mercoledì 14 marzo 2012

NATURA MORTA CON PESCI (I FILOSOFI DEVONO MANGIARE)

Commento musicale Francesco Provenzale, Cara la tua piaga 


Giovan Battista Recco, “Natura morta con pesci”
(metà XVII sec.)


Io sono il melone messo da parte. Io sono il popone inciso da un razionalista cartesiano.
Vedi questo vuoto dai lati perfetti nella mia natura? Vedi questa mia interiorità lasciata fuori, scolpita con precisione? Tu credi che avrò tempo di far crescere una cicatrice sulla mia buccia? Tu pensi che il mio boccone verrà mangiato?
No, io sono una riproduzione della luce buona per i libri di geometria.
Io sono la riprova che l’arte non marcisce, ma non si mangia.

Testo tratto dalla plaquette della mostra L’Europa dei caravaggeschi, Crédit Suisse, Varese, 2006



I FILOSOFI DEVONO MANGIARE







Devono, per forza. E Democrito ride, perché la sfera che ha disegnato è un cocomero perfetto tagliato a metà, un atomo tondo e liscio e dolce. Così ride nel suo ovale circonfuso di fiori: l’uomo affettato, dissezionato è come un frutto spalancato che mostra e dimostra i suoi semi.
Eraclito, no, forse piange o è sul punto di farlo bagnando un libro che sembra pane, formaggio. Forse piange irrigando i suoi fiori, perché tutto scorre. Fino al bancone della frutta e ad altri fiori. A quel cocomero in secondo piano così oscuro, che dev’essere infilzato perché vengano alla luce la polpa e il liquido rosso acceso.
“Chi ha da pensare deve anche mangiare” avrà detto Giuseppe Recco a Luca Giordano dopo aver dipinto i fiori per i suoi filosofi. Così ha imbandito, in effige come i santi, un servizio di frutta da viceré per i poveri di Napoli, vestiti come i veri sapienti, di stracci.
Democrito ride, perché ha mangiato.
Eraclito forse piange: chissà quando ricapiterà?
       
Luca Traini

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