domenica 24 febbraio 2019

PIOVE: È TEMPO DI MAX FRISCH

L'uomo nell'Olocene

Commento musicale Ernest Bloch, Voce nel deserto 

Quando piove per giorni, appena ho tempo, torno a chiudermi nelle pagine di Max Frisch. Uomo nell’Olocene anch’io come il protagonista, l’anziano signor Geiser, in quella valle sperduta del Canton Ticino dov’è in corso una specie di alluvione che sembra non avere fine.


Forse è il diluvio sognato da Dürer, forse lo stillicidio delle gocce rimanda a un liquido amniotico cui fare ritorno, di certo c’è una montagna che incombe e - anche se nessuno ci crede o vorrebbe crederci – potrebbe franare e seppellire il paese “per l’eternità”. E’ il momento delle definizioni forti quando tutto sembra svanire, quando la modernità perde strade, corriere e trasmissioni televisive. Il tuono acquista nella mente di Geiser ben 16 definizioni diverse e, quando la memoria sembra impaludarsi, l’uomo riempie la casa di foglietti per riunire la sua storia personale alla Storia in tutte le sue declinazioni.


Torna col ricordo al suo viaggio in Islanda, sostituendo la “i” del cognome con la “y”, a quel “Mondo prima della creazione dell’uomo. In certi punti non è dato indovinare quale era geologica sia in atto”. Alla previsione, purtroppo attualissima, che “Se il ghiaccio dell’Antartide si fonderà, New York sarà sott’acqua”.
Nel romanzo breve il maltempo ha fine e, dopo essere uscito di casa, passato per luoghi quotidiani quasi al buio per una giornata e infine crollato, il protagonista riacquista la coscienza e ritrova la figlia che lo ha finalmente raggiunto.


Frisch è uno dei giganti della letteratura di poche parole, essenziali, precise e, per questo, quanto mai evocative. Grande poesia ammantata da apparente, umile prosa.


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