Una legge fondamentale da ricordare
Commento musicale Silvia Bianchera, Pourquoi pas?
Cinquant’anni e non sentirli. Si parla troppo poco di questa fondamentale conquista del Diritto che, in quanto a Civiltà, fa impallidire Umanesimo, Rinascimento e Risorgimento o, quanto meno, li riesamina in una luce diversa, posizionando accanto ai punti di luce le grandi ombre di un mondo tutto al maschile, dalla grammatica alla vita quotidiana.
Se la Giornata Internazionale della Famiglia che si festeggia il 15 maggio da noi ha un senso è perché, con la Legge 19 maggio 1975 n. 151, per la prima volta venne parificato il ruolo della madre e del padre, che perse l’ultimo triste retaggio di padre-padrone del patriarcato latino (“pater familias”): il titolo di “capofamiglia” con annessi e connessi “potestà maritale” e “patria podestà”.
Se non fosse stata riconosciuta questa parità, che senso avrebbe parlare di “famiglia”? Bisognerebbe usare piuttosto il termine, anche nel senso stretto di “zona chiusa”, di “azienda”, a servizio esclusivo di un padrone (storicamente, culturalmente al maschile). Meglio allora prendere in considerazione il sostantivo femminile “società”, che indica un’unione fra pari nella prospettiva di una finalità comune e condivisa, anche perché “famiglia” deriva da “famulus”, “servo” o “schiavo” di casa, una specie di prigione a cielo chiuso in cui venivano reclusi tutti quelli che erano al servizio del maschio procreatore principe e dominante.
L’abitudine dimentica il peso originario delle parole. Sta ai legislatori, come mezzo secolo fa, trovare nuove definizioni - le convenzioni del linguaggio non sono per sempre - e, al posto di un brutto termine vecchio di millenni come “famiglia” (da mantenere per le brevi epoche del linguaggio parlato), quanto suona meglio “unione civile”, usato sotto sotto per "famiglie" di serie B come quelle LGBTQ: si tratta pur sempre di due esseri umani che accettano una condivisione strutturale e paritaria di affetti, vita e orizzonti solidali.
Tutte “unioni civili”, da far comprendere fin dalla più tenera età, sennò è il ritorno a una silenziosa barbarie durata millenni, il cui strascico è lo straziante numero dei femminicidi o delle violenze verso chi è considerato “diverso” rispetto a una tradizione feroce.
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