giovedì 11 aprile 2013

TRE SEDIE INTORNO AL COR MI SON VENUTE: PENSIERI FUORISALONE A MILANO













Sedia rossa e blu di Gerrit Rietveld (1918)

Rietveld, come i suoi compagni De Stijl, andava alla ricerca di certezze dopo lo sterminio di futuristi e futurista della “grande guerra”.
Gli assi cartesiani trovarono un attimo di respiro dai grafici della produzione bellica.
Il blu del cielo e il rosso-sangue interrogano il nero.

Sedia Wassily di Marcel Breuer (1925)

Breuer, il poeta della sedia. Essenziale, come tutti i grandi poeti.
Tubolari metallici piegati in armonia, da un lottatore greco.
Equilibrio di forze, come in un poema epico: la Bauhaus contro il totalitarismo sempre strisciante e pasticcione, accademico, sempre.
Modello B3 del 1925, amato da Kandiskij, per il suo Cavaliere Azzurro in esilio.

Lounge Chair and Ottoman di Charles e Ray Eames (1956)

Poltrona dei signori Eames, ovvero, l’umiltà.
E’ come certi grandi disegnatori della Disney Corporation, il genio si cela nell’alveo tumultuoso della produzione: “Un mobile adempie il proprio scopo nel migliore dei modi se non diviene l’oggetto primario dell’attenzione” (ipse dixit).
Confronto fra due parti, dialogo democratico dalla testa ai piedi.
E i signori Smith amavano attendere, comodi comodi, la fase REM del Sogno Americano sui due piccoli troni dei signori Eames.
Al caldo.
Durante la Guerra Fredda.



Introitus a posteriori

L’ominide che a Laetoli (Tanzania) lasciò le impronte camminò per altri tre milioni e cinquecentomila anni. Divenuto “uomo” - e quindi più stanco - inventò la sedia. I suoi dei - e le dee soprattutto, callipigie, “belle natiche” - sedettero anch’essi.
Nella sua Repubblica Platone, rinnovando il design divino, arredò il mondo delle idee con letti altrettanto ideali. Non lo dice espressamente - i letti erano più “nobili” - ma nell’anticamera della perfezione c’erano anche le sedie.
         Perché la sedia sta fra l’azione e il sonno: due estremi. La sedia quindi è compromesso, mediazione - pausa di meditazione.


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