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giovedì 26 febbraio 2015

UN MIO INTERVENTO SU "THE CREATORS PROJECT" E UN APPROFONDIMENTO SU ARTE E TECNOLOGIA





Periferica #ArtIsAct è un festival ad altissimo livello per originalità, profondità, varietà e piacere delle proposte. Già partire nella presentazione col collegamento fra l’aspetto tecnico della “periferica” e quello urbano è la scarica di adrenalina che ci vuole contro i soliti pessimismi e provincialismi. Quando poi si sottolinea di voler “costruire nuove visioni e narrazioni collettive della realtà urbana mixando media tradizionali e strumenti collaborativi ed interattivi che favoriscano l’interconnessione tra il territorio e la Rete”, ecco che ci si pone concretamente nel campo delle avanguardie artistiche a livello internazionale. Perché arte e tecnologia vanno di pari passo da quando l’Homo è diventato Sapiens Sapiens. Perché la tecnologia fornisce nel quotidiano i presupposti per andare oltre e diventare altro, facendo scaturire – ora a corrente alternata ora continua – sviluppo e progresso. Perché l’arte è “tecnologia”, un discorso ininterrotto sull’uso di quegli strumenti che ci permettono di vivere, convivere e vedere da punti di vista sempre nuovi e mutanti, di “interagire” a livello sociale con quanto definiamo “natura” per lasciare un numero sempre quantitativamente e qualitativamente maggiore di tracce del passaggio delle nostre esistenze. Soprattutto nella nostra società, che pone le sue basi nel dialogo, dalla sua matrice filosofica a quella ludica, oggi videoludica, tanto per approdare al mio campo, cercando l’interscambio con un hardware mediante un software: da sempre tentiamo di dare voce ai nostri oggetti, noi soggetti e avatar costruttori di totem. Il videogame è l’ultimo medium interattivo a entrare in gioco consacrando laicamente l’interazione come principio fondamentale. L’interazione con l’opera, prima privilegio degli artisti, ora è anche una possibilità estetica del giocatore. Si tratta del meccanismo base per approdare ai successivi livelli di sviluppo e di progresso che portano all’”interpretazione”, al motore di cambiamento del “contesto” in cui ci troviamo ad essere, cioè, dell’insieme delle diverse prospettive del vivere con cui dobbiamo confrontarci (parole come “realtà” o, tanto meno “verità”, sono oggi fuori luogo).


Dall’interazione all’interpretazione (l’interazione cosciente e critica), questo il fine che ci siamo posti io e la critica d’arte Debora Ferrari dal 2008, quando abbiamo iniziato questo cammino da pionieri, che ha portato Neoludica alla Biennale di Venezia del 2011 e Assassin's Creed Art (R)Evolution al Museo “Leonardo da Vinci” di Milano l’anno dopo. Oggi, anche alla luce della fine del postmodernismo, diventa sempre più evidente che il vasto orizzonte estetico delle varie pratiche definite “videogico” sta ridisegnando il mondo dell’arte interagendo con i media che l’hanno preceduto, senza soppiantarli, e, soprattutto, senza le pretese di “oggettività” e “verità” che questi hanno avuto nel presentarsi alla storia umana.
C’è tutta una densità storico-critica di “connessioni remote” in atto col passato in un presente che è già futuro. Vogliamo scommettere che questa specie di Alice uscita dallo specchio e consapevole della propria finzione potrà fornirci nuove proposte di indagine a tutto campo sulla nostra “realtà aumentata”?
Nulla è più serio di questa messa in gioco.




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