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lunedì 4 luglio 2022

TEATRI DI GUERRA Chruščëv e il Concerto per pianoforte n.2 di Šostakovič

Non è stato facile rimettere insieme i pezzi dedicati all’anno 1957 in Unione Sovietica. Filo conduttore: il Concerto per pianoforte e orchestra n. 2 composto dal mio amato Dmitrij proprio quell’anno. Soprattutto il secondo movimento, l’Andante, che ogni volta mi commuove, simbolo di quegli anni passati alla storia come Disgelo, dopo la spessa coltre di ghiaccio degli orrori staliniani. L’Andante si trova al centro di due Allegri. Allegri ma fino a un certo punto e quindi giusto commento musicale per entusiasmi e chiaroscuri dell’epoca kruscioviana. Per questo motivo sono tre anche le scene del mio frammento da Teatri di guerra.

Nella prima troviamo un quadro dell’epoca nel dialogo tra Chruščëv e l’ex ministro del commercio Anastas Mikojan. La seconda vede invece protagonista Šostakovič (“Mitja”) nell’atto di presentare il suo concerto a due fedeli amici e grandi interpreti musicali: Mstislav Rostropovič (“Slava”) e la moglie Galina Višnevskaja. Nella terza due grandi scrittori testimoni degli orrori del gulag a confronto, Varlam Šalamov e Aleksandr Solženicyn, mentre scorrono le immagini della degradazione dell’ex ministro degli esteri staliniano Molotov ad ambasciatore in Mongolia.


1 Allegro

Ufficio di Chruščëv al Cremlino.

Chruščëv

Chiudi quella porta, Anastas.

Mikojan

Io chiudo, Nikita Sergeevič, ma non si può chiudere sempre.

Chruščëv

Vuoi che non lo sappia? In Polonia ci siamo riusciti. In Ungheria, no.

Mikojan

I carri armati non fanno solchi per il grano.

Chruščëv

Con i carri armati abbiamo vinto i nazisti, con l’esercito abbiamo sconfitto gli stalinisti solo qualche mese fa. Ora possiamo pensare anche al grano. Faremo mangiare meglio tutti, anche gli ungheresi: più pane e poi anche più gulasch.

Mikojan

Mandiamo anche loro in Kazakistan, a coltivare le “terre vergini”?

Chruščëv

Scherza, scherza, intanto con le “terre vergini” abbiamo avuto il miglior raccolto di sempre. Ne avrai di roba da mettere in pentola, tu che ami fare il cuoco! Scriverai un altro libro di cucina e, a pancia piena e piedi caldi, penseremo anche a una data per quando realizzare il comunismo. Comincia a ragionare su una nuova qualità del tuo “champagne sovietico”.

Mikojan

Mi sembri Stalin quando diceva che pensavo più ai gelati che al comunismo. Intanto nel ’38 io cominciavo a produrre gelati in massa per i cittadini mentre lui li faceva congelare in Siberia. Compagno segretario, tu sai bene che non mi metto fra gli innocenti, ma se vogliamo davvero rifarci una verginità dobbiamo cambiare metodi.

Chruščëv

Non ripetermi quello che so già. Pancia piena e piedi caldi ce li avevamo solo noi quando cenavamo a quelle ore assurde di notte da lui, senza sapere se il giorno dopo li avremmo avuti congelati: un colpo alla nuca o in treno merci verso i ghiacci. Non siamo rimasti come stoccafissi in un vagone o alla Kolyma: abbiamo quindi il dovere di andare oltre. Ma, come dicono i preti, anche i nostri, la mano sinistra non deve sapere quello che fa la destra. La destra è ancora costretta a fare cose che non ci piacciono. Loro, tu lo sai, non sono pochi. Le teste le abbiamo tolte di mezzo, ma i piccoli minotauri sono ancora diffusi in tutto il corpo dell’Unione. E io non voglio più usare con questa gente i vecchi metodi. Ci vuole tempo per cambiare la testa a queste mandrie.

Mikojan

Continuiamo a dirci cose che sappiamo. Siamo d’accordo a non far tornare l’inverno in questo disgelo. Però alla prossima occasione dobbiamo convincere il partito a buttare fuori Stalin dal mausoleo di Lenin, che poi un mausoleo non l’avrebbe mai voluto. Tutto questo freddo di morte non vale un buon gelato. Per questo ti ripeto ancora una volta che dobbiamo continuare a scongelare questa guerra fredda anche con gli Stati Uniti. Non sono dei santi neanche loro, ma abbiamo molto da guadagnare e, perché no, da imparare dalla loro economia. Io li conosco da vent’anni e certi aspetti di quell’essere competitivi dobbiamo farli nostri.

Chruščëv

Voi armeni avete la fissa del commercio. Tuo fratello Artem non so da dove ha tirato fuori il genio di progettare i nostri Mig. Lui sì che vola alto! E lo sanno anche gli Stati Uniti che per imporre i loro commerci occorre una signora aviazione. Ti dirò di più: noi supereremo in altezza le loro macchine perché lo Sputnik è già pronto. Lo lanceremo in autunno. I tuoi amici americani resteranno a bocca aperta guardando il cielo. Gli cascheranno di mano i sacchetti della spesa.

Mikojan

Ne sono orgoglioso anch’io, compagno. Ma dobbiamo continuare a tenere i piedi ben in terra senza colpi di testa. Non dimenticarti che lo Sputnik finirà in orbita grazie a Korolëv, che ha perso i denti alla Kolyma nel ’38, quando noi iniziavamo a produrre gelati e lui finiva nelle miniere d’oro del gulag. Il gelato se lo può succhiare anche chi non ha denti, ma se proprio dobbiamo continuare a pianificare tutto, pianifichiamo almeno più dentisti per i nostri ingegneri aerospaziali.

Chruščëv

Ti piace proprio fare battute, ma se oggi possiamo scherzare è perché abbiamo lavorato sul serio, anche a costo di essere spietati. Non è passata un’era geologica, solo quattro anni da quando eravamo costretti a fare i buffoni alla sua tavola. E c’era gente, saranno stati intellettuali, che mi diceva che era Platone, il filosofo greco non il direttore della Piccola Enciclopedia Sovietica, a consigliare ai politici di lavorare di notte. Sinceramente non ti so dire se questi qui sono ancora vivi o condannati alla notte eterna. Io so che ora devo pensare a quando si fa giorno. Te lo ricorderai l’incrociatore Aurora. Fare le cose alla luce del giorno: questo sarebbe un vero compito da rivoluzionari.

Mikojan

Sarebbe.

Chruščëv

Sarebbe il caso di riaprire quella porta.

 

2 Andante

Studio di Šostakovič. Il compositore accenna al piano l’inizio del Movimento. Segue una breve pausa di silenzio.

Šostakovič

Ho scritto per mio figlio un secondo concerto per pianoforte. Non avrà l’entusiasmo del primo, non può. I sogni hanno attraversato un incubo durato vent’anni. Ora abbiamo finalmente tempo per le sfumature. Quanto durerà? Finché dura cerchiamo di ritrovare noi stessi. La sentite questa carezza della nebbia che si alza? Devo essere pronto per quando tornerà la luce. Lo devo a mio figlio.

Rostropovič

Io la sento sì, Mitja, questa nebbia che ha iniziato ad alzarsi. Ma, te lo devo dire, potrebbe restare lì e ristagnare a mezza altezza. Un’incompiuta difficile da suonare. È la rivoluzione che è rimasta a metà o il suo fallimento? Tu hai vent’anni più di me, hai conosciuto l’entusiasmo sincero dei primi tempi, Lenin vivo, Lenin morto da poco. Io ho conosciuto solo Stalin e questi suoi accoliti che oggi lo rinnegano. Sento puzza di aria fritta. Maestro, chi ha fatto conoscere il tuo genio non era anche il maresciallo Tuchačevskij? L’hanno fucilato l’anno prima che nascesse tuo figlio e, quando è nato, quel terribile 1938, tu come tanti eri valigia pronta accanto al letto, col terrore che la polizia segreta ti prelevasse nel cuore della notte.

Šostakovič

Slava, io quel mostro di Stalin l’ho già evocato nella mia musica. Chi aveva orecchie per intendere… Ma ora che il peggio è passato, almeno per noi, ho cercato di alludere a quanto poteva essere e non è stato nel secondo movimento di questo concerto. Malinconia, melancolia, chiamala come ti pare. Noi musicisti in fondo siamo fortunati. La musica prima delle parole. Meglio senza parole. Neanche quel troglodita di Ždanov è riuscito a fami fuori nel ’48. Le note si alzano subito in volo, non fai in tempo ad ammanettarle come un libro, un quadro, una scultura. Dire fra le righe, costretti fra le righe - di un pentagramma, del filo spinato di un gulag – ridare fiato, una qualche armonia a tutte quelle righe. Fare delle note gemme che dovranno sbocciare, prima o poi dovranno sbocciare in fiori, anche dal filo spinato. Il mio dovere era e deve essere questo.

Višnevskaja

Mitja, non te le prendere, noi non mettiamo in discussione la tua sincera adesione al nuovo corso, l’affetto che nutri per la figura di Lenin. Anzi, a questo proposito, devi sapere che si vocifera di un prossimo intervento del comitato centrale contro gli “eccessi”, gli “errori” - vai a capire che parola troveranno questa volta - del partito nel valutare come “antipopolari” compositori come te, Khačaturjan, Prokof'ev…

Rostropovič

Prokof'ev… Sergej… Ma chi gliel’aveva fatto fare a tornare qui da Parigi? Mitja, tu sai cosa non è quella Sinfonia Concertante che mi ha dedicato. Tornare qui per morire giusto un’ora prima di Stalin. E solo ora questi qui… Riabilitare i morti con le loro scartoffie: questo sanno fare.

Šostakovič

Slava, tu l’anno scorso hai potuto esibirti a New York e sei primo violoncello nell'Orchestra di Stato. Tu non hai rischiato come me negli anni feroci quindi, per favore, risparmiami le tue prediche. Io questo secondo movimento lo dedico anche alla memoria di Sergej.

Višnevskaja

Slava, ha ragione, devi calmarti: non è il caso e non è il posto. Mitja, tu però devi comprendere che noi avremo anche il privilegio di andare all’estero, ma cominciamo a fare confronti. E qui non conta se abbiamo la bomba atomica o se spediremo nello spazio un pezzo di metallo prima degli americani. Noi cominciamo ad avere seri dubbi che questo sistema possa rinnovarsi davvero.

Šostakovič

Galina Pavlovna, io avrò anche un problema coi sogni - e parlo di sogni a occhi aperti, bene aperti – ma non posso privare mio figlio del diritto di sognare. Stalin era, per dirla con Marx, un despota asiatico? Sono d’accordo. Chruščëv è rozzo? Ma è un figlio del popolo. E io per chi faccio musica? Per un gruppetto di specialisti ultraraffinati? Il sistema tonale non sarà tipico del canto popolare russo, ma io compongo per il popolo sovietico e il mio criterio di giudizio è che la musica oggi deve essere piena di senso, artisticamente valida e, soprattutto, comprensibile. Io non ho nulla contro i popoli dei paesi capitalisti, ma non voglio cambiare lo stalinismo col capitalismo. Con le mie sinfonie ho combattuto i nazisti e non mi tirerò certo da parte anche quando il partito farà un passo avanti e due indietro.

Rostropovič

Mitja, lo sai che hanno detto di te che sei come Skrjabin: non puoi essere seguito, ma solo imitato. Tu sai chi è il nipote di Skrjabin.

Višnevskaja

Slava!

Šostakovič

Lascia stare, Galina. Slava, lo so bene: è Molotov. E non è più ministro degli esteri, ma un semplice ambasciatore in Mongolia. La musica è cambiata, ma quella dei Mongoli è la stessa della nostra Repubblica Autonoma di Tuva.

 

3 Allegro

I testimoni del gulag, Varlam Šalamov e Aleksandr Solženicyn, discutono mentre sul fondo scorrono le immagini di Molotov che presenzia con gli altri ambasciatori a una parata con manifestazione sportiva in Mongolia.

Solženicyn

Hai sentito, Varlaam? Hanno spedito Molotov in Mongolia.

Šalamov

Sì, ce lo hanno mandato in agosto mica in pieno inverno come noi alla Kolyma.

Solženicyn

Sua moglie Polina ne sa qualcosa: nel gulag ci finì a dicembre. Cos’era? Il ’48. Lei non era più ministra della pesca, lui era ancora ministro degli esteri.

Šalamov

Nel ’48 il gulag era già un’altra cosa. Dovevi finirci dieci anni prima, da civile come me e non da militare come ti è capitato nel ’45. Marchiato come “trockista” non c’era solo il terrore delle guardie, del lavoro in miniera, c’erano i diavoli del satana coi baffi, i delinquenti comuni, i “socialmente vicini”, il punto più basso dell’inferno.

Solženicyn

Li avrà provati anche la moglie del nostro presidente Kalinin? Ekaterina nei nostri lager ci finì nel ’39.

Šalamov

E in Siberia c’era già finita con lo zar, per seguire il marito in esilio.

Solženicyn

E la seconda volta invece il marito è rimasto a fare il presidente del presidium del soviet supremo. L’hanno fatta uscire giusto per vederlo crepare e poi via: un altro esilio interno.

Šalamov

La moglie di Molotov era ebrea, quella di Kalinin lettone. Sarà un caso? Dietro il catafalco internazionalista il georgiano ripescava il vecchio nazionalismo russo. E anche tu, Aleksandr. La bandiera diventa rosso sangue, torna a nutrire il rapace a due teste degli zar e tu che fai? Sostituisci i nuovi artigli con quelli vecchi? Io sono stanco di tutti questi poteri che pretendono di volare alto a colpi di unghiate nella carne viva.

Solženicyn

Guarda, Varlam, guarda Molotov mentre sfilano i comunisti mongoli. Portano ancora il ritratto di Stalin, forse per questo finge di essere felice. Secondo me era più contento quando si faceva fotografare con Hitler, ricordi? No che non lo ricordi, tu nel ’39 i cinegiornali non li vedevi: eri negli abissi delle miniere del gulag. E adesso fa’ attenzione ai lottatori della Mongolia: chi vince imita il volo dell’aquila. A quanto pare anche lì il partito ci tiene alle aquile.

Fine della proiezione.

Šalamov

Aleksandr, per i Mongoli l’aquila non è segno di prevaricazione. Scriveremo tutti e due degli orrori che abbiamo vissuto e a cui siamo - per fortuna o, come avrebbe detto mio padre che era un prete, grazie a dio - sopravvissuti. Tu, col tuo rancore di soldato disarmato, e io, da civile, da “fesso” come dicevano i “socialmente vicini”. Preferisco restare un “fesso” e immaginare, se ne avrò ancora la forza, un futuro di “fessi” felici.

Luca Traini




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