Commento musicale Benjamin Franklin(1706-1790) Quartet for strings with continuo (glass harmonica)
Donato Creti (1671-1749), Donna e cometa
Devo essere ancora nel teatro
degli automi di Jaquet-Droz al Musée d’Art et d’Histoire o al Fantastic Film Festival di Neuchâtel quando passo da un lago all’altro e
attracco ad Arona per trovare su una bancarella Il globo di Venere di
Antonio Conti (1677-1749).
Un poema. Un segno, perché no? Fantascienza
DOC: il viaggio astrale di un abate cosmopolita, dalla natia Padova a Parigi,
da Londra ad Hannover passando per l’Olanda, fino al pianeta Venere, oggetto
dei suoi versi. Impresa agevolata dal fatto che il poeta era anche filosofo
(traduttore di Voltaire) e scienziato di prestigio tale da diventare una specie
di arbitro nella disputa sul calcolo infinitesimale fra Newton e Leibniz,
suoi corrispondenti.
Illustrazione da Le Philosophe sans prétention di Louis-Guillaume de Lafolie, 1775
Precursore del Neoclassicismo - quindi più caro
a Foscolo che alla contemporanea Arcadia - nei suoi limpidi endecasillabi
sciolti figli degli esperimenti del Trissino e di Torquato Tasso, si avventura
nel “cielo profondo” virgiliano in compagnia della Storia vera di Luciano, de L’altro
mondo di Cyrano de Bergerac (quello vero non la maschera di Rostand) e
della cortese sollecitazione dell’amica Madame de Caylus.
Forse è proprio quest’ultima a
vestire i panni di Eubulìa, donna guida nell’opera a metà strada fra la
Beatrice di Dante e un concetto greco preso pari pari dall’Etica Nicomachea di Aristotele (traduzione letterale: “buon consiglio”). E’
grazie a lei che approdiamo in un pianeta che è tutt’altro che la sorella
infernale della Terra dove la sonda Venera 13 riuscì a resistere solo 127 minuti, ma una sfera luminosa e calda ricca di palazzi, statue e
templi: su tutti quello dedicato alla nobile Antonietta Anguissola, moglie
appena scomparsa del dedicatario Paolo Carrara.
In realtà, il fisico
preilluminista ci ha tratto in un luogo dell’anima, la Venere Celeste cara a
Platone e Petrarca dove Bellezza e Armonia (“ed amar la virtude, amar il bello/
natura è in noi”) scaturiscono dalla simbiosi fra Ragione e Immaginazione (“le
parole alate/ del dolce mele che non sazia il senso”) e si materializzano in un
défilé internazionale di bellezze femminili guidate da Laura e Beatrice: “Agili
ninfe in breve gonna e cinte/ di corone di rose i biondi crini/ le seguiano
tessendo allegri balli;/ indi sacerdotesse in bianca veste/ con incensieri, con
vessilli e faci;/ultimamente due reine o dive,/ che dive mi sembraro agli atti,
al volto,/ al serto d’oro, allo stellato manto,/ da’ due fanciulli che le
stanno a lato/ sfavillanti di luci, e con occhiute/ piume sul dorso e colorite
ad Iri”.
Il fatto che questa fantasmagoria
presenti all’orizzonte montagne la cui cima è “ingombra/ di metalliche piante”
per qualche istante mi fa tornare alla mente il paesaggio da incubo descritto
da Stanislav Lem ne L'Invincible,
dove microautomi dominano il pianeta Regis III. Tuttavia il cristallino corpo
celeste cartesiano del poeta, che pure presenta un intero regno animale
costituito da automi, è decisamente più pacifico, stile lupo e agnello biblici.
Dal motore niente affatto aristotelico,
l’elettricità: “Veniano a volo aquile e colombe,/ e sui fiori scherzavano e su
l’erbe/ cervi, leoni ed agnelletti e tigri./ Tali appariano a la sembianza
esterna,/ ma pe’ nervi metallici vagava/ elettrico vapor, elastic’aura/ che
trasfondea quasi energia di vita”. Sembra il destino dell’Occidente, già
intravisto dal Lokapannatti, trattato cosmologico birmano di origine indiana
in cui l’eco remota della razionalizzazione agricola dell’impero romano faceva
immaginare un’economia gestita da “macchine veicoli di spiriti”.
Già, l’elettricità, la stessa che
oggi mi permette di scrivere comodamente su questo computer. E il destino della
rivoluzione scientifica e industriale aveva già condotto a una gita di piacere
sul Verbano proprio l’inventore della pila, Alessandro Volta. Faccio ritorno
dall’Anno Domini 2013 al 1776. Vacanza presto risolta nella minuziosa perlustrazione
dei canneti delle sponde e dell’Isolino Partegora di fronte al
municipio di Angera, rimuovendo una bella quantità di fanghiglia, provocando
tutta una serie di bollicine, facendo scaturire a colpi di acciarino tante piccole
lingue di fuoco sulle rive. Scoprendo insomma la natura organica del metano,
definito dal grande scienziato "aria infiammabile nativa delle paludi".
Proprio così, il metano, le
stesse lingue blu che uscendo dai fornelli della cucina permettono a noi
scrittori di avere qualche ora in più da dedicare all’arte. Ma quanto deve l'arte alla tecnologia (quando insegnavo mettevo sempre le Lettere di Volta
nel programma di Italiano)! E magari aveva portato in barca proprio il libro
del Conti. Dopotutto il collegamento che fa tra caduta delle comete e “diluvi”
(e qui rimando alla lettura del capolavoro di Paolo Rossi, I segni del tempo) si è ormai dimostrato scientificamente valido: l’acqua dei nostri oceani
(e quindi anche il mio lago) sembra proprio avere origine da lì.
“Le immagini riflesse/ incontrano
le dense e terse nubi”. E Angera.
Luca Traini, Il cigno e l'Isolino Partegora