Fra Galgario
Il mondo è quello che è… L’arte deve renderlo bello come la religione, che lo redime. Una pennellata per ogni peccato. Una confessione. Ma non possiamo assolvere tutti. Nel nostro secolo l’arte, questo è vero, cerca di trascinarli fuori dall’ombra, ma anche noi che confessiamo sulla tela abbiamo i nostri peccati. Non è vero, Cerighetto?
(Cerighetto tace)
Non dici niente? Non li hai ancora fatti i tuoi peccati? No, per come ti ho ritratto tu sei, tu sarai sempre immune da ogni peccato.
Amo gli occhi grandi dei giovani, così famelici di vita… I miei ho dovuto, voluto chiuderli presto a questa fame così… che sembra insaziabile. Perché le rose non sono solo quei petali che durano tanto poco. Le spine, ti sto parlando di spine che invece tardano a morire. Perché si deve soffrire parlando di fiori? Questo è uno dei misteri più grandi.
Tu non sei come questi signori sfioriti che devo ritrarre infarciti di petali rubati. Come queste dame rinsecchite che anche quando sono floride mi fanno paura. Pensa che una giovane scostumata finì per mostrarmi il seno in segno di sfida perché l’avevo troppo rivestita! “Dio me l’ha dato e guai a chi non lo mostra”! La Vergine ce ne scampi che non abbiamo più i denti da latte: vero, ragazzo?
(Cerighetto tace)
Se continui a tenere la bocca chiusa come puoi far bella mostra dei tuoi denti? Questi, sulla tela, durano per sempre. Nella realtà, quella che sfugge a ogni cornice, possiamo soltanto sorridere a labbra costrette per quanto siamo sdentati. E poi devo dipingere chi difende a morsi la propria parrucca in lotta perpetua contro i pidocchi. Un grande cappello, un tricorno, e una mano che si nasconde sotto la camicia, per grattarsi con discrezione, perché il potere di un aristocratico, di un artista che dipinge le carnagioni senza pennello ma sporcandosi con l’anulare come faccio io – è un matrimonio combinato col mondo, che dovrebbe essere mondato, ma è quello che è.