Non c'è gloria se non per quelli che dipinsero quadri
Plinio il Vecchio
Il quadro - la tavola,
la tela, quella cosa lì che vedete appesa al muro – è una rappresentazione
astratta che, se tutto va bene, ha duemila e cinquecento anni.
Il muro, quello sì che
è più antico. E il quadro serve proprio a superarlo.
Il quadro è nato più o
meno quando è stato perfezionato il vetro: il quadro in Grecia, il vetro in Fenicia,
ma nulla è davvero trasparente.
Testa, perlina in vetro fenicia, VII sec. a.C.
Tu metti il vetro per
proteggere la tavola o la tela con i colori che prendi dalla realtà se non
chiudi gli occhi. Se sogni, sogni in bianco e nero. Il vetro è tutta la sabbia
di cui è fatto, ma i granelli non li riesci a contare.
I granelli di sabbia
contano se riesci a tenere in mano il pennello e fai qualcosa di giusto, di
doveroso perché sei erede dell’albero che è morto per darti il legno della
tavola, il legno che con quattro assi piallate ti regge la tela.
Perché il quadro nasce
in Grecia col teatro, che dovrebbe essere specchio della vita – e quella ti
sfugge di mano come la sabbia nelle quinte, fra il pubblico.
E il pubblico vuole la
tela, la tavola dove quello che hai visto, che hai in testa, che hai astratto
dalla realtà in un lampo che squarcia una specie di notte – astrapto è il
verbo – rimpasti con tecnica esperta, sapiente, che ha sapore ed è techne,
arte, mescolando la chimica organica della tua mano con quella inorganica che
sgorga dal tubetto acquistato in colorificio: tutta la nostra realtà è un
colorificio dove il colore ha costi, energia, precisi.
Esposizione. Luogo
espositivo. Galleria. Passaggio nel buio da una luce – la vita - ad un’altra,
l’arte, che in radice è “artiglio”, artiglio di qualcosa che vola, vuole volare
e fissa il cielo artigliato ai rami di un albero, le radici dell’albero da cui
la tavola, il sostegno della tela, sostegno della vita, per cui l’artista
consacra la vita – perché “sacro” ha a che fare con la morte che lui, che noi
vogliamo vincere, almeno per un attimo – la vita nel quadro vuole riconoscersi
da almeno 2500 anni, vuole superare i muri che si è costruita da 15000, vuole
fare del suo percorso una galleria, esporsi alla notte per raggiungere ancora
una volta la luce, essere un colorificio, fluire da tutti i tubetti possibili
non per essere oggetto ma soggetto di scambio nell’agorà, nella piazza del
mercato dove allestiranno l’ennesimo teatro.
Casa della fontana grande, Pompei
Pere Borrell del Caso, Sfuggendo alla critica, 1874
Il prezzo da pagare è
questo.
Luca Traini
Nota Scritto e recitato durante ANDRE VILLERS Ritratti da Picasso a Fellini, preludio a La nostra civiltà è un sogno ad angolo retto per NEOLUDICA, Biennale di Venezia 2011
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