Prst?
Srnm? Tkr? Skls? Dnn? Wss?
Zythum,
Akauash!
Zythum,
Luka!
Zythum,
Tursha!
Zythum,
Shakalasca!
Zythum,
Shardana!
Rawakeja,
brekekekex!
Qasirewija,
brekekekex!
Korete,
koax!
Porokorete,
koax koax!
Qdm... Rb.
Danyan - Danuna - Danaòi,
Dan?
Iafet, Iavàn?
Taratàntara, Rum?
...Marmar...
Quot
Cilicios quot
Scytholatrones
quot
Sardos
quot Macedones,
Pyrgopolinices?
Quot
quot quot,
Bumbomachides
Clutumistharidysarchides?
Quot
in campis Curculioneis?
Mehercle!
Buccellarii
Orzrofoitosucofantodicotalaiporoi
vos!
Post Scriptum
Si dicevano Ioni più degli Ioni quando tutti
gli altri Ioni si vergognano di essere Ioni. In dodici città della Ionia si
dicevano artistoIoni... che sciocchezza! Ma se erano Abanti Euboici mescolati a
Mini Orcomenici! A Cadmei, Driopi, Focesi -ahi, dissidenti! + Molossi, Pelasgi
di Arcadia, Dori Epidaurici. + mille altri popoli (satyra lanx!). FIRMATO:
ERODOTO.
Note
Questo è il bar dei barbari
(termine su tutti infame che deriva proprio da “bar-bar”, “balbettare”, “non
saper parlare” la lingua di chi ti dice “barbaro” e che “barbaro” dovrebbe
invece considerarsi visto che anche lui non comprende la tua). Insomma, è un
bar dove, balbettando, singhiozzando, dicendo “rabarbaro rabarbaro” come si fa
a teatro quando si vuole rendere il brusìo, si evocano alcuni dei famigerati
indoeuropei, prima i greci e poi i romani, quando si affacciarono per la prima
volta sul Mediterraneo e manco avevano un vocabolo per definire il mare e
dissero “thalassa” (nome pescato chissà dove). Il primo verso è tratto da
un’iscrizione del faraone egizio Ramesses III, degli inizi del XII sec. a.C. e
descrive sei nomi di “Abitanti delle isole del mare” (più noti come “Popoli del
mare”), sei popolazioni antenate degli eroi di Omero, pirati come loro, che
minacciavano l’Egitto. Nell’ordine: Filistei (proprio loro! Prst), Seranim (Srn, “i principi”, forse solo una qualifica, forse un popolo
stanziato in Anatolia), Teucri (Tkr:
i Troiani), Siculi (Skls, scommetto
che il nome vi dice qualcosa), Danuna (cioè i Danai omerici, Dnn) e Weshesh (i Wss: ma chi erano? Boh, nessuno si azzarda, ma il sibilo del loro
nome mi piaceva troppo). I punti interrogativi stanno a significare: “ma chi
siete?” oppure “ci siete? Comincia l’avventura!”. Sul mare: “thalassa”. Dove
furono sconfitti dagli egizi, che quindi gli “diedero la birra”. E la birra
egizia i latini la chiamavano “zythum”, che ricorda tanto il nostro “zitto!”
(meglio “zittu!” di alcuni dialetti dell’Italia centrale). Zitto, chiudi la
bocca Acheo (Akauash)! E anche tu,
Licio (Luka... e qui mi riferisco
anche a una certa persona)! E pure tu, Tursha
(Tirreno, nome con cui poi, secoli dopo, vennero chiamati gli Etruschi, popolo
sorto anch’esso da chissà quale miscuglio)! Piantala, Shakalasca (il Siculo di prima)! Shardana, finiamola (i Sardi, da cui Sardegna, isola della civiltà
dei “nuraghe” e probabilmente sede della fantomatica Atlantide, la stessa
antica città di Sardi, in Asia minore). E, come cantava la Berté, ci ritroviamo
in alto mare (pontos, che risuona
molto cupamente, polufloisbos). E, da
bravi ranocchioni (brekekekex e koax erano i versi delle rane secondo i
greci), saltando da un’isola all’altra, i Micenei giunsero a conquistare Creta.
Nella loro lingua Rawakeja, Qasirewija, Korete e Porokorete
significano rispettivamente “zona del conduttore del popolo” (la seconda
autorità dopo il re), “zona di due capi aristocratici”, “ispettore” e “vice
ispettore”. (ma a me, come in tutto il testo, interessava soprattutto il
mélange “barbarico” di suoni). E il viaggio continua da oriente a occidente.
Poveri eurocentristi: il nome “Europa” pare proprio derivare invece da una
radice semitica (Rb, che significa
“occidente”, “sera”). Così come quello di Cadmo, uno degli eroi fondamentali
del mito ellenico (da Qdm,
“oriente”). La cosa forse potrà ancora stupire qualcuno, ma non antichi DOC
tipo Erodoto, grande ammiratore delle civiltà orientali, di cui riassumo a modo
mio, nel post scriptum in prosa, un passo delle “Storie” (Libro I, 146) in cui
prende in giro uno dei tanti e troppi miti di “purezza etnica”. “Purezza” che
tanto sembra contraddistinguere un altra civiltà per noi fondamentale, quella
ebraica. Ma al verso 14 faccio mia la tesi secondo cui una delle 12 tribù di
Israele, quella di Dan, era composta invece da Danya - Danuna - Danaòi, cioè dai Danai “indoeuropei” cantati da
Omero (che non a caso non vollero combattere contro i “popoli del mare”). Senza
contare che queste alliterazioni mi ricordavano sia il “dindondan” delle
campane che la pubblicità adolescenziale di un prodotto, la cui marca però
sconsiglio dall’acquistare. E sempre in ambito biblico, Jafet era il figlio di Noé che ripopolò l’occidente, i cui abitanti
erano detti Javàn. Come gli orientali
chiamarono poi i romani Rum. Il cui
terribile squillo della tromba di guerra, secondo il poeta latino Ennio
(239-169 a.C.), faceva proprio Taratàntara.
Quindi non può che seguire l’antico nome del dio Marte Marmar, perché in fatto di bellicosità i romani superarono anche i
precursori che abbiamo descritto. E allora prendiamo in giro anche questa
superpotenza militare citando alla rinfusa brani, schegge impazzite da “Il
soldato fanfarone” di Plauto, ai cui magnifici crescendo musicali è dedicata
l’intera poesia: “Quanti Cilici quanti Scitolatroni (?!) quanti Macedoni (hai
fatto fuori), Pirgopolinice (nome del mercenario vanaglorioso in questione)?
Quanti quanti quanti (ne hai ammazzati), Bumbomachide Clutumistaridisarchide
(nomone di uno dei comandanti del nostro “eroe”)? Segue poi una mezza
bestemmia, Mehercle (per Ercole!) e
il termine Bucellarii, con cui si
definivano quei corpi paramilitari privati (composti soprattutto da nuovi
“barbari” indoeuropei: per esempio, germanici), assoldati dai potenti di turno
negli ultimi anni dell’impero romano d’occidente. Nell’ultimo verso insulto un
po’ tutta questa gente tirandogli addosso un supertermine greco tratto da
Aristofane, più per la lunghezza (una coda di frusta) che per il senso: “infelici
che si alzano di buon mattino per frequentare i tribunali occupandosi di accuse
e di condanne”.
Naturalmente, anzi,
culturalmente ho saccheggiato nelle mie possibilità per quest’opera, da bravo
filelleno, due libri a dir poco mitici: Atena nera di Martin Bernal e “I Filistei” di Giovanni Garbini.
è un titano questo che affronta la pretesa condanna di Babele, a colpi di etimologia e sfrenato amore per le parole!
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