Io, Dione, fui un raffinato fanfarone. E nacqui,
vissi e morii nel momento più splendido dell’impero romano.
Ho avuto una tale fortuna che ho dovuto perfino
inventarmi un periodo sfortunato: a quarant’anni, spedito in esilio
dall’imperatore Domiziano, che aveva cacciato da Roma filosofi e
raccontafrottole. Pur appartenendo a questa seconda categoria mi sono
stracciato le vesti e ho finto di essere un filosofo cinico, vivendo come un
cane di giorno e andando ai bagni di notte.
In realtà ero stato solo allontanato dalla mia
città, Prusa, in Bitinia, il primo pezzo d’Asia dopo il Bosforo: i miei
concittadini non mi sopportavano più. Ma se pensavano di fregare un
propagandista nato come me si sbagliavano di grosso. In esilio, in esilio! Ed
eccomi creata l’aureola del martire in compagnia di Tucidide, di Senofonte...
di Socrate!
Quando torna il bel tempo e l’imperatore Domiziano
viene assassinato; quando torna al potere il senato con i nuovi signori Nerva e
Traiano, abbandono gli stracci, vengo fatto cittadino romano e scrivo il primo
panegirico che la storia ricordi, anticipando Plinio il Giovane.
Faccio un sacco di soldi e passo alla storia come
“Crisostomo”, “Bocca d’oro”. Mi riesce meravigliosamente facile scrivere di
tutto - basta non chiedere approfondimenti. Io, quando declamo, riempio gli
stadi. Ho elogiato il fumo come l’arrosto, la morale come le zanzare. Una delle
cose migliori è quando ho descritto, nell’”Euboico”, la vita di una povera
famiglia di cacciatori. Un idillio dei bei tempi andati, che forse non furono
mai, come potrebbe benissimo non esserci niente e tutto essere nulla, fuorché
la parola.
Andavo molto fiero soprattutto dei miei capelli.
Perciò ho composto un “Elogio della chioma”. Ho visto dei legionari offrire
delle teste mozzate all’imperatore stringendone i capelli frai denti. Ah, il
potere è una tragedia funesta, ma di successo. E d’altronde i trionfi sono uno
spettacolo imperdibile: ero al fianco del mio sovrano quando festeggiò il
secondo massacro dei Daci, nel 107.
E se non fosse stato per quel piccolo scandalo di
cinque anni dopo, forse potrei anche rivelarvi la data della mia morte. Ma non
la ricordo. Probabilmente avevo il mal di gola, stavo perdendo i capelli...
Avevo perso l’uso della parola. E perciò ero già morto.
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