Commento musicale John Dowland, Lachrimae antiquae
Si tende spesso a sottovalutare i politici contemporanei e sarebbe meglio non farlo. Nel caso di Boris Johnson l’aspetto scarruffato – di un conservatore poi – non aiuta. Ma l’uomo e il politico non sono figli di un conciapelli come Cleone di Atene, si sono formati nelle scuole elitarie di Eton e Oxford, le stesse del suo nemico di partito David Cameron, compagno di sbronze e vandalismi nel Bulllington Club.
A
Oxford si laurea in Lettere Classiche e approfondisce lo studio di Tucidide.
Gli articoli che ho letto a questo proposito hanno approfondito questo aspetto
solo fino a un certo punto.
Qui
non si tratta dei soliti banali paralleli, tipo Atene-USA e Sparta-URSS, perché,
se in Inghilterra si parla di Tucidide, il riferimento va subito a chi ne ha
curato una famosa (e ottima) edizione del testo greco: Enoch Powell.
Tanto eccellente come filologo quanto xenofobo come
politico, Powell abbandonò i conservatori nel 1974 in opposizione al
leader del suo partito e primo ministro Edward Heath, che aveva voluto
l’ingresso del Regno Unito nella CEE (forse questo ci ricorda qualcosa).
Nel suo bellissimo Otto braccia per abbracciarti Hanif Kureishi ricorda il clima di
terrore vissuto dalla popolazione di origine asiatica (e non solo) dopo il famigerato discorso
contro gli immigrati tenuto da Powell a Birmingham nel 1968 contro il Race Relation Act, la legge contro la
discriminazione razziale voluta dal governo laburista di Harold Wilson. I
riferimenti classici di quello che è passato alla storia come Rivers of
Blood non mancano, in primis il cupo Libro VI dell’Eneide - “bella, horrida bella/ et Thybrim multo spumantem sanguine
cerno”, “guerre, orribili guerre vedo e il Tevere/ che tutto spumeggia di molto
sangue” - popolato dalle profetiche ombre dell’Ade (e infatti Powell venne
subito rimosso da ministro-ombra della difesa conservatore dal nemico di
partito Heath).
Revanscismo,
chiusura verso l’esterno e la multiculturalità: quando Boris cita Tucidide
manda un messaggio in codice a chi sa che dietro c’è Enoch, ripulito e aggiornato. Inoltre lo stesso
Tucidide e i protagonisti della sua Storia
(storia, è bene ricordarlo, di una guerra, quella del Peloponneso), così facilmente
aureolati come “classici” - come i “classici” in generale, che invece vanno
anche e soprattutto analizzati e interpretati nel loro contesto in continua
definizione - sono cari, Pericle in primis, a un certo tipo di establishment
conservatore per ragioni ben poco democratiche.
Johnson
e compagnia, infatti, prediligono l’Atene imperialista della Lega di Delo
(nostalgia dell’impero inglese) e il mito dell’“autoctonia” del popolo dell’Attica,
su cui fece leva Pericle per chiudere le porte della cittadinanza a coloro che
non erano figli di padre e madre ateniese (nel 451/50 a.C.). Legge che
poi finì per ritorcersi contro lo stesso Pericle quando rimase col solo figlio
avuto dalla compagna Aspasia, donna eccezionale e libera - contrariamente alle ateniesi
doc segregate in casa - ma col difetto di essere originaria di Mileto. La
legge, in questo caso, fu mitigata ad personam… Restò comunque la grave eredità
a lungo termine di una grande esclusione in termini quantitativi e qualitativi,
ma la “nobilitazione” delle masse popolari “purosangue” offerta dal grande
capo, democratico sì ma di illustre famiglia aristocratica (la dinasty degli
Alcmeonidi), è certo un modello per gli intellettuali favorevoli alla Brexit.
C’è
poi il solito refrain di Atene “scuola dell’Ellade” che Tucidide mette in bocca
a Pericle, poi echeggiato in grande, “scuola di tutto il mondo”, dall’oratore
Isocrate (altro modello per i conservatori di sempre, quelli di una Grecia
tutta monumenti candidi, bianchi). Questo mito della “missione civilizzatrice”
dei “barbari” farà da modello nelle scuole della vecchia Europa, a tutti i
livelli, fino a epoche anche troppo recenti e, nell’impero britannico, vedrà
banditori dello spessore di un Kipling (autore tutt’altro che per l’infanzia): The
White Man's Burden (Il fardello dell’uomo bianco).
Dulcis in fundo, lo stesso Tucidide non amava
affatto la democrazia radicale (oggi lo diremmo fautore di un forte esecutivo,
se non di una politica autoritaria, gestito dalle classi privilegiate in una "democrazia" con diritto di voto limitato dal censo). Generale coinvolto nella
sconfitta ateniese ad Anfipoli, fu esiliato o si allontanò volontariamente da
Atene dividendosi fra i suoi possessi minerari (vere e proprie miniere d’oro)
in Tracia e la corte di Archelao I di Macedonia. Salvo poi tornare, con molta
probabilità, in incognito ad Atene per sostenere il colpo di stato oligarchico
del 411.
Quindi se Boris Johnson parla di Grecia (antica) invia messaggi precisi a una ristretta élite, aggiornando la politica conservatrice più retriva con camuffamenti populisti e demagogici tratti dal suo Tucidide (suo e di Enoch Powell). C’è bisogno di piacere alle masse? Ecco pronto l’esempio di Cleone, il successore “plebeo” di Pericle: eloquio movimentato, aggressivo, probabilmente gli stessi capelli scarruffati.
In nome della Brexit si procede a testa bassa
contro l’Unione Europea minacciando e
ventilando il peggio: il modello, in questo caso, è tanto la sfrontatezza del
giovane Alcibiade, (quello dei dialoghi platonici non tanto il successivo uomo
politico più duttile) quanto, più nascosta e sospirata, la condotta degli
Ateniesi contro l’isola di Melo (con la fondamentale differenza che Johnson non
ha più alle spalle un impero, ma le ultime ombre).
Insomma, per lui la storia greca è un repertorio di maschere da indossare alla bisogna per quella che sembra una commedia, ma rischia di essere una tragedia.