeste/ Cui spiace la dannazione degli empi.)”.
“Abbiamo sempre un
pensiero gentile anche per i malvagi, vero, sorella? Il male è non essere”.
La traccia dell’orrore
passato riposa nella nostra pace, i saccheggi della soldataglia di Ottone Visconti finalmente sconfitti dalle merende al sacco delle scolaresche nelle
Giornate del FAI.
Ora sì le rovine delle
mura di Castelseprio, eleganti, la bellezza del bosco, dei prati, silenzio.
“Tinnulae sonitum vocis a longe audiemus. (E noi già da lontano ascolteremo/ Il suono di quelle voci
argentine.)”.
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