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domenica 19 luglio 2015

THE COLORS OF THE NEW ART


Vincent van Gogh, Autoritratto (1888)

Who should arrange the list of new colors?

Since the arrival of industrial colors in the last century, artistic expression has radically changed in the hands of artists, as well as the amount and gradations of colors to be named one by one. Colors’ names have been replaced by pantone numbers designed to settle quickly in the offset printing presses, but which are now also among the choices of concept artists when they create what we now call ‘File Art’.
Hardware and software take the place of the traditional canvas and pigments. If 10 or 20 years ago we considered the fading of tones and colors as an impoverishment of the expressions capabilities, nowadays in this virtual reality, that by belonging to our existence has become real, technological innovation allows young artists and designers choices which were previously unthinkable, mash-ups of photography-action-painting that on the one hand have lost the characteristic aniline smell and taste; but they are able to give us the emotions of artistic forms forgotten in time, that today can awaken in order to allow us to continue on the aesthetic path. Examining for example the views of Roman ruins we can easily recognize the inspirations and shapes of Piranesi’s works rather than other Roman landscape painters, paintings by Dürer become animated in the game Assassin's Creed.


If the form is action we fear defining it as art

We can define the current one as a ‘middle period’, which certainly will lead to rapid developments during these first decades of the century, The application of technology in the era of artistic manua(bi)lity, gives high value to the work of concept artists who, being trained in academies and well experienced, skilfully depict both scenarios and game characters. A nodal period, in the making, clear and obscure in some respects, but certainly revealing as it is a carrier of new mechanisms such as the cooperation between D’Annunzio and Pastrone in Cabiria which led to the rise of cinema as art. Time was an extremely important element in kinetic and performance arts of last century. In photography – long trialed over its artistic value – timeframe is always set in the past. The shot, the print, be it analogue or digital, is always depicting a moment that is gone, a fragment representing what it used to be, so as in Barthes’ theorization. Cinema is the development of a specific moment in motion, but still the sum of many moments that were. The more we review a sequence, the more we enjoy its dynamism, nevertheless it will always be identical to itself. Videogame is interactive. The player becomes part of a dimension as much involved and engaging as the artist who created it. The gamer interacts physically and spiritually (through the controller, the PC keyboard or the portable console), he feels long lasting emotions, dives into, constantly shifting point of view. Therefore time in videogames is ‘distracted’, diversified, abstract and concrete. All forms of art implying or remembering motion have encountered serious obstacles in the process of recognition as arts; nowadays the videogame is undergoing the same process, both in the increased amount of forms and contents and in the observation of them by the critical eye of society.




Chi redigerà la lista dei colori nuovi?

“Chi mai potrà redigere la lista dei colori scomparsi?” chiede Jean Clair aprendo il capitolo “Mestiere, mito e memoria” dopo aver scorso le affermazioni di Julien Gracq nel constatare la laicizzazione dell’arte che fra i blu di Beato Angelico e i blu di Vermeer conduce a una despiritualizzazione della sua materia. Non solo l’espressione dell’arte muta tra le mani degli artisti per l’arrivo dei colori industriali del secolo scorso, ma quanti e quali colori chiamati uno a uno per nome, possiamo oggi aggiungere noi, si sono sostituiti con numeri di pantoni che vanno a comporre velocemente le stampe offset nelle tipografie ma soprattutto sono tra le scelte dei concept artists quando devono creare quella che ora noi chiameremo File Art. Se infatti fino a venti/dieci anni fa potevamo guardare la scomparsa di toni e colori come un impoverimento delle possibilità espressive, oggi, in questa parte di realtà virtuale ma pur sempre elemento della nostra esistenza e quindi reale nel nostro mondo, le innovazioni tecnologiche consentono ai giovani artisti e designer scelte impensabili prima, commistioni di fotografia-azione-pittura che da una parte non hanno più l’odore e il sapore delle aniline di una volta, ma sono in grado di ridarci emozioni formali di forme artistiche sopite nel tempo, forme interrotte che oggi possono risvegliarsi per permetterci di proseguire un cammino estetico. Prendiamo ad esempio gli scorci delle rovine romane e ritroviamo le ispirazioni e le forme riattualizzate delle opere di Piranesi o dei pittori paesaggisti romani, i dipinti di Dürer divenuti animati in Assassin's Creed.


Se la forma è azione ci fa paura chiamarla arte

Possiamo definire questo periodo di mezzo, che certamente porterà a sviluppi veloci in questi primi decenni del nuovo secolo, l’epoca dell’applicazione tecnologica nell’era della sua manua(bi)lità artistica, dando un valore al lavoro dei concept artists che sapientemente dipingono con capacità accademiche ben esperite scenari e personaggi del videogioco. Un periodo, questo, nodale, in divenire, chiaro e oscuro in certi aspetti, ma rivelatore, portatore di meccanismi nuovi, tanto quanto la collaborazione fra d’Annunzio e Pastrone in Cabiria portò alla nascita del cinema considerato come arte. Riflettiamo sul tempo, una componente importantissima nelle arti non solo cinetiche ma anche performative del secolo scorso. Nella fotografia – a lungo processata sulla sua artisticità – il tempo è sempre passato, lo scatto, la stampa, analogica o digitale non importa, è sempre un momento che non c’è più, è un punctum che rappresenta ciò che “è stato”, come afferma Barthes. Il cinema è lo sviluppo di un tempo preciso, in movimento, ma somma di tanti momenti che “sono stati”. Possiamo rivederlo e rivederlo ma pur assaporandone in un certo senso la dinamicità questa sarà sempre solo identica a se stessa. Il videogioco è interattivo. Il giocatore entra a far parte di una dimensione coinvolta e coinvolgente quanto l’artista che l’ha creato. Il giocatore interagisce spiritualmente e fisicamente (con il controller o la tastiera del pc o la console portatile), prova delle emozioni che perdurano, si immerge, cambia in continuazione il punto di vista. Il tempo del videogioco è dunque un tempo “distratto”, diversificato, astratto e concreto ogni volta che cambia lo sguardo e l’azione del giocatore nelle sue scelte.
Se tutte le arti contenenti o rimandanti a un movimento hanno avuto difficoltà a essere comprese come arti, ora il videogioco si trova ad affrontare lo stesso processo inteso sia come crescita di forme e contenuti sia come osservazioni degli stessi da parte della società.


Artemisia Gentileschi, Autoritratto come allegoria della Pittura (1638-39)

SEX, ART AND VIDEO GAMES

VirtualErotico è finalmente in libreria. Curato da Luca Papale e Francesco Alinovi e pubblicato da Edizioni Unicopli con la suggestiva copertina di Mauro Ceolin (artista già presente in Neoludica alla Biennale di Venezia 2011), il testo presenta anche un contributo mio e di Debora Ferrari, illustrato da immagini della storia dell'arte e del videogioco (curate in questo caso da Emanuele Bresciani, alias Electric Blue Skies, game photographer) di cui presentiamo un estratto.


Iconografia erotica e tensione sessuale nelle arti e nei videogiochi
(è concesso fumare dopo)

Come non è facile prendere coscienza del proprio corpo nella vita così è nell’arte. Vediamo delle parti in azione, ma dobbiamo far sempre riferimento a qualcos’altro per avere un’idea dell’intero, quindi l’interazione è fin dall’inizio fondamentale per conoscere e conoscerci. La riproduzione dei corpi e dei meccanismi che ne conseguono, in concreto e in astratto, prende vita tramite l’interazione per eccellenza: la sessualità.
Un videogiocatore cosciente di questo comprenderà meglio il proprio destino, che è quello di interagire col maggior numero possibile di metamorfosi delle rappresentazioni dell’amore nelle arti della storia dell’uomo, ognuna delle quali sviluppata da determinati programmi del proprio contesto storico.
Rappresentazione e gioco fanno parte dell’interazione erotica fra gli animali delle specie più diverse, questo è noto, e il significato sessuale delle prime riproduzioni di immagini preistoriche testimonia una continuità che, sottotraccia, sottopelle, arriva fino ai nostri giorni.
La storia, teatro di dinamiche di gruppo sempre più ampie e complesse, offre uno spettacolo quanto mai vario di modelli, maschere, comportamenti talmente connessi e contestualizzati alle diverse realtà sociopolitiche da rendere impossibile qualsiasi approdo a un presunto schema originario. Non poniamoci quindi problemi con la finzione: il gioco dell’amore parte sempre da una scommessa, anche solo quella di continuare a giocare. [...]


Et in arcade sex

A prima vista le Sale Giochi dei primordi con i loro Arcade davano più l’idea di una sublimazione del sesso stile oratorio che un’Arcadia di pastori e pastorelle pronte all’orgia sotto la guida di Dioniso o Pan. La grafica decisamente pixelata non sembrava permettere neppure le fantasie di una Venere preistorica o di un Kuros greco arcaico.
I musei d’arte, quelli sì che erano stati dal XVIII secolo libertario e libertino  il luogo non detto dell’eros. La riscoperta dell’arte antica era stata anche una riscoperta dell’eros e la vista dei nudi scolpiti, foglia di fico o meno, valeva una messa nella villa del cardinale Albani, il collezionista per antonomasia.
Il gioco, poi, era contestualizzare quella messe di eroi, Veneri ed Ermafroditi callipigi, già in massima parte riproduzioni romane di originali greci perduti, in una nuova aura storico-critica. Questa fu l’immane fatica di un filologo innamorato come Johann Winckelmann. Scultori come Thorvalsden interagirono poi con l’hardware di marmi mutilati aggiungendo i propri software neoclassici.
La dura regola del game e la gioia del play di matrice nordica finirono per connettersi perfettamente allo sfrenato desiderio di agoné che trasudava da quelle opere ammantate dal PEGI 18 del neoclassicismo. Il livello successivo della passione sarebbe stato ritrovare la stessa trama incendiaria sottopelle nel medioevo, strappare il velo di Maya o aggiungerne altri sei in una danza sfrenata e coinvolgente anche l’eredità giudaico-cristiana.
Tutto questo non trapelava in una partita a Donkey Kong, dove la fatica di salvare la Bella tutta trecce ed efelidi da una Bestia decisamente più ingegnosa di lei non lasciava mai spazio all’immagine di un dopo dove Super Mario e l’amata si sarebbero finalmente riuniti in un amplesso amoroso. Le grida di aiuto saranno anche state presaghe di urla di piacere, ma Miyamoto si era ben tenuto lontano dai coiti sofferti di Utamaro e questa censura è stata certo anche tra i motivi del suo successo planetario.
Censure a parte cito Utamaro non a caso perché è un dato di fatto che i paesi principali produttori di immaginario video ludico, Stati Uniti e Giappone, possono vantare una grande tradizione di arte erotica. Gli Stati Uniti in quanto eredi della tradizione greco-romano-rinascimentale ed artefici dell’estetica del Sex Symbol nel XX secolo. In Giappone invece l’erotismo tocca il suo culmine nell’arte Ukiyo-e (le stampe “shunga”) per poi subire uno iato apparente durante la politica imperialista della dinastia Meiji e riprendersi dopo la seconda guerra mondiale dalla letteratura al cinema al fumetto.
Ricordiamo ai lettori che l’interazione, meccanismo base del videogioco, lo è ancora di più nel campo della sessualità. [...]



venerdì 17 luglio 2015

LA GIOVANE CONCEPT ART ITALIANA IN COPERTINA



Dopo un lungo e durissimo processo di selezione (ogni singolo partecipante ha dato davvero il meglio di sé) il Contest Artistico si è concluso e la cover finale può essere svelata!
Facciamo dunque i complimenti a VALERIA BREVIGLIERO, che ha conquistato il consenso di pubblico (con 427 like), giuria (tecnica) e autore (Matteo Strukul l’adora) con l’opera che potete ammirare qui sotto.


Nata nel 1994 a Monza e diplomata presso il Liceo Artistico “Preziosissimo Sangue” di Monza, Valeria frequenta la facoltà di Scienze dell’Architettura presso il Politecnico di Milano.
Appassionata d’arte, architettura e videogiochi, aspirante concept artist, illustratrice e fumettista, presenta le sue opere in occasione di mostre dedicate a giovani artisti in diversi paesi in provincia. La sua fan art per il concorso Art(R)evolution è stata premiata nel contest Assassini e paesaggi dall’Oriente a Parigi e esposta alla mostra Giocare con le forme_Assassini e avanguardie del ‘900 in Villa Bottini nell’edizione di Lucca Comics and Games 2014.
La copertina mostra le figure dei due protagonisti legati da un forte sentimento ma allo stesso tempo divisi dai loro conflitti interiori: il cavaliere Wolf dopo la battaglia, con la spada ancora insanguinata, e la strega Kira come immagine riflessa nell’acqua del lago.
È con grande piacere che assegniamo la realizzazione della copertina (e il premio in denaro di 500 Euro, naturalmente!) alle capaci mani di Valeria!
Ma non è finita qui, perchè abbiamo altre bellissime copertine da mostrarvi…
Verranno infatti valorizzate con uno speciale attestato di merito le copertine degli autori più votati:
  • ALFREDO MONALDI (che vince il Premio del Pubblico);
  • SERGIO COSMAI;
  • MIRCO PAGANESSI;
  • CLAUDIA GIRONI;
  • STEFANO ZATTERA;
  • ENRICA FASTUCA;
Tutti questi artisti hanno ottenuto ottimi risultati anche nei punteggi della Giuria e dell’Autore; non solo riceveranno l’attestato, ma verranno anche pubblicati all’interno del libro!











Tutti gli autori selezionati, oltre alla vincitrice, vedranno le loro opere esposte nel corso di Lucca Comics & Games 2015 in occasione della presentazione ufficiale de I Cavalieri del Nord, e chi sarà presente al nostro stand potrà far autografare una copia del romanzo da Matteo Strukul e dalla talentuosa Valeria!
Facciamo un grandissimo applauso a tutti i finalisti e ai partecipanti che hanno inviato le loro stupende copertine: se avessimo potuto sceglierle tutte lo avremmo fatto in un batter d’occhio!
Ringraziamo inoltre Neoludica Game Art Gallery, per la professionalità, la passione e l’impegno profuso nel progetto;
Matteo Strukul che ha adorato ogni tavola e che ha seguito giorno e notte lo svolgimento della competizione.
A prestissimo per nuovi aggiornamenti sui vincitori della pubblicazione degli interni de  I Cavalieri del Nord e su tutti gli appuntamenti che stiamo preparando per il lancio di questo #Multipop strepitoso.

domenica 12 luglio 2015

VENEZIA



Scivolo in laguna
sotto ponti sgretolati
veloci
di scarto al cielo
come traiettorie pesanti
e gli elementi liquidi
si staccano. Come
pensieri e attimi di vita
ombra e vuoto
pieno e luce
andiamo. Qualcuno
è  seduto, alcuni
in piedi. Linea
Fermate Direzioni.




Lo skyline di Venezia
paesaggio in porcellana
e giochi di bambina
le architetture antiche.


Chi va in crociera
può prendere tutto
con la punta delle dita.




Quel rosa
quel rosso
la luna spigolata.
Cielo di Venezia.
Ritrovo i pittori
dalla loro tavolozza.



La mia anima
legge poesie
mentre io viaggio
in treno
riflessa in un cielo cavo
senza tendine
dal finestrino.


Voce binaria
interiore
come l'onda di prima
in laguna
senza verso o direzione.
Vado. Penso. Scorro.



Poesie di Debora Ferrari

Foto di Luca Traini

ZOSIMO, GLI ULTIMI ETRUSCHI E "NARNIA"



Il mio amore per le epoche di passaggio nasce a 16 anni col furto più acrobatico che abbia mai fatto in una libreria, quello de La storia nuova di Zosimo (in realtà vecchia di 1500 anni): libro e cofanetto dorato in un colpo solo, celati in una zona vitale e coperti da un osceno dolcevita acrilico vinaccia e da un piumino sfilacciato verdastro. Abiti che certo sarebbero dispiaciuti a un aristocratico tardoantico innamorato di raffinati tessuti serici. Gli sarei sembrato uno di quei fanatici cristiani che si vestivano di stracci e che, da nostalgico pagano, avrebbe disprezzato. “Anche i Visigoti ora amano vestirsi in modo decente e tu…”.
Io ti ho letto e ti rileggo sempre con passione, nostalgico (solo dal punto di vista estetico) di grafica e design delle edizioni storiche Rusconi degli anni ’70 (Zosimo era del ’78, l’anno in cui ero emigrato a Varese). All’università poi, in uno splendido corso di letteratura bizantina su un altro mio amore, la Cronografia di Michele Psello ho avuto la fortuna di conoscere il tuo traduttore: il mitico professor Fabrizio Conca.


Risultati immagini per zosimo

Sei uno storico che neanche finge come Tacito - altro che “sine ira atque studio”! - scorbutico, arbitrario nei giudizi, dalle prospettive annebbiate se non assenti, un grande pessimista come poteva esserlo un uomo dalla ricca pensione, ma di una nostalgia così tenera e feroce che non riesco a non volerti bene. Hai ritratto un cosmo che vedevi – pazzesco! - andare in rovina senza avere la forza di cercare di rimettere in sesto i cocci in qualche nuovo mosaico, brandelli di vita ricuciti in un qualche insieme come per chi sta per morire, stile Dionisiache di Nonno diPanopoli in gara contro la Tebaide di Palladio. Stava crollando tutto il tuo  mondo e la tua opera si arresta poco prima del Sacco del 410: la mano non ha retto al dolore? hai avuto la fortuna di morire e non vedere? ti sei chiuso in un silenzio definitivo dopo le parole piene di sdegno?

File:Semissis-Anastasius I-sb0007.jpg
Semisse in oro di Anastasio I (imperatore dal 491 al 518)

Meglio non caricare troppo di un alone romantico, perché hai scritto un secolo dopo quel cataclisma e ben al riparo nella sicura Costantinopoli.
Nella tua edizione, curata con tutto quell’amore di cui sono capaci i miei contemporanei (è sempre un sollievo, anche quando le cose vanno storte, non essere vissuto nel tuo mondo orribile), ho imparato ad amare quel gioiello artistico di trapasso che è il Dittico eburneo del console Anicio Probo, tra le pagine 288 e 289, l’alleanza di Stilicone con  gli Alani e gli Unni e la falsa notizia della morte di Alarico. Ti ho saccheggiato come un Visigoto quando ho scritto il mio romanzo Il dittico di Aosta.



Quando mi dedico alla curatela delle mostre di Neoludica mi torna sempre in mente la tua lamentazione sul fatto che la decadenza dell’impero dipendesse dalla decisione degli imperatori cristiani di non celebrare più i Ludi Saeculares, i giochi pubblici organizzati ogni 110 anni (ma per dubbi e complessità del calcolo rinvio alla lettura di Censorino, De die natali, XVII, 1-15 ) per rivitalizzare il mito della potenza di Roma. Che ne dici, proviamo a evitare la solita lagna sulla decadenza dell’Occidente con i videogiochi? Con un Serious Game invece del solito “sparatutto”? “Gli affollati ludi e i canti/ Tre volte nel chiaro giorno, tre/ Nella gradevole notte” (Orazio , Carmen Saeculare, trad. Luca Canali) come oggi per una Global Game Jam.


File:Statue of C.S. Lewis, Belfast.jpg
Ross Wilson, Statua di C. S. Lewis,(foto di Genvessel), Belfast

E poi non credo di essere stato l’unico a saccheggiarti. Chi ha dato vita a quel fantasy di successo de Le Cronache di Narnia, parlo di Clive Staples Lewis, credo proprio abbia avuto l’idea leggendoti direttamente o indirettamente (su qualche manuale di storia) quando parli degli ultimi Etruschi e dei loro riti magici. Perché tu sei l’ultimo autore dell’antichità a citarli in quanto tali, di passaggio a Roma provenienti da Narni, in latino Narnia (come precedente mi ricordo solo la moglie dell’imperatore Decio, Erennia Etruscilla, del III secolo, segno che di famiglie importanti fiere ancora del proprio sigillo etrusco ne esistevano ancora).


File:EtruscillaDaViaAppiaNuova-MNRPalMassimo.JPG
Ritratto attribuito a Erennia Etruscilla, Museo Nazionale Romano (foto di MM)

Si dice che Lewis si sarebbe ispirato a una cartina dell’Italia romana… Io invece sono del parere che sia stata la semplice “captatio benevolentiae” di un professore di lingua e letteratura inglese a Oxford che non poteva non conoscere un autore come te, che più di altri hai descritto la fine del dominio romano sulla Britannia. Termine di un’epoca che avrebbe scatenato la fantasia di un Goffredo di Monmouth  e la nuova epica arturiana. E poi c’è la drammaticità del contesto da te descritto a scatenare la fantasia. Roma Anno Domini 408, assediata e stremata dai Visigoti di Alarico: “Pompeiano, prefetto della città, si incontrò con alcuni uomini giunti a Roma dall'Etruria. Costoro dissero di avere liberato una città di nome Narnia  dai pericoli incombenti pregando la divinità e celebrando i riti tradizionali: allora si erano avuti straordinari tuoni e lampi, che avevano allontanato la minaccia dei barbari” (V, 41). Quest’atmosfera cupa e fiammeggiante è l’ideale per un fantasy.

File:Etruscan mural typhon2.jpg
Tifone, affresco etrusco (III-I sec. a.C.), Tarquinia

Nella realtà, in una Roma ormai cristianizzata, quei riti non ebbero il successo sperato. Il prefetto informò papa Innocenzo I che, a sorpresa (e alla disperata), li permise, purché venissero celebrati in segreto. Modalità inefficace a parere degli Etruschi, che quindi li celebrarono insieme a un drappello di senatori sul Campidoglio e in alcune piazze in totale solitudine: “Nessuno ebbe il coraggio di partecipare alle cerimonie tradizionali”.
Svanivano così, in silenzio, due culture dalla storia millenaria. Anche questo muto, crudele trapasso può essere stato fonte di ispirazione.
Roma tornò a trattare una momentanea salvezza e la ottenne pagandola a peso d’oro, di seta e di pepe.

File:Notitia dignitatum - insignia comitis largitionum.jpg
Peronet LamyDonazioni in moneta e in natura (XV sec.), miniatura dalla Notitia Dignitatum (V sec.)

Narnia avrebbe ottenuto tutto questo qualche millennio dopo diventando un romanzo, un film e un videogioco di successo.

“Viene poi l’imbrunire, chiamato forse così perché le cose incerte sono dette oscure, ed è incerto se questo periodo appartiene al giorno o alla notte. Successivo è il periodo delle luci accese…” (Censorino, De die natali, XXIV, trad. di Valter Fontanella).