Roma
non è solo il Colosseo: è uno scrigno di “preziosità da vivere” (definizione
che prendo in prestito dalla mia compagna di viaggio Debora Ferrari).
Pertecipando a Periferica #ArtIsAct, abbiamo l’occasione di conoscere un
angolo dell’Urbe dove posso connettere da un altro punto di vista passato e
presente (è il mio mestiere) in una prospettiva di ampio respiro, fra città e
campagna.
Il Parco dell’Acquedotto fatto costruire dallo sfortunato Alessandro
Severo (208-235) è un’oasi di pace preziosa, dove l’eco remota dell’anarchia
militare di quell’impero non sfiora neppure da lontano la serenità delle
famiglie in cerca di svago e dei devoti allo jogging – anche se il cielo si sta
annuvolando.
Alla Roma del Colosseo e degli archi di trionfo preferisco quella di acquedotti, Fori e giardini. Alle vittorie dei noti,il lavoro degli ignoti. Alessandro Severo venerava Orfeo, Cristo, Abramo e Alessandro Magno (lo riteneva suo antenato). E invece finì ammazzato dai soldati per ordine di Massimino il Trace, anche lui qualche anno dopo assassinato. Schegge acuminate di storia (rievocate nel mio romanzo Il Dittico di Aosta.)
Passato.
Il presente cerca invece ispirazione e poesia nel gioco di ombre del sole
Sul
mio cammino una palma…
La palma esausta
Stanca di trionfi e di trofei
La palma resta accanto al cestino
I resti dell'Acquedotto di Alessandro Severo,
Di un giardino con laghetto
Nel Quartiere Alessandrino
Tutta la pace della Repubblica
Senza le guerre dell'impero
Come il nuovo acquedotto
Meglio berla dal rubinetto
Con moderazione
Foto di Debora Ferrari e Luca Traini (c)
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