Periferica #ArtIsAct è un festival ad
altissimo livello per originalità, profondità, varietà e piacere delle
proposte. Già partire nella
presentazione col collegamento fra l’aspetto tecnico della “periferica” e
quello urbano è la scarica di adrenalina che ci vuole contro i soliti
pessimismi e provincialismi. Quando poi si sottolinea di voler “costruire nuove visioni e narrazioni
collettive della realtà urbana mixando media tradizionali e strumenti
collaborativi ed interattivi che favoriscano l’interconnessione tra
il territorio e la Rete”, ecco che ci si pone concretamente nel campo delle
avanguardie artistiche a livello internazionale. Perché arte e tecnologia vanno
di pari passo da quando l’Homo è diventato Sapiens Sapiens. Perché la
tecnologia fornisce nel quotidiano i presupposti per andare oltre e diventare
altro, facendo scaturire – ora a corrente alternata ora continua – sviluppo e
progresso. Perché l’arte è “tecnologia”, un discorso ininterrotto sull’uso di
quegli strumenti che ci permettono di vivere, convivere e vedere da punti di
vista sempre nuovi e mutanti, di “interagire” a livello sociale con quanto definiamo
“natura” per lasciare un numero sempre quantitativamente e qualitativamente
maggiore di tracce del passaggio delle nostre esistenze. Soprattutto nella
nostra società, che pone le sue basi nel dialogo, dalla sua matrice filosofica
a quella ludica, oggi videoludica, tanto per approdare al mio campo, cercando
l’interscambio con un hardware mediante un software: da sempre tentiamo di dare
voce ai nostri oggetti, noi soggetti e avatar costruttori di totem. Il
videogame è l’ultimo medium interattivo a entrare in gioco consacrando
laicamente l’interazione come principio fondamentale. L’interazione con
l’opera, prima privilegio degli artisti, ora è anche una possibilità estetica
del giocatore. Si tratta del meccanismo base per approdare ai successivi
livelli di sviluppo e di progresso che portano all’”interpretazione”, al motore
di cambiamento del “contesto” in cui ci troviamo ad essere, cioè, dell’insieme
delle diverse prospettive del vivere con cui dobbiamo confrontarci (parole come
“realtà” o, tanto meno “verità”, sono oggi fuori luogo).
Dall’interazione
all’interpretazione (l’interazione cosciente e critica), questo il fine che ci
siamo posti io e la critica d’arte Debora Ferrari dal 2008, quando abbiamo
iniziato questo cammino da pionieri, che ha portato Neoludica alla Biennale di Venezia del 2011 e Assassin's Creed Art (R)Evolution al Museo “Leonardo da Vinci” di
Milano l’anno dopo. Oggi, anche alla luce della fine del postmodernismo,
diventa sempre più evidente che il vasto orizzonte estetico delle varie
pratiche definite “videogico” sta ridisegnando il mondo dell’arte interagendo con
i media che l’hanno preceduto, senza soppiantarli, e, soprattutto, senza le
pretese di “oggettività” e “verità” che questi hanno avuto nel presentarsi alla
storia umana.
C’è
tutta una densità storico-critica di “connessioni remote” in atto col passato
in un presente che è già futuro. Vogliamo scommettere che questa specie di
Alice uscita dallo specchio e consapevole della propria finzione potrà fornirci
nuove
proposte di indagine a tutto campo sulla
nostra “realtà aumentata”?
Nulla è più serio di questa messa in gioco.